Alcuni scienziati hanno scoperto come l'attività neurale stimola l'afflusso di sangue al cervello. La scoperta promette di migliorare la nostra conoscenza sulle tecniche di imaging del cervello basate sul flusso sanguigno come indicatore dell'attività neurale. Potrebbe anche far luce sul ruolo del flusso ridotto di sangue al cervello in malattie degenerative come l'Alzheimer.
Il lavoro è stato parzialmente finanziato dall'UE e pubblicato nell'ultimo numero della rivista Neuron.
Anche se il cervello rappresenta soltanto il 5% della nostra massa corporea, è responsabile del 20% del nostro consumo di ossigeno. Diversamente dagli altri tessuti muscolari, il cervello non possiede riserve di energia interne. Esso riceve, invece, ossigeno e energia direttamente dal sangue: quando si attiva una parte del cervello, aumenta il flusso sanguigno verso quella regione, per fornire l'ossigeno e l'energia necessari per sostenere l'attività aumentata.
Le tecniche di imaging del cervello come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) si appoggiano a questo stretto rapporto tra il flusso sanguigno e l'attività cerebrale. Ciononostante, finora erano poco chiari i meccanismi attraverso i quali il cervello regola questo rapporto.
"Osservando un'immagine del cervello attraverso lo studio di fMRI, si osservano effettivamente i cambiamenti del flusso sanguigno e dell'ossigenazione," ha spiegato Venkatesh N Murthy dell'università di Harvard, uno degli autori dello studio.
"Ma a causa del legame così stretto tra attività neurale e flusso sanguigno, siamo in grado di usare le variazioni nel flusso sanguigno come un surrogato dell'attività cerebrale." Una migliore comprensione di come l'attività cerebrale effettivamente aumenti il flusso sanguigno dovrebbe aiutarci a meglio interpretare questro processo a ritroso, ciò che avviene nell'interpretazione delle immagini fMRI."
In questo ultimo studio, i neuroscienziati hanno studiato su topi una parte del cervello chiamata bulbo olfattivo, che elabora i profumi e gli odori. "Quando un topo sente un profumo, nel suo bulbo olfattivo vengono attivati loci discreti, che a loro volta aumentano il flusso sanguigno in quei punti," ha detto il professor Murthy. "Tutto questo è stato misurato attraverso l'uso di un microscopio elettronico sofisticato, contando effettivamente il numero e il livello dei globuli rossi che passavano attraverso i capillari in quell'area."
Gli scienziati hanno trovato che le cellule chiamate astrociti fungono da "intermediari" responsabili, affinché sia assicurato il rapporto tra il flusso sanguigno alle diverse aree del cervello e i loro livelli di attività.
Quando si attiva una regione del cervello, questa rilascia delle molecole chiamate neurotrasmettitori. Se questi neurotrasmettitori sono individuati dagli astrociti, essi causano la dilatazione dei vasi sanguigni, aumentando in questo modo il flusso sanguigno verso quella parte del cervello. Secondo i ricercatori, sono coinvolti in questo processo molti pathway di segnalazione molecolare diversi.
Oltre ad aumentare la nostra conoscenza delle tecniche di imaging cerebrale, le scoperte potrebbero anche rivelarsi utili per coloro che studiano le malattie neurodegenerative come l'Alzheimer e l'invecchiamento cerebrale. La ricerca mostra che quando le persone invecchiano o sviluppano malattie degenerative, potrebbe indebolirsi la capacità del cervello di adattare il flusso sanguigno ai livelli di attività. Rimane comunque un mistero se questo possa o no essere causa dei sintomi del peggioramento dell'attività cognitiva.
Il passo succesivo per gli scienziati sarà quindi quello di indagare se le loro scoperte fatte studiando il bulbo olfattivo possono riguardare anche il resto del cervello.
Il supporto UE per questa ricerca è venuto dalla Marie Curie Fellowship.
FONTE: http://www.cordis.europa.eu.int/ => http://www.molecularlab.it/news/view.asp?n=6132
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