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AFORISMA DEL GIORNO

18 febbraio, 2013

A Messina primo intervento nel Sud Italia di linfoadenectomia iliaco-otturatoria con tecnica mininvasiva

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Un innovativo intervento per asportare linfonodi in laparoscopia. Nessun taglio all’addome per il paziente che al policlinico di Messina è stato sottoposto a una delicata operazione; la prima - in Italia centro meridionale - ad essere eseguita con tecnica mininvasiva.

Un melanoma nella regione plantare del piede destro; le metastasi sono state diagnosticate grazie al “linfonodo sentinella”, metodo che consente di rintracciare i linfonodi di pertinenza già nelle aree regionali del corpo. È stato proprio l’esito positivo dell’esame istologico a rivelare la necessità di eliminare l’intera catena di linfonodi dell’arto inferiore.

In gergo medico si chiama “linfoadenectomia iliaco-otturatoria laparoscopica per metastasi da melanoma”; è stata eseguita presso l’Unità operativa complessa di Chirurgia plastica (diretta dal prof. Michele Colonna) e ha visto la collaborazione di una équipe multidisciplinare composta dal prof. Giuseppe Navarra, Direttore dell’Unità di chirurgia oncologica, dal dott. Gabriele Delia, dell’Unità di chirurgia plastica e dall’anestesista dott. Claudio Galletti .

Al dott. Delia il compito di eseguire la linfoadenectomia inguinale radicale; mentre il prof. Navarra ha eseguito la linfoadenectomia iliaco-otturatoria in laparoscopia. I linfonodi vengono asportati senza dover ricorrere ad alcuna incisione all’addome. La tecnologia entra in campo supportando il chirurgo che può così avere una visione operatoria ampia, agendo in modo più accurato e preciso. Notevoli i benefici soprattutto per il paziente che può tornare a casa in tempi brevi; come in questo caso, dimesso già in seconda giornata.

FONTE: Tempostretto.it
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16 febbraio, 2013

Test di Ingresso: ufficiale l'anticipo a Luglio, dal 2014 ad Aprile

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Il MIUR (Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca) ha pubblicato il calendario dei test d’ingresso per i corsi di laurea a numero chiuso. Sono state anticipate quasi tutte le date da settembre a luglio. Dal 2014, invece, il ministro uscente Profumo ha fissato tutti i test per il mese di Aprile. Il test d’ingresso per i corsi di laurea di medicina sarà il 23 luglio, per veterinaria il 24 luglio, per architettura il 25 luglio. I test d’ingresso ai corsi delle professioni sanitarie, invece, si svolgeranno “regolarmente” il 4 settembre.

La maturità 2013 inizierà il 19 giugno con la prima prova. Considerando la distanza tra la prima prova di maturità e il test di medicina si può vedere che il “taglio del tempo” è notevole: nel 2012 la distanza tra la prima prova e il test di medicina era di 85 giorni, nel 2013 sarà di soli 35 giorni.
Questo risulta pesante considerando il fatto che tra seconda, terza prova e svolgimento degli orali il tempo di preparazione per i test d’ingresso ai corsi a numero chiuso si assottiglia pesantemente, soprattutto per gli studenti di scuole superiori con un gran numero di iscritti, che rischiano di concludere la maturità a distanza di una settimana dal test.

La data del 15 aprile per lo svolgimento dei test d’ingresso ai corsi di medicina in lingua inglese, invece, era già nota da tempo. Ci sono, però, delle modifiche sensibili alle modalità di valutazione e di svolgimento: gli studenti avranno 90 minuti di tempo per rispondere a 60 domande (nel 2012 i minuti erano 120 e le domande 80) e potranno giocarsi fino a 5 punti di valutazione con la presentazione di un certificato di lingua inglese e attestati dei risultati scolastici precedenti al test (anche qui con un massimo di 5 punti). Una certezza per questo test sarà la graduatoria unica nazionale.

Il MIUR giustifica l’anticipazione dei test di quest’anno a luglio come “un aiuto alla logistica per chi sceglie una città diversa dalla propria per studiare”. La progressiva anticipazione delle date dei test, fino allo svolgimento nel mese di aprile del prossimo anno, invece, è presentato come “europeizzazione del nostro sistema”. Nello stesso periodo, effettivamente, le università europee aprono le pre-iscrizioni e, soprattutto, alcune università private propongono dei test d’ingresso già durante la primavera. Fa eco al MIUR StudiCentro, gli studenti dell’UDC, che elogia il nuovo calendario: “Questa anticipazione evita anche l’assurda situazione che si verifica a ogni inizio di anno accademico quando, a lezioni avviate, vi sono studenti che rientrano nei corsi attraverso lo scorrimento delle graduatorie”.

Daniele Lanni, portavoce nazionale della Rete degli Studenti Medi, ha commentato il tutto in una nota: “Siamo alle comiche finali. Il calendario pubblicato oggi dal Ministero è qualcosa di scandaloso. Gli studenti del quinto anno delle superiori finiscono gli esami di maturità pochi giorni prima del 23 luglio e si arriverà alla situazione paradossale per cui gli studenti avranno solo una settimana per preparare i test”. Il portavoce ribadisce lo schieramento di RSM contro il numero chiuso e dice che sono pronti a mettere in campo “qualsiasi iniziativa legale e politica per fermare questo scempio”. Risponde, poi, direttamente al commento del MIUR: “Altro che europeizzare. Questo è l’ennesimo attacco di questo Ministro dimissionario agli studenti italiani e alla possibilità per tutti di accedere all’Università. Siamo increduli. Come pensano che sia possibile preparare un test che può cambiare le nostre vite in meno di una settimana?”.

Anche il coordinatore nazionale dell’UdU, Michele Orezzi, si scaglia contro la nuova calendarizzazione: “Non solo gli studenti dovranno prepararsi a sostenere un test d’ingresso su materie che possibilmente non hanno mai nemmeno studiato, inoltre avranno pochissimo tempo a disposizione per farlo in quanto saranno impegnati, almeno fino alla prima metà di luglio, a sostenere gli esami di maturità. È un altro palese attacco al diritto allo studio e all’accesso alla formazione per migliaia di studenti”. Orezzi sottolinea anche le vittorie dei ricorsi al TAR contro alcuni test a numero chiuso degli scorsi anni, e ribadisce l’impegno politico e legale a riguardo: “Questa calendarizzazione è un ulteriore percorso ad ostacoli per migliaia di studenti che, dopo le scuole superiori, vogliono intraprendere un percorso universitario e la cosa più grave e' che il Miur cambia ancora una volta le regole in corsa e senza un minimo di preavviso e concertazione con gli studenti. Noi difenderemo i diritti di questi studenti e procederemo anche per via legale per abbattere questo sistema e stiamo gia' pianificando un nuovo ricorso collettivo col nostro avvocato per sconfiggere legalmente e politicamente un test a crocette obsoleto e incostituzionale”.

AUTORE: Mattia Sguazzini
FONTE: You-ng.it
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09 febbraio, 2013

Sanità, quella riforma scomparsa dai radar...

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Doveva essere la riforma che avrebbe rivoluzionato la sanità in Italia, portarci il medico di base h24, nuove prestazioni convenzionate, un servizio ”più trasparente, efficiente e sostenibile”, invece il decreto Balduzzi è rimasto in larga parte lettera morta. Per mesi si è parlato di una svolta nella sanità, ma ad oggi la svolta non è arrivata, o quantomeno è monca. Non solo. In questa campagna elettorale infuocata, in cui sono candidati tra gli altri Mario Monti e l‘ex ministro della Salute Renato Balduzzi, si è parlato di quasi tutto, tranne che di una riforma organica della sanità. Uno dei pochi accenni al problema è stato fonte di un battibecco su Twitter tra l’ex ministro e Ignazio Marino del Pd. “Ma lo sa che il programma sanità del Pd è già legge?”, ha cinguettato Balduzzi. “Si riferisce per caso alla sua legge fantasma?” gli ha replicato Marino. Negli ultimi giorni di campagna elettorale il tema è stato poi introdotto dal solo candidato del centrosinistra a Palazzo Chigi Pierluigi Bersani (ma è destinato a tornare presto da dov’è uscito).

Il decreto Balduzzi è legge da inizio novembre 2012, ma mancano all’appello più di 20 decreti attuativi, su cui si stanno dando battaglia Regioni e Governo. Alcuni di questi sono già scaduti (dovevano essere già varati entro il 2012), e la maggior parte dovrebbe essere approvata entro la prima metà del 2013. Le Regioni sostengono di non aver ricevuto finora nemmeno il decreto, contestano i tagli alla sanità e l’impianto stesso di tutta la riforma (che, dicono, è stata fatta con due provvedimenti separati e incompatibili tra loro, ovvero il regolamento della spending review, che taglia i posti letto, e il decreto Balduzzi). Per il 2013 chiedono che il finanziamento alla sanità sia riportato “almeno al livello del 2012″. Inoltre, secondo le Regioni, per avere la possibilità di lavorare con una prospettiva di mantenimento dei Lea (i Livelli essenziali di assistenza), “servirebbero anche un altro paio di miliardi”.

Ma per il Governo altri fondi da dare non ce ne sono. Anche perché, a detta dell’esecutivo, il decreto Balduzzi è a costo zero. L’impasse, a poche settimane dall’inizio della prossima legislatura, sembra dunque insuperabile. “Nessuno di questi decreti ha la possibilità reale di essere approvato prima del voto”, sostiene Paolo Di Loreto, rappresentante dell’Umbria nel coordinamento sanità delle Regioni.

Le nuove misure contenute nella riforma per le Regioni qualche onere aggiuntivo invece ce l’hanno. Il motivo lo spiega Di Loreto, che è anche membro del Cda del’Istituto superiore di sanità in rappresentanza delle Regioni: “Da una parte si tagliano fondi e risorse per gli ospedali: dal regolamento della spending review lo stesso Governo prevede una riduzione dei costi di 20 milioni di euro, cifra ridicola; poi si mette in atto una riforma, attuata per decreto, che il ministro dice essere a costo zero ma che secondo noi non lo è”, a tal punto che “quei 20 milioni di risparmi sono spiccioli rispetto alle spese da coprire”. Stesso ragionamento lo fanno gli assessori alla salute nelle varie regioni italiane. Quello toscano (Luigi Marroni) sottolinea, ad esempio, che nella riforma ci sono diversi punti, che pur non creando spesa, hanno un impatto economico sulla sanità locale, già afflitta dai tagli.

Sono soprattutto tre i nodi del decreto Balduzzi che le Regioni contestano, oltre al fatto di aver approvato una riforma della sanità per decreto: il medico di base h24, l’aggiornamento dei nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza), le nuove regole per la nomina di direttori generali e primari.

Per quanto riguarda l’introduzione del medico h24, spiega Di Loreto, “a livello regionale un’assistenza di questo tipo garantita esiste già, grazie alle guardie mediche. Se poi si vuole farla in maniera più strutturata, noi siamo d’accordo, ma non è vero che è a costo zero”. I fondi infatti, spiega, secondo il Governo dovrebbero venire dai risparmi della spending review: “Ma così – sostiene – prima di tutto si risparmia sugli ospedali, che sono già in sofferenza e che avrebbero bisogno di investire in innovazione”. E inoltre, fa notare, “a fronte di ipotetici risparmi che sarebbero realizzati in più anni, necessari per la riorganizzazione della rete ospedaliera, si dovrebbero affrontare da subito le spese per i nuovi ambulatori h24″.

Altro oggetto del contendere è l’aggiornamento dei nuovi Lea, le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di ticket. Il ministro Balduzzi ha provveduto a stilare la nuova lista, includendo anche 110 nuove patologie rare, ma le Regioni sostengono di non aver ancora ricevuto il documento. Le Regioni condividono l’esigenza di aggiornare i Lea ma, dicono, “non ci si può fermare alle malattie rare e alla ludopatia quando c’è bisogno di adeguare i Lea anche nel settore delle prestazioni diagnostiche. Abbiamo dei comuni esami di laboratorio che non sono inseriti nei Lea e manteniamo invece convenzionati degli esami obsoleti”. Soprattutto le Regioni contestano il metodo di non affrontare complessivamente il tema, mettendo in relazione l’aggiornamento dei Lea e costi correlati.

Ultimo punto su cui l’attuazione del decreto Balduzzi si è bloccata sono le nuove regole di nomina dei direttori generali e dei primari. “Siamo favorevoli – dice Di Loreto – a percorsi di nomina e valutazione dei direttori generali e dei primari caratterizzati dal massimo livello di trasparenza e basati su una valutazione tecnica dei curriculum professionali. Ma riteniamo la responsabilità della nomina debba coincidere con quella dei risultati che consegue il servizio sanitario regionale”. Su questo aspetto arriva l’attacco di Lucio Barani (Pdl), che fu uno dei relatori del decreto Balduzzi alla Camera. Secondo lui lo stallo nell’attuazione della Balduzzi deriva dalla resistenza delle Regioni a un cambiamento: “Molti governatori si oppongono – dice – perché vogliono continuare a gestire la sanità, ad esempio nominare i primari e i dirigenti. C’è una sorta di dittatura delle Regioni”. Ma l’attacco viene rispedito al mittente: “Non è un nostro capriccio”, replicano dalla Conferenza delle Regioni.

FONTE: Il fatto quotidiano
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