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AFORISMA DEL GIORNO

17 ottobre, 2018

Medicina, dietrofront generale sul numero chiuso: nessuna cancellazione ma "in futuro allargamento sostenibile" ...

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Più posti a Medicina «già dal prossimo anno accademico» e nuove modalità di accesso, un nuovo test, diverso da quello attuale con le 60 domande in 100 minuti. E’ la promessa del ministro Marco Bussetti. Questo sì. Del resto al ministero ne stanno già parlando da qualche mese insieme ai rappresentanti delle università e la conferenza dei rettori ha deliberato per un aumento addirittura del 50 per cento dei posti nel giro di due anni, arrivando a quindicimila matricole. Di questo si è parlato lunedì sera nel consiglio dei ministri, almeno secondo la ricostruzione che Bussetti ha fornito ai suoi collaboratori ieri mattina: più posti per il corso di medicina e soprattutto più borse di studio per i corsi di specializzazione, vero stretto imbuto per i medici: già oggi un terzo dei laureati non trova posto per specializzarsi. Ma per avere più medici servono più fondi, perché «servono più corsi, più aule, più professori e più laboratori», come spiega il presidente dei rettori Gaetano Manfredi. Invece in consiglio dei ministri si è parlato piuttosto di tagli e limature che non di nuovi fondi.

Dev’essere per questo che ieri mattina candidamente il ministro Bussetti e la sua collega Grillo rispondevano: «a me non risulta questa cosa. Farò le dovute verifiche ma non mi risulta nulla di simile». Persino il premier Conte avrebbe risposto così al telefono al capo dei rettori che cercava lumi si una scelta «irrealizzabile» oltre che inattesa. «La modalità di accesso alla facoltà di medicina è un tema di cui si discute da tempo e che è anche nel contratto di governo. - spiega Bussetti - Ma non prevediamo di calare nessuna scelta dall’alto, ne parleremo con le università che devono essere nostre alleate in questo percorso». Al Miur si parla di «un allargamento sostenibile» da concordare e Bussetti, via comunicato stampa ha ieri anche convocato una riunione con i rettori al più presto. Questo non ha cancellato del tutto i dubbi sul futuro del test: la ministra Grillo e lo stesso vicepremier Salvini nelle settimane scorse avevano ne proposto l’abolizione.

Al ministro non piace neppure l’idea - caldeggiata qualche settimana fa dalla ministra Grillo - del sistema francese con lo sbarramento al secondo anno: non solo prevederebbe comunque di far entrare 60 mila ragazzi (sette volte quelli ammessi ora) al primo anno e poi si rischierebbe di far perdere a questi ragazzi un anno di studio facendo il test alla fine del primo anno. Bussetti preferirebbe cambiare il test: «Vogliamo ragionare su nuove modalità di ingresso», spiega. Non fa mistero, il ministro, che a lui non piace il test a crocette, così come non gli piacciono i test Invalsi. Ma è vero che è anche difficile chiedere a ragazzi impegnati con la Maturità di fare un percorso di selezione più lungo. Ma orientamento sì, questo si potrebbe fare: lo chiedono anche le Università di lavorare nell’ultimo anno di superiori per offrire ai ragazzi corsi di orientamento che probabilmente aiuterebbero anche a ridurre il numero dei candidati al test e limiterebbero anche il business dei corsi per prepararsi alla prova di ammissione. In più se l’orientamento farà diminuire drasticamente il numero dei candidati, che in questi ani sono sempre stati circa 60 mila, allora si potrà pensare di cambiare il sistema.

Che cosa resterà di questo «incidente»? Certo è stata una gaffe che ha messo in allarme tutto università e studenti. Potrebbe però servire al governo nella trattativa con gli Atenei sul numero dei posti per il prossimo anno. Dodicimila? O forse di più a partire dal prossimo anno: «Ma andremo per gradi», promette Bussetti, che in queste ore è impegnato ad evitare che tagli e risparmi colpiscano il suo ministero.

AUTRICE: Gianna Fregonara
FONTE: Corriere.it
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16 ottobre, 2018

Alea iacta est: il ministro Grillo abolisce il numero chiuso in Medicina

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Il Consiglio dei ministri ha approvato ieri sera, oltre al decreto fiscale, anche un decreto per la "deburocratizzazione, la tutela della salute, le politiche attive del lavoro e altre esigenze indifferibili" che contiene alcune misure di interesse sanitario al quale si aggiungono altre norme per la salute inserite nel disegno di legge di bilancio 2019.

Eccole nel dettaglio come descritte nel comunicato stampa diramato dal Governo:

Decreto Semplificazione: Disposizioni urgenti per la deburocratizzazione, la tutela della salute, le politiche attive del lavoro e altre esigenze indifferibili (decreto-legge)

Di seguito le misure previste per la sanità:
- transazioni con le aziende farmaceutiche per il ripiano della spesa farmaceutica;
- commissariamento delle Regioni in piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario (viene prevista l’incompatibilità della figura del commissario con qualsiasi altro incarico istituzionale presso la Regione);
- istituzione della Anagrafe nazionale vaccini, con l’obiettivo di monitorare i programmi vaccinali sul territorio;
- istituzione del fondo per la riduzione delle liste d’attesa.

Di seguito le misure riguardanti le principali misure per la sanità e gli altri più significativi interventi previsti:

Liste d’attesa sanitarie – Si interviene per ridurre drasticamente le liste d’attesa con lo stanziamento, tra l’altro, di un fondo da 50 milioni per le regioni per gli interventi di abbattimento delle liste d’attesa. Inoltre, con l’istituzione del Centro Unico di Prenotazione (CUP) digitale nazionale, si potrà monitorare quando effettivamente sono stati presi gli appuntamenti, in modo da evitare possibili episodi fraudolenti di indebito avanzamento nelle liste d’attesa.

Fondi per la salute – Si stanziano 284 milioni per i rinnovi contrattuali di tutto il personale del Servizio sanitario nazionale e altri 505 milioni saranno attribuiti alle regioni per le spese farmaceutiche.

Abolizione del numero chiuso nelle Facoltà di Medicina – Si abolisce il numero chiuso nelle Facoltà di Medicina, permettendo così a tutti di poter accedere agli studi.

Gestioni commissariali della Sanità – Si reintroduce l’incompatibilità tra la carica di commissario alla Sanità e ogni incarico istituzionale presso la regione soggetta a commissariamento.

Superamento della legge Fornero – Si abrogano i limiti di età per i pensionamenti previsti dalla legge Fornero, introducendo la “quota 100”: si potrà andare in pensione con 62 anni di età e 38 anni di contributi versati, favorendo così chi ha iniziato a lavorare in età molto giovane e al contempo agevolando il necessario ricambio generazionale nella Pubblica Amministrazione e nel privato. Per le donne si proroga “Opzione Donna”, che permette alle lavoratrici con 58 anni, se dipendenti, o 59 anni, se autonome, e 35 anni di contributi, di andare in pensione.

Reddito di cittadinanza – Si introdurrà una misura universalistica di sostegno al reddito, con la previsione che nessun cittadino abbia un reddito mensile inferiore ai 780 euro, che crescono in base al numero dei componenti della famiglia.

Pensione di cittadinanza – Le pensioni minime saranno aumentate fino a 780 euro, con una differenziazione tra chi è proprietario di un immobile e chi non lo è.

Pensioni d’oro – Si interviene sulle pensioni d’oro, sopra i 4.500 euro mensili, in modo da rimodulare i trattamenti pensionistici più elevati e renderli più equi in considerazione dei contributi versati.

Rilancio degli investimenti pubblici – Si stanziano 15 miliardi aggiuntivi nei prossimi 3 anni per rilanciare gli investimenti pubblici, soprattutto nell’ambito infrastrutturale, dell’adeguamento antisismico, dell’efficientamento energetico, dell’intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie. Si crea inoltre una task force per valutare, monitorare e attivare rapidamente i progetti d’investimento.

Task force per la qualità della spesa pubblica – Si crea una task force per la revisione di tutta la spesa pubblica. Il team analizzerà nel dettaglio ogni singola voce di spesa nel bilancio dello Stato per intervenire sugli sprechi ed efficientare la spesa, intervenendo, tra l’altro, su auto blu, voli di Stato e scorte.

Taglio agli sprechi – Si recuperano fino a 2 miliardi di euro grazie alla riorganizzazione della spesa, prevedendo l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di acquistare beni e servizi tramite Consip.

FONTE: Quotidiano Sanità
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01 ottobre, 2018

Premio Nobel 2018 per la Medicina a James Allison e Tasuku Honjo, fra i padri della immunoterapia antitumorale

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Il Premio Nobel per la Medicina 2018 è stato assegnato all'americano James P. Allison e al giapponese Tasuku Honjo. I due scienziati, attivi entrambi negli Stati Uniti, hanno effettuato ricerche sul freno naturale che riesce a bloccare l'avanzata dei tumori, sulle quali si basa l'immunoterapia. I due studiosi "hanno capito che si può stimolare il sistema immunitario per attaccare le cellule tumorali, un meccanismo di terapia assolutamente nuovo nella lotta ad un tipo di malattia che uccide ogni anno milioni di persone e che costituisce una delle più gravi minacce alla salute dell'umanità", si legge nelle motivazioni dell'Accademia.

Le ricerche di James P. Allison e Tasuku Honjo sono state una pietra miliare nella lotta contro i tumori perché per la prima volta hanno portato alla luce i meccanismi con i quali le cellule del sistema immunitario attaccano quelle tumorali.

Allison ha aperto la via a queste ricerche studiando le proteine che funzionano come un freno del sistema immunitario e intuendo le loro grandi potenzialità: manipolando il loro freno naturale sarebbe stato possibile aggredire i tumori con nuove armi.

Honjo ha segnato un altro passo lungo questa nuova strada scoprendo una proteina delle cellule tumorali che funziona anche come un freno, ma con un meccanismo d'azione diverso rispetto a quelli noti fino a quel momento. Entrambe le scoperte si sono tradotte nel tempo in nuovi approcci per la terapia contro i tumori che si stanno dimostrando molto promettenti.

«È importante che abbiano dato il premio e entrambi perché con la scoperta di questi circuiti negativi hanno aperto la strada all’identificazione di molecole cruciali per il progresso nelle terapie contro i tumori» spiega il professor Michele Maio, direttore del Centro di Immunoncologia dell’azienda ospedaliera universitaria Senese, uno dei maggiori esperti italiani in questo campo. «I due ricercatori hanno sostanzialmente intuito che esistono circuiti regolatori negativi da parte del sistema immunitario. Quando il sistema si attiva per eliminare per esempio virus o batteri, esprime proteine sulle membrane dei linfociti (Ctla-4) che si legano a un recettore che spegne l’attivazione dei linfociti T. Apparentemente non ha senso ma invece è importantissimo perché altrimenti avremmo linfociti continuamento attivati anche quando non c’è n’è più alcuna ragione. Si tratta di un meccanismo che ci evita un’infiammazione permanente. Da questa premessa Allison è partito per ipotizzare che bloccando l’interazione fra la proteina Ctla-4 e il suo recettore si sarebbe potuto de-attivare questo segnale di deattivazione del sistema immunitario. Lo ha fatto con un anticorpo monoclonale dimostrando che era effettivamente possibile mantenere un’attivazione del sistema immunitario per distruggere il tumore. Da qui si è arrivati ai primi farmaci usati a questo scopo nell’uomo nel 2011. Honjo, dal canto suo ha dimostrato la presenza di un’altra proteina, la Pd-1, e ha dimostrato che è in grado di mandare segnali negativi». In aggiunta il tumore può esprimere un recettore per la Pd-1 ,che consentono alle cellule del tumore stesso di eludere il riconoscimento da parte del sistema immunitario e quindi di continuare a riprodursi. L’immunoterapia contro i tumori agisce a questo livello, contrastando questi sistema chiave-serratura e impedendo così alle cellule tumorali di sfuggire alla cattura da parte di quelle del sistema immunitario.

La battaglia contro il cancro del resto ha registrato cambiamenti radicali negli ultimi anni. Le armi che si stanno studiando, e che già si cominciano a usare, sono capaci di riconoscere le sue trasformazioni e i suoi «piani»e agire di conseguenza. I ricercatori battono molte strade. C’è chi prova a tagliargli i rifornimenti con gli inibitori dell’angiogenesi (che impediscono di fabbricare nuovi vasi per procurarsi nutrimento). C’è chi studia bersagli stabili nelle sue cellule per «sparargli» proiettili precisissimi e chi «punta» a suoi processi biochimici specifici per sabotarli (con anticorpi monoclonali e terapie target). C’è chi affina la precisione della radioterapia e l’efficacia della chirurgia o dei farmaci tradizionali. C ’è poi chi cerca di «riconvertire» le cellule deviate, e chi prova a togliere i freni (che in sé sono utili) al sistema immunitario , in modo da scatenarlo senza remore contro il tumore, cercando al contempo di evitare che faccia danni al resto dell’organismo. Gli ultimi due, in estrema sintesi, sono i compiti che si danno gli studiosi che si occupano di immunoterapia dei tumori. Nel 2013 l’immunoterapia si era guadagnata il primo posto della top ten delle più importanti svolte scientifiche dell’anno. Nella classifica stilata ogni anno dall’Associazione Americana per il Progresso della Scienza e gli editori della prestigiosa rivista Science, l’immunoterapia era in cima alla lista delle scoperte fondamentali in virtù dei notevoli successi raggiunti in alcune sperimentazioni e nonostante mancassero ancora risultati definitivi e a lungo termine sulla sua efficacia curativa.



FONTE: Tgcom.it e Corriere.it
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