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AFORISMA DEL GIORNO

28 gennaio, 2014

Sicilia, Tribunale contro Regione: pagare gli stipendi arretrati ai medici specializzandi

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Non erano stati loro corrisposti gli stipendi relativi all’intera annualità dal luglio 2012, data di sottoscrizione dei contratti, al giugno del 2013, a causa del mancato stanziamento delle somme spettanti da parte della Regione.

Ora il Tribunale di Messina ha ordinato alla Regione e all'Ateneo di provvedere al versamento di tutte le somme dovute agli specializzandi titolari di contratto regionale iscritti all’Università di Messina, pari a 25mila euro lorde, oltre agli interessi ed alla rivalutazione monetaria.

Gli specializzandi sono stati assistiti a titolo gratuito dall'avvocato Santi Delia, incaricato dalla sede Sigm (Segretariato italiano giovani medici) di Messina di avviare il contenzioso a tutela dei loro iscritti. Infatti, nonostante i continui solleciti da parte dei medici parte lesa e del Sigm, si era assistito ad un continuo ed infruttuoso rimpallo di responsabilità tra l'Ateneo e la Regione.

In questi giorni gli specializzandi hanno ottenuto l'accredito in conto corrente di tutte le somme arretrate con interessi e rivalutazione.

Parallelamente, i ricorrenti hanno diffidato la Regione a provvedere a liquidare anche gli specializzandi che non hanno ancora ottenuto dal Tribunale i provvedimenti e nel mese di febbraio dovrebbero essere liberate a tal fine le somme pari al 40% del debito (circa 8mila euro netti). La Sede Sigm di Messina esprime soddisfazione per il positivo esito di tale vicenda “che ha vessato decine di giovani medici che hanno prestato la propria opera con dedizione nonostante per un intero anno non abbiano percepito alcun emolumento”.


FONTE: Tempostretto.it
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17 gennaio, 2014

La nuova sfida tecnologica di Google: le "Google Lens" per monitorare la glicemia

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Google ha presentato una nuova tecnologia che sembra pronta a portare sul mercato con il partner giusto: lenti a contatto con chip integrati, per il momento sviluppate come supporto per diabetici. Tecnicamente si tratta di un sistema di rilevamento che Google è riuscito a rimpicciolire fino a poterlo montare su una lamina d'oro circolare con funzione d'antenna che può essere installata su un materiale flessibile simile alla plastica. Una soluzione che può essere alla fine appoggiata senza disturbo sull'occhio umano.

La prima applicazione che Mountain view ne ha fatto in sede di sviluppo è quella di lenti a contatto intelligenti progettate per misurare ogni pochi secondi il livello di glucosio nel liquido lacrimale di chi le indossa.

Questo significa che le persone che soffrono di diabete (ad oggi, secondo la International Diabetes Federation, 380 milioni nel mondo) con l'ausilio di queste lenti a contatto non dovranno ricorrere alla misurazione del livello di glucosio attraverso più invasive operazioni di monitoraggio del sangue, come piccole punture o dispositivi che sono costretti a portare legati al fianco. Per il momento, tuttavia, Google ha detto che non ha intenzione di produrre e vendere da sé questo supporto medicale, ma che l'annuncio è stato fatto per pubblicizzare l'invenzione e trovare possibili partner più esperti in questo tipo di mercato.Nel frattempo ha iniziato comunque il percorso necessario per qualsiasi medicina e prodotto medicale: si è rivolta alla Food and Drug Administration e ha iniziato i primi test clinici richiesti.

Oltre all'impiego in medicina, peraltro, la possibilità di inserire un chip su una lente a contatto apre a tutta una serie di utilizzi legati alla cosiddetta tecnologia indossabile. Anche se non si tratta di una novità assoluta, almeno dal 2011 si parla di lenti a contatto smart e dal 2006 di chip per misurare il diabete, Google sembra molto vicina a portare questa tecnologia effettivamente sul mercato.

Non è impensabile immaginare una futura generazione dei Google Glass trasformati in lenti a contatto, anche se per il momento il leader del progetto Brian Otis riferisce che le due cose sono slegate.

Autore: Claudio Tamburrino
FONTE: Punto Informatico.it
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Nepotismo negli Atenei: secondo recente ricerca statistica (parziale) Messina è ottava

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L’Accademia delle parentele. Sono sotto il naso di tutti, ma ogni tanto ci viene rinfrescata la memoria dalle inchieste, o dalle classifiche su una qualità dell’offerta o della ricerca che disegnano Atenei non all’altezza. Adesso c’è anche chi  sul nepotismo ha provato a fare statistiche e studi, come Stefano Allesina, dell’Università di Chicago (uno dei tanti cervelli con il cognome sbagliato, in fuga dall’Italia) che  ha creato un programma per correlare in modo scientifico due dati: le docenze e i cognomi uguali nello stesso ateneo. Una ricerca finanziata dalla National Science Foundation ed è stata pubblicata sulla rivista scientifica PLoS ONE con il titolo Measuring Nepotism through Shared Last Names: The Case of Italian Academia. Per misurare la diffusione reale del nepotismo tra le università italiane il ricercatore ha utilizzato un database del Ministero dell’Istruzione contenente nomi e cognomi di oltre 61.000 professori e ricercatori occupati in 84 sedi universitarie, verificando poi la “frequenza” di alcuni cognomi rispetto ad altri. Più di 27.000 cognomi distinti ricorrono più spesso di altri nello stesso settore. Su questa base il professor Allesina ha creato un programma che esegue un milione di estrazioni casuali per scoprire la probabilità di ottenere la stessa frequenza riscontrata nel data base. La ricerca si è soffermata sia sulle singole università che sui diversi settori disciplinari e ad esempio la più alta percentuale di nepotismo è stata registrata in Legge, Medicina, Geografica, Pedagogia, Ingegneria industriale. assunzione nepotistiche. Lo studio è andato oltre, perché ha verificato anche il tasso di nepotismo tra Nord e Sud, con una percentuale più alta man mano che si va verso il Meridione.

Per chi avesse dubbi e non fossero bastate le inchieste giornalistiche, i servizi delle Jene e le indagini giudiziarie, l’Università di Messina è ottava per nepotismo su 84 Atenei.

La “palma d’oro” spetta alla Libera Università Mediterranea Jean Monnet Casamassima di Bari, seguita da quelle di Sassari, Cagliari e dalla Suor Orsola Benincasa di Napoli. Gli Atenei siciliani si piazzano subito dopo il podio, con Catania quinta e l’Uke di Enna sesta, segue l’università della Calabria e poi Messina.

Per trovare un ateneo del centro-nord dobbiamo arrivare al 15esimo posto di Modena e Reggio Emilia, mentre San Raffaele di Milano è al 25esimo.

In realtà questa ricerca ha un piccolo “neo”: si basa sulla frequenza dello stesso cognome, non potendo, per ovvi motivi, individuare la parentela in senso più ampio, perché ad esempio madre e figlio non hanno lo stesso cognome e neanche zio e nipote quando il nipote è figlio della sorella del docente. E per la verità non può naturalmente indicare nessuna forma di “parentela allargata” nella variopinta geografia del cuore e dell’amore umano. Ma già individuare un tasso di nepotismo basando sul criterio più evidente è un elemento che fa riflettere.

E’ chiaro che nessuno può mettere in dubbio “il genio” che si tramanda di padre in figlio, ma quando le forme di baronato avvengono nella stessa Università e attraverso canali di selezione pubblica in barba ad ogni meritocrazia e democrazia, si sconfina nell’intollerabile. La conseguenza peraltro la paga l’Università stessa, abbassando l’asticella della qualità verso il basso e soprattutto diventando poco appetibile per chi non ha il cognome giusto ma solo il cervello e il talento.

Non stupisce il fatto che questa classifica va di pari passo con un’altra: gli studenti del Sud scelgono le Università del Nord.

Nei feudi dei baroni andare a studiare in un ateneo dove la docenza viene scelta con altri criteri e dove il merito ha diritto di cittadinanza e la qualità dell’offerta è maggiore, diventa una strada obbligata.

La riforma Gelmini, per quanti aspetti negativi avesse, mirava ad incidere anche sui baronati.

L’ottavo posto dell’Università di Messina in questa classifica non ci fa onore, ma non è una sorpresa.


AUTRICE: Rosaria Brancato
FONTE: Tempostretto.it
 
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16 gennaio, 2014

Sanità, i voti del Ministero alle regioni: decima la Sicilia, bocciate Puglia, Calabria e Campania

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Estensione delle vaccinazioni, prevenzione degli incidenti sul lavoro, posti letto nelle residenze per anziani, percentuali di cesarei. I dati del ministero mettono in riga la sanità delle Regioni italiane in base a 21 indicatori che si riferiscono all'attività del 2012. Il documento definitivo è pronto per essere licenziato ed analizzandolo si ricava una classifica delle tante sanità italiane che ancora una volta rivela i problemi del Sud e le eccellenze del Centro-Nord.

I punteggi assegnati si basano sul rispetto o meno dei Lea, cioè i livelli essenziali di assistenza, le prestazioni che tutte le Regioni sono obbligate ad assicurare ai propri cittadini come stabilito a livello nazionale. Tra l'altro la lista dei migliori e dei peggiori ricavata grazie alla cosiddetta "griglia Lea" serve anche a calcolare come viene suddivisa una parte del fondo sanitario nazionale, quindi ha a che fare con quanto c'è di più importante per i sistemi sanitari, i finanziamenti.

Nel 2012 l'Emilia Romagna si conferma la Regione più in forma d'Italia. Al secondo posto ci sono a pari merito Toscana e Veneto, seguite dalla Lombardia, che fa un salto indietro di due posizioni. Viene sopravanzata cioè da un'altra regione governata dalla Lega, quel Veneto il cui sistema sanitario si conferma tra i migliori e in crescita. Stesso discorso vale per la Toscana, che anche a causa di problemi nel calcolo del 2011 fa un grande scatto in avanti e arriva sul podio. Il Piemonte è stabile mentre l'Umbria arretra un po'. Si tratta comunque di Regioni considerate sane, per trovare i problemi bisogna spostarsi verso sud. Alle ultime tre posizioni si piazzano Puglia, Campania e Calabria. Nel documento sui Lea viene presa in considerazione solo una delle Regioni a statuto speciale, la Sicilia.

L'intenzione del ministero, che ha raccolto i dati e inviati alle Regioni, non è certo quella di creare la classifica, piuttosto di chiarire quali sono i problemi e le eccellenze dei vari sistemi sanitari, per apportare correttivi e distribuire al meglio i finanziamenti. I 21 indicatori si basano su vari aspetti dell'attività sanitaria. Si prende appunto in considerazione la copertura dei vaccini, quelli per i bambini e quello dell'influenza, ma anche degli screening oncologici. Poi ci sono indicatori dedicati all'assistenza ai malati cronici, agli anziani e ai disabili, oppure alla diffusione di esami come la risonanza magnetica. Si prendono in considerazione anche il tasso di ospedalizzazione e la rapidità con cui avvengono gli interventi in media di emergenza delle ambulanze. Ad ogni indicatore è dato un punteggio in numeri e alla fine si forma la graduatoria.

Ma ministero e Regioni stanno facendo anche un lavoro più ampio, la cui revisione avviene in questi giorni, contemporaneamente a quella della cosiddetta "griglia Lea". Si prendono in considerazione molti più fattori e si verifica quali realtà locali li rispettano. Sono solo tre quelle che quest'anno hanno raggiunto l'obiettivo di essere "in regola" in tutti i campi. Si tratta di Toscana, Lombardia e Veneto. Ad andar peggio, ancora una volta le realtà del sud. La Campania, ad esempio, è inadempiente, tra l'altro, nei settori assistenza ospedaliera, liste di attesa, prevenzione, sperimentazione ed innovazioni gestionali, assistenza protesica, sanità penitenziaria, attività trasfusionale, percorso nascita, emergenza-urgenza. Il Lazio in assistenza ospedaliera, liste di attesa, assistenza domiciliare e residenziale, riorganizzazione rete dei laboratori, cure palliative, sistema Cup, percorso nascita, riabilitazione.

FONTE: Repubblica.it
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Federfarma: irreperibili farmaci importanti in Italia come antitumorali, eparine, antipsicotici e broncodilatatori

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Il mercato parallelo dei farmaci in Paesi europei più redditizi provoca a Roma, e in tutta Italia, "una vera e propria emergenza", al punto che risultano irreperibili farmaci come antitumorali, eparine, antipsicotici e broncodilatatori. Lo denuncia Federfarma Roma, che dopo l'esposto in Procura a luglio, ieri ha scritto all'Agenzia Italiana del Farmaco.

Federfarma Roma chiede "immediati provvedimenti" per evitare ulteriori contingentamenti di medicinali che metterebbero a rischio la salute e la vita stessa dei cittadini. "A distanza di sei mesi nulla è cambiato, anzi la situazione è peggiorata", si legge nella lettera del presidente dell'associazione, Franco Caprino, che evidenzia come siano oramai "tantissime le farmacie a Roma che si lamentano per l'assenza di molti di questi farmaci".

Il vantaggio per chi opera nel mercato parallelo, che siano aziende produttrici, grossisti o farmacie con autorizzazione all'ingrosso, è meramente economico: l'esportazione viene infatti effettuata solo per quei farmaci che in Italia hanno un prezzo al pubblico/farmacia inferiore rispetto a quello degli altri Paesi europei, guadagnando così sulla plusvalenza che si matura nel vendere il farmaco sul territorio estero.

"Per questo - aggiunge Caprino - chiediamo un intervento deciso per arginare il fenomeno dell'export parallelo, ipotizzando addirittura il blocco temporaneo delle esportazioni parallele, così da poter garantire la continuità terapeutica a migliaia di cittadini oramai costretti ad affannose ricerche per i farmaci che quasi sempre sono poi introvabili".

FONTE: Repubblica.it
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