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AFORISMA DEL GIORNO

26 marzo, 2012

Nitrito sodico al posto del sorbitolo per un test di intolleranza al lattosio in clinica privata: il pericolo del farmaco acquistato sui siti di aste online

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Non ha ingerito sorbitolo ma nitrito di sodio, una sostanza altamente tossica. Così sarebbe morta Teresa Sunna la ventottenne deceduta sabato scorso dopo aver bevuto una sostanza, venduta su internet come sorbitolo, prima di sottoporsi al Breath test per verificare l'intolleranza al lattosio in un ambulatorio privato di Barletta. La stessa sostanza era stata somministrata dal medico ad altre due pazienti: la 62enne Addolorata Piazzola e la 32enne Anna Abbrescia. Tutte e due sono fuori pericolo: una perchè ha subito vomitato in quanto la sostanza era molto salata; l'altra perchè è stata condotta in tempo in ospedale dove le è stato somministrato un antidoto. È quanto emerge dall'autopsia e dall'esame tossicologico compiuti stasera a Bari.

L'esame tossicologico nei prossimi giorni dovrà confermare i sospetti degli inquirenti che ritengono che alle donne, anzichè l'innocuo sorbitolo (che è uno zucchero), sia stato dato del nitrito di sodio concentrato al 70%. Una sostanza tossica che uccide se è ingerita con dosi superiori a 1,5 grammi: alle pazienti invece - si apprende da fonti investigative - sono stati somministrati ben circa cinque grammi a testa. Ora il procuratore di Trani, Carlo Maria Capristo, e il sostituto Michele Ruggiero, hanno avviato accertamenti per rintracciare tutti gli acquirenti che hanno ordinato tramite eBay confezioni da cinque chilogrammi di falso sorbitolo.

Ebay intanto ha sospeso le vendite online di sorbitolo in tutto il modo. Sulla vicenda è intervenuto il ministro della sanità, Renato Balduzzi, che ha sottolineato che sui prodotti contenenti sorbitolo «non ci sono le condizioni per un allarme sanitario generalizzato» e ha chiarito che la situazione «è attentamente sotto controllo». «Il vero problema, quello sul quale ci stiamo impegnando - spiega il procuratore Capristo - è di individuare se ci siano state attività di manomissione di questo sorbitolo». Il magistrato ha riferito che sono stati «attivati anche canali internazionali», perchè il sorbitolo è stato venduto via internet anche all'estero, soprattutto in Irlanda e nel Regno Unito dove potrebbe essere stato riconfezionato prima di essere rivenduto.

Per la morte di Teresa Sunna sono iscritti nel registro degli indagati i nomi di tre persone per cooperazione in omicidio colposo. Sono il medico che aveva in cura la paziente, Mario Donato Pappagallo, il titolare dello studio medico di Barletta in cui doveva essere fatto l'esame, Ruggiero Maria Spinazzola, ed Ettore Cicinelli, l'impiegato che materialmente ha acquistato tramite eBay il sorbitolo. Tutti e tre sono sotto choc e respingono le accuse. È sconvolta anche la famiglia della vittima. «Non riusciamo ancora a farcene una ragione, anche perchè è una morte assurda», spiega il fratello di Teresa Sunna. «Mia sorella - sottolinea - doveva laurearsi nella specialistica a dicembre, era andata a fare dei semplici test di intolleranza alimentare e invece è morta per questa sostanza che le hanno fatto ingerire».

Il ministro della sanità Balduzzi ha detto che la questione è «seria» e pone due tipi di problemi: il primo sono gli acquisti online di farmaci, da cui «sarebbe bene astenersi»; il secondo è quello della dispensazione dei farmaci in un circuito parallelo al Servizio sanitario nazionale. Proprio sulle vendite via internet l'Agenzia italiana del farmaco, citando l'ente statunitense LegitScript, il servizio di verifica e controllo delle farmacie on line, ha reso noto che solo l'1% delle 40.000 farmacie online censite sarebbe legale, ovvero controllato dalle autorità competenti. A questo proposito il presidente della commissione d'inchiesta sul Servizio sanitario nazionale, Ignazio Marino, ha ricordato che «tra il 2008 e il 2009 i Nas hanno sequestrato nel nostro paese più di un milione di confezioni di farmaci contraffatti distribuiti su internet. È un fenomeno grave - ha detto -: servono con grande urgenza regole che non debbono valere solo per l'Italia ma anche a livello europeo e internazionale».


FONTE: Il messaggero
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Diabete di tipo 2, chirurgia per ridurre obesità valida arma di terapia

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Uno studio condotto da vari ricercatori mondiali (fra cui anche medici italiani) e pubblicato sulla prestigiosa rivista "New England Journal of Medicine" confermerebbe come la chirurgia bariatrica (cioè la chirurgia volta a risolvere e/o contrastare l'obesità) rappresenti una valida arma per il trattamento standard per il diabete di tipo 2. Lo studio, condotto anche da ricercatori del "Policlinico Gemelli" di Roma e del "Presbyterian Weill Cornell Medical Center" di New York, ha rilevato che, anche con una radicale diminuzione dei farmaci, i pazienti trattati chirurgicamente avevano una possibilità di remissione della malattia a distanza di due anni dall'intervento. "Anche se la chirurgia bariatrica è stata concepito inizialmente come trattamento per la perdita di peso, è ormai chiaro che la chirurgia e' un ottimo approccio per il trattamento del diabete e delle malattie metaboliche", dice l'autore senior Francesco Rubino, direttore del Diabetes Surgery Center e Metabolic a NewYork-Presbyterian/Weill Cornell. In questo studio, la maggior parte dei pazienti trattati chirurgicamente ha manifestato miglioramenti nei livelli di zucchero nel sangue, diminuzione del colesterolo totale e dei trigliceridi, e il miglioramento delle concentrazioni di colesterolo HDL.  Questo suggerisce che la chirurgia bariatrica possa affiancarsi alle terapie convenzionali (ma non ancora sostituirle! n.d.R) per il trattamento del diabete e possa essere una valida arma per ridurre il rischio cardiovascolare di un paziente diabetico senile. "La capacità unica di un intervento chirurgico (nota: qualora e nel caso sia una strada percorribile cioè sia possibile eseguirlo senza rischi o sviluppo certo di complicanze per il paziente n.d.R) per migliorare i livelli di zucchero nel sangue e livelli di colesterolo così come la riduzione del peso lo rende un approccio possibile per i pazienti obesi con diabete di tipo 2", dice un'altra ricercatrice, Geltrude Mingrone, capo della Divisione di obesità e malattie metaboliche e professore di medicina presso l'Università Cattolica di Roma. Si stima che il 8,3 per cento della popolazione mondiale soffra di diabete di tipo 2, secondo l'organizzazione Mondiale della Sanita', e questo numero e' destinato ad aumentare fino al 9,9 per cento entro il 2030. Per di piu' ben il 23 per cento dei pazienti affetti da obesità patologica ha anche il diabete di tipo 2. Tuttavia meno del 2 per cento dei pazienti elegibili al trattamento chirurgico viene effettivamente operato, riservando tale tecnica per i pazienti soffrenti di un sovrappeso molto patologico.

Fonte: Agi Salute
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08 marzo, 2012

Forte saldo negativo fra i nuovi medici e i camici bianchi che andranno in pensione...

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Una cosa è sicura gli studi dei medici di famiglia rischiano di diventare sempre più affollati nei prossimi anni. I camici bianchi che vanno in pensione oggi non vengono sostituiti e con il tempo verranno chiusi migliaia di ambulatori. Sono 11 milioni gli italiani che tra il 2007 e il 2017 sono rimasti e rimarranno senza medico di medicina generale, per il saldo negativo tra le nuove leve e quelli che vanno in pensione. A calcolarlo è la Fimmg 1 (Federazione italiana medici medicina generale) nel documento sulla Rifondazione della medicina generale, che è all'esame della Conferenza Stato-Regioni nell'ambito della discussione sul Patto per la salute.

Nel documento, elaborato nel 2007, si spiega infatti che ogni anno si formano 1.560 medici di medicina generale, che diventano 15.600 nel periodo compreso tra il 2007 e il 2017, entro cui andranno in pensione 25.500 medici. Il saldo dunque tra i medici formati e quelli che terminano l'attività lavorativa è negativo e pari a 9.900. Il che corrisponde a 11 milioni di italiani, cioè 1 su 6, senza medico nell'arco di 10 anni.

Secondo Alberto Oliveti, vicepresidente dell'Enpam, l'ente di previdenza dei medici, la prospettiva è ancora più fosca. "Il fondo per la medicina generale comprende 25mila pensionati e 70mila iscritti, di cui 47mila medici di famiglia, 1415mila guardie mediche e quasi 10mila pediatri. Ogni anno vanno in pensione circa 1-1.500 medici, ma dal 2015 al 2025 si calcola, in base alla stratificazione dell'età, che andranno in pensione 40mila medici, quindi a rimanere senza medico, in 10 anni, potrebbero essere 25 milioni di cittadini".

Ma per Giacomo Milillo, segretario della Federazione generale dei medici di medicina generale, la situazione non è allarmante. "Il calo del numero di medici mette in crisi l'attuale sistema per questo serve una riorganizzazione. Oggi negli studi di medicina generale c'è molto lavoro, ma c'è una gran parte di attività che riguarda questioni burocratiche - spiega Milillo - . Potrebbero essere aiutati da degli assistenti e riuscire così a seguire altri pazienti".

Una riorganizzazione potrebbe rispondere a nuove esigenze come, ad esempio, quella di aprire gli studi medici nel fine settimana. La volontà è quella di dare vita a un'assistenza sul territorio che risparmi ai pronto soccorso, già al collasso, milioni di accessi inutili. "L'apertura degli studi dei medici di famiglia 7 giorni su 7 è possibile con una riorganizzazione. Con un lavoro di squadra si può rispondere a nuove esigenze e offrire un servizio adeguato", conclude Milillo.

Se è la medicina generale a a che fare con un calo di professionisti, le cose non vanno meglio negli ospedali, dove nel tempo diminuiscono i posti letto 2, ma anche il numero di medici. Anche perché da quando è stato istituito il numero chiuso all'università è calato il numero di professionisti e chi se va non viene sostituito da giovani camici bianchi.  Nel 2010 oltre quattromila medici che lavoravano nelle strutture pubbliche hanno appeso il camice al chiodo e sono andati in pensione. Secondo le tabelle dell'Inpdap, i camici bianchi in fuga sono 4.144, di cui 3.337 uomini e 807 donne. Un vero boom di uscite, se si considera che nel biennio precedente (2008-2009) il numero dei pensionamenti tra i medici si era sempre mantenuto stabile intorno ai 2.700 l'anno.

AUTRICE: Valeria Pini
FONTE: Repubblica.it
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Il piano del governo: decongestionare gli ospedali potenziando gli ambulatori, in arrivo le future "AFT"

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Gli ambulatori dei medici di famiglia resteranno aperti 7 giorni su 7. Fine delle telefonate alla ricerca di un dottore di guardia della Asl che non arriva, basta con le corse in ospedale per un mal di testa più forte del solito la domenica pomeriggio. Gli studi non chiuderanno mai, i cittadini troveranno a tutte le ore qualcuno che li visita o prescrive loro un farmaco, che va a controllarli a casa o magari li rassicura per telefono. Di giorno e di notte. Si sta disegnando quello che potrebbe diventare il cambiamento più significativo della medicina territoriale degli ultimi anni. Del progetto si parlava da tanto ma la scintilla decisiva l'hanno accesa i problemi dei pronto soccorso romani (e non solo) di un paio di settimane fa.

A metà febbraio esplose il caso delle barelle nei corridoi e nei magazzini, della gente in attesa ore per una visita. Si parlò di carenza dei letti nei reparti ma anche di scarso filtro messo in atto dai servizi sul territorio. L'impossibilità di trovare il proprio medico nel fine settimana e la notte spingeva, e spinge, la gente a rivolgersi in ospedale anche senza averne bisogno. Il ministro alla salute Renato Balduzzi nel pieno delle polemiche spiegò: "È arrivato il momento per una medicina di base 7 giorni su 7". Da allora ha cominciato a riunirsi un gruppo di tecnici del ministero e di sindacalisti. Il secondo incontro si è svolto ieri. L'idea è quella di disegnare la nuova organizzazione e inserirla nel "patto della salute", cioè l'accordo tra Regioni e Governo su cui si baserà la sanità dei prossimi anni. "Speriamo di arrivare in tempi molto brevi a chiudere finalmente questo capitolo per avere una medicina di base che sia davvero di base per tutti i cittadini", ha detto sempre il ministro Balduzzi.

Come funzioneranno i nuovi ambulatori? Lo schema è stato disegnato già da tempo e si basa sulle cosiddette "AFT", o aggregazioni funzionali territoriali. Si tratta di grandi studi dove lavorano più professionisti, fino a 16, ma anche guardie mediche. Devono essere organizzati per assicurare una presenza continua e non solo dalle 8 alle 20 per cinque giorni alla settimana. Un paziente che ha bisogno di una visita e non trova il suo medico in ambulatorio, avrà comunque a disposizione un professionista che ha accesso ai suoi dati di salute sul computer e lavora fianco a fianco con il suo dottore. Questo anche di notte e nel weekend grazie all'impiego della guardia medica.

Non solo, in futuro dentro questi super ambulatori potrebbero entrare anche i pediatri e alcuni specialisti. Alla fine diventeranno l'unica struttura sanitaria a cui rivolgersi, salvo in caso di emergenze e ricoveri. "Siamo d'accordo con il ministro e ci sembra che il modello delle aft sia quello giusto". A parlare è Giacomo Milillo, segretario del più importante sindacato dei medici di famiglia, la Fimmg. Non si tratta dell'unica sigla presente al tavolo del ministero, ce ne sono anche altre contrarie al cambiamento. Per introdurre la novità dovrà essere modificata la convenzione che lega questi professionisti al sistema sanitario. "È fondamentale in tutto questo sistema il ruolo dei colleghi della guardia medica, che verranno rilanciati da questa impostazione - spiega Milillo - Del resto non possiamo pensare che il collega sessantenne faccia le notti o venga a lavorare nel weekend. Dobbiamo puntare sui giovani e su chi ha voglia di impegnarsi fuori dagli orari consueti. Così i medici di guardia entreranno nei nostri gruppi".

La novità non dovrebbe costare molti soldi alle casse della Asl. "Intanto risparmieranno perché avranno i reparti di emergenza alleggeriti - spiega sempre Milillo - Inoltre un'attività più intensa del territorio serve a sollevare gli ospedali anche da alcuni ricoveri, ad esempio di persone anziane con più malattie che hanno spesso ricadute. Infine, le "aft" puntano su una nuova organizzazione e non su un allungamento dell'orario di lavoro dei professionisti per migliorare l'assistenza. I soldi potrebbero servire per aspetti come l'acquisto di attrezzature diagnostiche o per pagare una segretaria".


AUTORE: Michele Bocci
FONTE: Repubblica.it
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