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AFORISMA DEL GIORNO

30 gennaio, 2013

Francia, al bando la pillola "Diane 35"

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Allarme in Francia per una nota e diffusa pillola anticoncezionale. L'Agenzia nazionale della sicurezza dei farmaci, Ansm, ha deciso di sospendere entro tre mesi la vendita del farmaco Diane 35, nato per il trattamento dell'acne, ma spesso usato per i suoi effetti contraccettivi. A causare la decisione dell'agenzia, la morte sospetta di almeno quattro donne dalla sua commercializzazione, nel 1987, a oggi. Ma le morti legate ai confetti Diane potrebbero essere molte di più.

La pillola aumenterebbe il rischio di trombosi ed embolie polmonari. Il direttore generale dell'Ansm Dominique Maraninchi ha spiegato: "In 25 anni sarebbero 125 i casi di decesso per trombosi venosa causata dall’utilizzo della pillola o dei suoi generici. Nello specifico in quattro casi l’insorgere della trombosi parrebbe essere stata causata senza ombra di dubbio dalla pillola in questione".

"La procedura di sospensione del farmaco - ha proseguito il direttore dell'Ansm - durerà tre mesi durante i quali le donne che assumono tale pillola non devono smettere di prenderla repentinamente. Sono piuttosto invitate a consultare i loro medici generici che comunque non potranno più prescrivere Diane 35. Tutti gli stock saranno infatti, ritirati dal commercio".

La Bayer, il colosso farmaceutico che produce la pillola messa all'indice, si difende sottolineando come il rischio ddi trombi sanguigni legati alla sua assunzione è "conosciuto e chiaramente indicato nel foglietto illustrativo" e che il trattamento non doveva essere prescritto in casi diversi dall’acne e sempre "nel rispetto di eventuali controindicazioni".

In Francia sono circa 315mila le pazienti che usano questa pillola o i farmaci generici equivalenti non solo per i suoi effetti benefici contro l'acne, ma anche per le sue conseguenze contraccettive. L'agenzia del farmaco di Parigi ha annunciato una procedura per il bando europeo del farmaco.

FONTE: Tgcom.it
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25 gennaio, 2013

Scoperto il "Quadruplex", un DNA a 4 filamenti espresso in mitosi...

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Ricercatori della University of Cambridge, guidati da Shankar Balasubramanian hanno pubblicato su Nature Chemistry la scoperta di strutture con appaiamenti di 4 filamenti di DNA.

I quadruplex si formano in regioni ricche di guanina con i filamenti che si organizzano ripiegando e formando una sorta di struttura quadrata. Queste strutture sono estremamente instabili ed i ricercatori hanno dovuto usare anticorpi specifici e sostanze bloccanti per poterle osservare su cellule di tumore dall'osteosarcoma al cancro della cervice. Le conformazioni del DNA a quattro sarebbero presenti soprattutto al centro dei cromosomi e alle loro estremità, nei telomeri. La loro posizione insieme al fatto che si sono visti formare soprattutto in fasi mitotica, lascia pensare che potrebbero essere correlati ai tumori.

Tra i ricercatori c'è anche l'italiana Giulia Biffi arriva da a Cambridge con un dottorato dall'Università di Pavia che spiega, "Anche nelle cellule normali si formano ma le cellule tumorali replicano continuamente e quindi se i quadruplex sono importanti durante la replicazione del Dna potrebbero avere effetti più rilevanti nelle cellule tumorali. Già in studi precedenti si è visto che si possono usare piccole molecole sintetizzate per 'traghettare' queste strutture con un effetto anti-proliferativo sulla cellula".
 
FONTE: Molecularlab.it
ARTICOLO SCIENTIFICO: Articolo
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Da Novara in arrivo un nuovo vaccino contro la meningite B

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Trovato il vaccino per il tipo di meningite più diffusa, quella di tipo B. La scoperta del Bexsero è tutta italiana: è da attribuirsi al Novartis di Siena e alla clinica pediatrica dell’Ospedale Maggiore di Novara. La ricerca ha visto come protagonisti 300 bambini che hanno partecipato tra il 2008 ed il 2010. L’ospedale è stato un po’ il centro di coordinamento di questa maxi sperimentazione che ha coinvolto in totale 5 ospedali italiani e 60 in altre sei nazioni europee.  Ora però il risultato c’è ed è stato approvato anche dalla Commissione europea per i farmaci lo scorso 21 gennaio.

Massima la soddisfazione espressa dal direttore della ricerca, Gianni Bona: “E’ una ricerca  che ha richiesto 12 anni di lavoro per lo sviluppo nei laboratori Novartis di Siena, a cura del professor Rino Rappuoli e della sua equipe. Poi sono seguiti 5 anni di sperimentazione”. Un plauso va anche ai genitori dei bambini che hanno deciso di dare la loro approvazione ai fini della ricerca, un’approvazione che però, secondo il Professor Gianni Bona, non è stata difficile da ottenere, in quanto l’ospedale novarese è da sempre conosciuto per l’affidabilità e la serietà del proprio lavoro di ricerca.

La meningite B si può quindi ora prevenire. Ciò che ancora manca è la ricezione del prodotto da parte dell’Aifa, Agenzia Italiana per il farmaco, che dovrebbe accettare il Bexsero entro sei mesi. Intanto si chiederà l’autorizzazione per immetterlo nei livelli essenziali di assistenza, in modo tale che sia fornito in forma gratuita.

FONTE:  www.mondoinformazione.com
AUTRICE: Adele Lerario
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La Barilla inaugura un nuovo padiglione pediatrico a Parma

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Tredicimila metri quadri, quattro piani, 89 posti letto dotati di ogni comfort e con i supporti della più innovative tecnologie a disposizione dei piccoli pazienti ma anche dei loro genitori. I numeri, da soli, non bastano però a descrivere il nuovo padiglione "Pietro Barilla" del Maggiore di Parma, la struttura che da oggi rappresenterà per la città emiliana l'ospedale dei bambini.

L'intitolazione cade nel centenario della nascita dell'imprenditore parmigiano, scomparso il 16 settembre 1993. Alla presenza del ministro della salute Renato Balduzzi, del presidente della regione Vasco Errani, delle autorità cittadine oggi è avvenuto il taglio del nastro della nuova struttura ospedaliera parmigiano. Una realtà innovativa che avrà al centro il benessere, non solo fisico, ma anche psicologico, del bambino e della famiglia grazie all'elevata umanizzazione degli ambienti, le attività ludiche ed educative con spazi specifici, l'accoglienza della famiglia, gli arredamenti che richiamano un'ambientazione familiare e domestica il tutto in un percorso di cura supportato da dotazioni tecnologiche di ultima generazione.

L'Ospedale dei Bambini di Parma è frutto di un eccezionale accordo tra soggetti privati ed enti pubblici. L'opera, costata in tutto 34 milioni di euro, ha visto infatti il contributo di 8,5 milioni di euro dal gruppo Barilla, 7,5 da Fondazione Cariparma e 2 da impresa Pizzarotti. A 16 milioni ammonta invece il contributo pubblico fra azienda ospedaliero-universitaria, stato e regione.

"Non è cosa facile in questi tempi inaugurare un ospedale ma ultimamente mi sta capitando, anche con una certa frequenza, e questo vuol dire che bisogna mettere nel conto anche le cose buone che ci sono nel nostro paese e nel nostro mondo della salute - ha commentato il ministro della salute Renato Balduzzi - Questa poi una occasione speciale perché si inaugura un ospedale pediatrico quindi tocca un settore molto importante e su cui stiamo facendo tante cose".

"Proprio questa settimana abbiamo presentato un quaderno al ministero della salute sull'appropriatezza pediatrica - ha aggiunto il ministro - Sta poi per concludersi un tavolo di indirizzo per migliorare la pediatria che è già una bella realtà ma che può essere ancora migliorata nel nostro paese". Il nuovo padiglione 'Barilla' è anche la conferma, ha sottolineato il presidente della regione Emilia-Romagna Vasco Errani "del grande impegno che come regione abbiamo preso alcuni anni fa e con coerenza stiamo portando avanti. A Parma stiamo facendo i maggiori investimenti a livello regionale. Era giusto farlo perché stiamo realizzando un polo ospedaliero di valenza regionale e sovraregionale".

"In un luogo nuovo come questo si concentreranno competenze cliniche di eccellenza assistenziali che mettono insieme le loro forze e quindi danno un segno di riferimento che va oltre il territorio provinciale e regionale - ha aggiunto l'assessore regionale alle politiche per la salute Carlo Lusenti - Questo polo avrà una valenza fondamentale per tutto il nord del nostro paese".

FONTE: ViaEmilianet.it
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13 gennaio, 2013

Test di Ingresso: riammessi studenti esclusi a Messina, il Tar pone fine "de facto" al numero chiuso in tutti i corsi

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Stop al numero programmato universitario? Secondo l'Unione degli universitari una serie di provvedimenti dei Tar di mezza Italia decretano "la fine del numero chiuso nel nostro Paese ". Secondo gli studenti, le ordinanze che si stanno ripetendo minano alla base i princìpi stessi del numero chiuso all'università e il prossimo governo, con tutta probabilità, dovrà mettere nuovamente mano alla materia. Anche perché la Corte costituzionale si pronuncerà sulla legittimità del numero chiuso.

Già il governo Monti, attraverso il titolare del dicastero Istruzione, Università e Ricerca, Francesco Profumo, è intervenuto sulla selezione a Medicina, la facoltà più contesa (circa 80 mila studenti per poco più di 9mila posti). Quest'anno, il test di ammissione valeva per un intero raggruppamento di atenei e non più per una sola università. Ma secondo i giudici amministrativi non basta per evitare disparità di trattamento tra i cittadini italiani: di fatto un ragazzo estromesso a Milano con un certo punteggio sarebbe stato ammesso in un'altra università, magari al Sud. Ed è proprio su questo aspetto che si è pronunciato il Tar del Lazio lo scorso 21 dicembre. I giudici di Roma hanno riammesso nei rispettivi atenei gruppi di studenti di Milano, Firenze, Parma, e Messina esclusi per il punteggio troppo basso, e fuori dai posti messi a concorso, ma che con lo stesso punteggio sarebbero stati ammessi alla Sapienza di Roma. Risultato: tutti ammessi in attesa che il Tar si pronunci in via definitiva.

"Il maldestro tentativo di Profumo di risposta ai nostri ricorsi e alla probabile incostituzionalità del numero chiuso  -  dichiara Michele Orezzi, coordinatore nazionale dell'Udu  -  è stata mettere le macroaree con una graduatoria aggregata tra più atenei. Questa sentenza è la risposta nei fatti al provvedimento del ministro che abbiamo criticato fin da subito: la graduatoria dei quattro atenei per la facoltà di medicina è da considerarsi nulla". Un provvedimento che può creare un effetto domino, perché è ancora possibile  -  spiegano dall'Udu  -  ricorrere in via eccezionale al Presidente della repubblica. "Ma ci sono ancora pochi giorni disponibili", ammettono.

E sul numero programmato gli studenti aspettano il pronunciamento della Corte costituzionale: "Il Tar e il Consiglio di stato hanno già detto una cosa chiara: se dimostri che nella tua stessa facoltà, in un qualsiasi altro ateneo italiano, uno studente è entrato con un punteggio più basso del tuo, tu hai diritto ad essere immatricolato dell'ateneo dove hai sostenuto il test. E' una vera rivoluzione, la fine del numero chiuso".

Ma il sistema sembra scricchiolare anche in altre parti. A Campobasso il locale Tar ha annullato la graduatoria del test di ammissione a Medicina per l'intera macroarea  -  Campobasso, Bari e Foggia  -  perché la Commissione avrebbe richiesto ai candidati di lasciare sul banco la carta d'identità accanto al codice della prova, consentendone l'identificazione e la Procura della Repubblica ha aperto un'inchiesta. Inoltre, il Cineca  -  il consorzio di atenei che cura le selezioni a livello nazionale  -  non avrebbe compilato nessun verbale. In tre regioni Abruzzo, Marche e Sardegna i Tar hanno fatto rientrare dalla Romania, dalla Spagna e dal Belgio, gli studenti di Medicina costretti ad emigrare all'estero a causa del numero chiuso.

In questo modo, ma solo per chi ha la possibilità di iscriversi all'estero, è possibile aggirare il numero chiuso in Italia. E il Tar di Firenze ha ammesso quasi 200 ricorrenti a Ingegneria dell'ateneo di Pisa dove l'università ha introdotto "illegittimamente", secondo gli studenti, il numero chiuso a ingegneria. A Cosenza e l'Aquila è saltato il numero chiuso a Scienze della formazione, che prevede un punteggio minimo di ammissione anche se tutti i posti non vengono coperti. Secondo il Tar Lazio se i posti ci sono vanno occupati anche se i concorrenti non hanno raggiunto la soglia minima di accesso.

Stesso discorso per la facoltà di i posti destinati agli studenti extracomunitari e per i posti rimasti vacanti alla facoltà di Architettura. In tutto, sono più di 20 le ordinanze di sospensiva pronunciate tra fine dicembre e la prima settimana di gennaio dai diversi Tar italiani che hanno ammesso "con riserva" all'università decine di studenti esclusi dai test. "Si è fatta la storia  -  conclude Orezzi  -  Queste giornate saranno ricordate come un enorme passo avanti verso l'università italiana libera e aperta. E aspettando la sentenza della Corte Costituzionale possiamo dire che questa martellata dell'Udu al muro del numero chiuso ha aperto una speranza per un vero diritto allo studio e un miglior futuro per gli studenti del nostro Paese".

FONTE: Repubblica.it
AUTORE: Salvo Intravaia
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12 gennaio, 2013

Stabilità, 20mila professionisti nella sanità in bilico. Pronto soccorso a rischio

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In bilico migliaia di contratti libero professionali in corsia. Messa una pezza ai 35mila precari in scadenza, si apre un’altra falla nel personale della sanità, un buco che potrebbe gettare ugualmente nel caos servizi essenziali, a partire dai pronto soccorso. E stavolta su scala nazionale. Si stanno materializzando in questi giorni, in diversi ospedali d’Italia, le circolari che recepiscono le disposizioni della legge di stabilità pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 29 dicembre scorso. Il provvedimento prevede la proroga di sei mesi ai contratti in scadenza al 31 dicembre, ma non tutti. Dentro il personale a tempo determinato che abbia superato i tre anni, fuori gli incarichi di collaborazione. Si tratta di personale esterno cui le aziende sanitarie locali hanno fatto un massiccio ricorso negli anni per garantire servizi altrimenti impossibili col solo personale interno.

Rischiano camici bianchi, infermieri e ricercatori impiegati in regime di libera professione nei vari reparti. La platea potrebbe riguardare 20mila professionisti: 7mila medici in regime di collaborazione e 14mila incarichi libero-professionali di studio, ricerca e consulenza. Come saranno gestiti è impossibile dirlo. Il dispositivo della norma rimette ai direttori generali e del personale, in base ai propri budget di spesa, di non rinnovarli e di prorogarli solo in “via eccezionale”, al fine di completare il progetto e per ritardi “non imputabili al collaboratore”. Dai territori arrivano però i primi segnali. In Lombardia, ad esempio. “Qui si sta preparando il caos”, denuncia Gianfranco Giacobini della Cub di Lodi. “La componente privatistica è stata la stampella del servizio. All’Ospedale di Lodi abbiamo 141 precari in scadenza prorogati di sei mesi, ma anche una quarantina di incarichi libero professionali che sono stati portati a esaurimento e che alla scadenza contano solo tre rinnovi. Significa gettare il pronto soccorso nel caos. E se non accade oggi sarà domani, quando via via il peso dei mancati rinnovi si farà sentire”.

L’allarme non ha ancora raggiunto le alte sfere sindacali, a lungo in trattativa con il governo per salvare il salvabile. Ma tutto lascia presagire che presto dovranno affrontare anche questo nodo. Da una parte il blocco totale del turnover, dall’altra il rischio di emorragie del personale impossibili da controllare e perfino conteggiare. Il tutto con un governo che c’è sulla carta, dimissionario e incaricato solo dell’ordinaria amministrazione. “Inutile negarlo, tra la caduta del governo e al momento elettorale siamo di fronte a un’empasse istituzionale”, incalza il segretario della Funzione pubblica Cisl Daniela Volpato. Che spiega così la situazione: “Il Fondo sanitario nazionale è stato ridotto di un miliardo ma le nostre richieste attutire e calibrare i tagli della forza lavoro sono cadute nel vuoto. I parametri di riduzione del personale dovevano essere definiti da un decreto che non è stato emanato. Dovevano basarsi sul “Patto per la salute” che non è stato mai definito. Non c’è neppure il tavolo nazionale permanente che avevamo chiesto per avere prefigurazioni sugli effetti concreti della legge di stabilità nei livelli occupazionali e sui servizi”. Nel frattempo, però, sulla testa dei direttori generali delle aziende sanitarie si materializzano vincoli di spesa cui sono subordinati i piani occupazionali delle singole unità. “Alla fine – pronostica la Volpato – le Regioni faranno di necessità virtù, andando avanti in base al loro programma economico finanziario. I nostri delegati sono impegnati a spiegare ai direttori sanitari e agli assessori regionali che non si potranno fare tagli indiscriminati che mettano a rischio pronto soccorso, maternità e tutto quello che occorre per garantire livelli assistenziali, emergenza e urgenza”.

Anche perché poco, pare, resti da tagliare. La Ragioneria generale dello Stato ha fornito i dati riguardanti i medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale: dal 2009 al 2011 sono stati tagliati 3.360 medici. “Se guardiamo agli standard europei – spiega Licia Pera dell’esecutivo nazionale di USB Pubblico Impiego – in Italia mancano all’appello 50mila infermieri. L’affondo sul servizio sanitario pubblico è definito e finalizzato ad aprire la strada al sistema delle assicurazioni, attraverso il quale si cura solo chi può pagare mentre alla maggioranza dei cittadini si riserva un servizio pubblico residuale, caritatevole e di scarsa qualità”.

AUTORE:  Thomas Mackinson
FONTE: Il fatto quotidiano
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02 gennaio, 2013

Sanità: scatta il piano 2013 per recuperare (in tagli) 8,3 miliardi di euro

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Entro il 2014 verranno sottratti 8,3 miliardi di euro al servizio sanitario nazionale. Per recuperare quei fondi e per limitare gli sprechi è stata disegnata una nuova strategia del ministro della Salute RenatoBalduzzi. Primo passo: l’aggiornamento dei Lea, i livelli essenziali di assistenza. Quel lungo elenco di seimila voci in cui è scritto quali sono gli interventi, le visite, i ricoveri, le terapie e le analisi passati dal servizio sanitario. Si è cominciato lavorando sui livelli di assistenza, non modificati dal 2001, prevedendo una stretta in grado di ridurre soprattutto gli esami inutili.

La stretta sarà, in primo luogo, sulle indagini molto costose. Da qui, la scelta di dare una limata alle prescrizioni. Potranno sottoporsi a questi esami, dunque, solo coloro che rientreranno in una casistica che gli esperti stanno finendo di stilare. Un esempio: niente più Tac o risonanza magnetica solo per un dolore al ginocchio. In particolare a chi, per età, ha fisiologici problemi alle articolazioni. L’intervento al tunnel carpale (mano-polso) non dovrà per nessun motivo prevedere ricovero. Stesso discorso per un’operazione agli occhi come la cataratta. Alla Asl, un ricovero non appropriato, potrebbe non essere rimborsato dalla Regione.

Proprio le Regioni dovranno organizzare dei servizi in grado di verificare se la prescrizione di un esame che il medico ha fatto ad un paziente è congrua o no. Una superlente di ingrandimento controllerà almeno il 5% delle ricette. Verranno messe a confronto la patologia, la sua gravità, l’età del malato, il suo stato di cronicità e la richiesta di indagini. Per favorire i controlli il medico sarà obbligato a scrivere il sospetto diagnostico sulla ricetta. Nei casi in cui questa specifica non fosse segnata la richiesta verrà considerata nulla.

Tra i nuovi livelli di assistenza entra il parto indolore. Al momento è garantito in un numero di ospedali che non supera il 40%. Si parla di epidurale, di anestesia dal bacino in giù in grado di non far soffrire la donna, di farla comunque essere vigile e di non compromettere le condizioni psicofisiche del bambino. Una scelta che dovrebbe riuscire ad arginare l’abuso di parti cesarei: il 38% delle nascite contro il 20-25% degli altri paesi europei. Abuso di interventi con il bisturi che si traduce in un’ampia forbice tra Nord e Sud. In Campania i cesarei sfiorano il 65% mentre nel Friuli la percentuale è sotto il 25%.

Oltre a 110 malattie rare entrano nei Lea anche cinque patologie croniche molto diffuse e fino ad oggi non riconosciute: le broncopneumopatie croniche ostruttive, le ostemieliti, le patologie renali croniche, il rene policistico autosomico dominante e la sarcoidosi. Sarà il servizio sanitario nazionale a curare anche le ludopatie (compulsione a giocare d’azzardo) e le patologie derivati da uso di Talidomide. Un farmaco utilizzato alla fine degli anni Cinquanta riconosciuto come causa di gravi malformazioni nei neonati.

FONTE: Il Messaggero
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