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AFORISMA DEL GIORNO

28 aprile, 2016

Vicenza, l'assurda sfida "di aghi e cannule" fra medici e infermieri

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Una assurda sfida fra medici e infermieri sulla pelle dei pazienti. La vicenda è venuta a galla, come riporta "Il giornale di Vicenza", a conclusione di un procedimento disciplinare interno che ha visto sul banco degli imputati due medici e sei infermieri. Alla fine, un medico è stato sanzionato con la censura scritta, un infermiere con il rimprovero scritto. Erano gli unici in servizio, nel momento della competizione.

“Come va la sfida grigi contro arancioni?” chiede l’infermiere. “2 arancio 1 grigio. Il dottor… è a un prelievo senza cannula” gli risponde un collega. “Ma come, un prelievo senza cannula!! Deludente, deludente” è il commento dei contendenti. Poi il medico, con uno scatto di reni, trionfante: “Infilato un arancio, or ora. Malfidati”. “Sì, ma il punteggio complessivo com’è? Se non ho capito male… 2 arancio e un grigio contro 1 arancio. Ci vuole un rimontone”. Puntuale, la rimonta arriva: “Lombosciatalgia, 3 vie in succlavia e vittoria a mani basse” annuncia un altro infermiere. “Ancora venti minuti al fischio dell’arbitro!”. Al momento fatidico il dottore chiede: “Vediamo il tabellone”. Dialoghi surreali di malasanità, sulla pelle dei pazienti. Perché quella che è andata in scena al pronto soccorso del San Bortolo di Vicenza è stata una vera competizione combattuta da medici e infermieri, a colpi di cannule e aghi infilati nei corpi dei malati. Con tanto di cronaca in diretta via smartphone, per convalidare i punti e tenere il conto di chi ne faceva di più.

La vicenda è venuta a galla, come riporta Il giornale di Vicenza, a conclusione di un procedimento disciplinare interno che ha visto sul banco degli imputati due medici e sei infermieri. Alla fine, un medico è stato sanzionato con la censura scritta, un infermiere con il rimprovero scritto. Erano gli unici in servizio, nel momento della gara, mentre gli altri (un medico donna e cinque infermieri, tre donne e due uomini) non erano in servizio e non sono stati puniti solo per questo. Ieri mattina dall’Ulss 6 berica è venuta la conferma. “Purtroppo ciò che è stato scritto è vero…”.

La sanzione non riguarda la competizione, per la quale non è stata raggiunta una prova certa. Ma questo era il sospetto iniziale, suffragato da uno dei protagonisti, impaurito per come la vicenda stava degenerando, dopo una cena in cui “Gli amici di Maria” – così era stato battezzato il gruppo – avrebbe deciso di sfidarsi a chi era più bravo nell’infilare aghi e cannule nelle vene dei pazienti. Di colore arancione la cannula più larga (e dolorosa), di colore grigio la più sottile. Il sistema di punteggio avrebbe previsto una supervalutazione per il catetere venoso centrale.

Dopo la denuncia, il primario Vincenzo Riboni, indignato, non solo ha fatto una lavata di capo al gruppetto, ma ha coinvolto il direttore generale Giovanni Pavesi. L’avvocato Laura Tedeschi, capo dell’ufficio legale dell’Ulss, ha formulato le accuse e svolto l’istruttoria. Medici e infermieri (assistiti anche da avvocati e sindacalisti) hanno negato ogni addebito. La sentenza assolve tutti, ma con il dubbio, dall’ipotesi di una gara sulla pelle dei pazienti, anche perché nei verbali del pronto soccorso non si trovano prove sufficienti e i malati non si sono lamentati. Ma restano quelle frasi sconcertanti degli “amici di Maria”. Tanto basta per contestare lo “sviamento dall’attività istituzionale” e l’uso improprio del cellulare di servizio, con “lo scambio di messaggi di dubbio gusto e lesivo della dignità dei pazienti”. Si salvano i sei che non erano in servizio, finiscono nella rete gli altri due.

Commento del primario Riboni: “È la prima volta in oltre vent’anni che accade un episodio così grave”. Il direttore generale Pavesi: “Non è il pronto soccorso il luogo per concedersi battutine mentre c’è chi soffre, è in ansia, rischia la vita”.


FONTE: Il Fatto Quotidiano
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06 aprile, 2016

Consiglio di Stato condanna Ateneo per rincaro tasse, grazie al fallimentare governo Monti registrati aumenti rette fino al 200%

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Il Consiglio di Stato, ultimo grado di giudizio amministrativo, ha sancito giovedì il rimborso agli studenti di 1 milione e 700mila euro più interessi di tasse universitarie, condannando l’Università di Pavia per tassazione fuori legge. La riforma del sistema di contribuzione studentesca approvata nel 2010 dall’Università di Pavia portava allo sforamento del tetto previsto dalla legge, relativo al peso della contribuzione studentesca rispetto ai finanziamenti ministeriali. L’Unione degli Universitari, a Pavia, grazie agli avvocati Ticozzi, Giambelluca e Ferrari, ha portato a casa quello che gli stessi iscritti all’associazione universitaria definiscono una «vittoria storica per gli studenti italiani tutti». Il ricorso ha inizialmente visto la vittoria immediata degli studenti al TAR, vittoria poi confermata ieri in Consiglio di Stato a cui si era appellato l’ateneo Pavese.

Dichiara Jacopo Dionisio, coordinatore nazionale dell’Unione degli Universitari: «La ricerca UDU di quei tempi denunciava che gli atenei pubblici fuorilegge, come quello di Pavia, erano ben 35 su 62. Dopo l’avvio di questo ricorso, il Governo Monti cambiò la normativa, nei fatti liberalizzando la contribuzione studentesca di questo Paese, portando l’Italia ad essere il terzo paese europeo per maggiore tassazione universitaria (peggio di noi fanno solo inghilterra e Olanda, ndr). Basti pensare che la tassazione media per studente, tra il 2012 ed il 2013 è schizzata da 980,81 euro a 1.017,21 euro, fino a raggiungere i 1.052,86 del 2014. L’ingente crollo degli iscritti e’ senza dubbio una diretta conseguenza dell’aumento vertiginoso delle tasse universitarie. Anche il Consiglio di Stato ha riconosciuto la natura vincolante della normativa sulla tassazione studentesca: il gettito totale delle tasse recepito da ogni ateneo non può essere superiore al 20% di quanto ricevuto dallo Stato come Fondo di Finanziamento Ordinario. La sentenza inoltre stabilisce che la modifica della formula di calcolo di questo indicatore, introdotta dal Governo Monti nel 2012, che prevede l’esclusione delle tasse pagate dagli studenti fuoricorso dal computo del gettito complessivo, non ha valore retroattivo».

Prosegue Dionisio: «Questa sentenza è una bocciatura politica evidente per il Governo Monti, che, scardinando il vincolo del 20%, ha deformato la proporzione tra contribuzione studentesca e finanziamenti pubblici. Utilizzando il precedente criterio di calcolo, nel 2014 la contribuzione studentesca ha rappresentato ben il 23,41% del FFO. A seguito di questa bocciatura politica per l’attuale legge in vigore, ribadiamo la nostra richiesta all’attuale Governo di rivedere radicalmente la normativa, andando nella direzione di una contribuzione più equa, che passa necessariamente attraverso un abbassamento sostanziale e generale delle tasse pagate dagli studenti. La nostra non è stata, né a Pavia né altrove, una lotta contro un’Università. Con il ricorso messo in campo nel 2010 il nostro obiettivo era anche denunciare l’atteggiamento della CRUI, rimasta quasi silente di fronte la riduzione drastica dell’investimento in Università e ricerca di quegl’anni». Conclude il coordinatore nazionale dell’UDU: «L’università italiana sta morendo, e ancora una volta, con questa sentenza, si dimostra la responsabilità diffusa di questo processo, in capo anche agli atenei, che ha portato gli studenti ad essere i principali soggetti penalizzati. Ieri è stato un giorno fondamentale per le nostre battaglie: abbiamo ottenuto l’innalzamento delle soglie ISEE ed ISPE per accedere alle borse di studio e abbiamo vinto questo storico ricorso, ma non ci fermeremo di certo. Ora la politica deve avere il coraggio di riaprire la discussione per riformare il sistema di contribuzione, esistono delle proposte di legge depositate in Parlamento che rappresenterebbero una buona base di partenza. Si tratta di un passaggio necessario per costruire un’università pubblica finalmente equa ed accessibile».

FONTE: Corriere.it
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Medicina, proposta per accorpare laurea e abilitazione al fine di accorciare i tempi di ingresso nel lavoro

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Laurea e abilitazione nello stesso giorno: durante l’incontro sulla delega del lavoro in Sanità derivate dall’articolo 22 del patto della Salute, i rappresentanti del Miur hanno condiviso la proposta della Cgil, Cisl e Uil medici secondo la quale il laureando in Medicina potrà ottenere nello stesso giorno l’abilitazione alla professione e contemporaneamente la laurea. L’incontro si è tenuto al Ministero della Salute, presente il ministro Beatrice Lorenzin. «Si tratta di una notizia positiva per i futuri giovani medici - ha spiegato il segretario della Cgil Medici Massimo Cozza - che in questo modo non saranno più costretti ad aspettare anche diversi mesi per poter conseguire l’abilitazione e per poter partecipare ai test per le scuole di specializzazione e alle scuole di medicina generale che richiedono il titolo». Soddisfatta l’associazione Coordinamento mondo medico, che raccoglie le associazioni di aspiranti medici e specializzandi: «Finalmente una buona notizia che ci avvicina ai giovani europei- commenta la portavoce Maja Fedeli - È inammissibile che i medici entrino in Italia nel mondo del lavoro a 32-24 anni: ora si vada avanti sulla strada di concorsi più snelli e meno impigliati nelle burocrazia. Basta con i concorsi irregolari che rischiano sistematicamente di essere annullati».

Anche se si tratta solo di una proposta, il fatto che sia condivisa infatti spiana la strada a far entrare la norma parte della legge delega, e quindi diventare automaticamente realtà per le migliaia di giovani medici che ogni anno si laureano e devono sottoporsi ad un ulteriore esame, prima di iniziare la specializzazione. Con tempi che appunto si allungano in maniera indefinita: subito dopo la seduta di laura gli aspiranti medici, secondo il sistema attuale, devono sottoporsi a tre mesi di tirocinio, di cui un mese in una clinica medica, un mese in una chirurgica e un mese dal medico di medicina generale. Al termine di questo periodo di «stage», c’è un esame finale con quiz multipli, che si svolge solo due volte l’anno: se lo si supera, ci si abilita, e solo dopo ci si può iscrivere all’ordine professionale, con contestuale iscrizione all’Enpam. Una pratica, l’abilitazione, che consente ai giovani medici di svolgere servizio sull’ambulanza del 118, di effettuare guardie mediche, guardie turistiche, sostituzione del medico di base, oltre che di iscriversi alle scuole di specializzazione. Ma poiché gli esami per entrare nelle specializzazioni si tengono una sola volta l’anno (e non sempre nello stesso periodo: quest’anno dovrebbe essere a luglio), il rischio è che passi anche un anno e mezzo prima di riuscire a cominciare la seconda parte dell’abilitazione professionale, indispensabile per esercitare la professione in diversi ambiti. Con questa novità, invece, i tempi si accorciano.

FONTE: Corriere.it

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