Un tasso di mortalità pari al 41% in pazienti sofferenti di scompenso cardiaco e che presentano apnee diurne, contro il 26% nei pazienti con respirazione normale. E’ questo il risultato di uno studio prospettico su larga scala, pubblicato sul European Journal of Heart Failure, svolto da un team di clinici e ricercatori dell’IRCCS Fondazione Salvatore Maugeri -Istituto Scientifico di Montescano, volto a stabilire quanto gli episodi diurni di apnee, che si verificano a riposo in posizione supina, possano influire sulla prognosi dei pazienti con scompenso cardiaco.
Un monitoraggio breve (10 minuti) diurno della respirazione potrebbe, dunque, rappresentare un metodo utile ed economicamente sostenibile per selezionare i pazienti che necessitano indagini più complesse e non sempre disponibili come l’esame polisonnografico.
E’ noto che lo scompenso cardiaco rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica nei paesi evoluti, interessando l’1-2% della popolazione, e nonostante ottimi trattamenti clinici è ancora una delle principali cause di morte e disabilità. Una delle conseguenza di questa patologia sono alcune alterazioni respiratorie. Una respirazione irregolare, nella quale si alternano iperventilazione e periodi di apnea o ipoapnea, è comune nei pazienti con scompenso cardiaco, sia nel sonno che durante la veglia.
Lo studio, cui hanno collaborato anche il Dipartimento di Cardiologia del Policlinico di Monza e la Cardiovascular Medicine del John Radcliffe Hospital dell’Università di Oxford, dimostra come tali alterazioni respiratorie diurne rappresentino uno dei fattori di rischio di mortalità per cause cardiologiche, indipendentemente da altre variabili cliniche e funzionali. Questa osservazione potrebbe avere importanti implicazioni pratiche per i trial clinici che esplorano nuovi trattamenti per lo scompenso cardiaco.
Il campione selezionato era di 380 pazienti con scompenso cardiaco di varia eziologia, sui quali è stata eseguita una registrazione diurna del respiro della durata di 10 minuti, in posizione supina. I casi in cui si è osservata una alterazione respiratoria diurna sono stati 145 (38% sul totale dei soggetti studiati). Questi pazienti, prevalentemente maschi, presentavano una cardiopatia più grave (classe NYHA più alta), battito cardiaco più veloce, funzione ventricolare sinistra e parametri ematochimici più fortemente compromessi e un aumento significativo delle aritmie ventricolari.
Un periodo di follow-up medio di 41 mesi ha messo in evidenza una relazione tra la presenza di tali alterazioni e la mortalità per cause cardiache.
Le alterazioni respiratorie di tipo apneico o ipoapneico sono state quindi predittive di morte, con un rischio doppio rispetto ad un respiro normale, indipendentemente dai più importanti fattori di rischio in questi pazienti, quali la Classe NYHA (New York Heart Association - classificazione che identifica lo stato clinico e la prognosi dei pazienti con insufficienza cardiaca), la frazione di eiezione (indicatore clinico della funzione sistolica ventricolare sinistra), le dimensioni del cuore, la pressione arteriosa sistolica, il trattamento con farmaci beta-bloccanti, il picco di VO2 (consumo di ossigeno durante sforzo) e la funzione renale.
Mentre la modalità tradizionale di registrazione di più parametri fisiologici durante la notte (polisonnografia) è costosa, tecnicamente impegnativa e di conseguenza non può essere utilizzata come screening dell’ampia popolazione di pazienti con scompenso cardiaco, ottenere informazioni dalla registrazione diurna del respiro attraverso un esame di 10 minuti potrebbe essere molto più facilmente praticabile e consentirebbe di essere introdotta in studi multicentrici per la terapia dello scompenso cardiaco.
FONTE: Salute Europa.it => http://www.saluteeuropa.it/index.php/salute_europa/News/Le_apnee_diurne_sono_predittive_di_mortalita
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