Un gruppo di ricercatori del "Children's Hospital" di Philadelphia hanno pubblicato sulla rivista "Nature" i risultati di una ricerca che dimostra come ci sia una mutazione genetica particolare dietro la comparsa del neuroblastoma, una delle forme di tumore pediatrico fra le piu' aggressive. I ricercatori americani hanno scoperto una mutazione nel gene del linfoma chinasi anaplastica (alk), sottolineando la forte correlazione tra la stessa mutazione del gene alk con forme di neuroblastoma non ereditarie. Il neuroblastoma (NBL) è un tumore maligno embrionario caratteristico del bambino che prende origine dal tessuto simpatico. Fra i vari tumori solidi dell'infanzia è, dopo quelli che interessano il SNC, il più diffuso (8%), con un incidenza pari 10 casi per milione ogni anno. La sede di manifestazione del tumore cambia a seconda dell'età del soggetto: per i bambini di età inferiore ad un anno è molto diffusa la sede toracica (33%) mentre negli infanti più grandi la sede di maggiore diffusione è l'addome (55-75%). Si manifesta a tutte le età ma quasi esclusivamente si mostrano in età infantile, e solo nel 10% dei casi l'età supera quella dei 5 anni, 1,5% in età superiore ai 14 anni.
Le cause di tale manifestazione rimangono ancora sconosciute, sebbene studi hanno dimostrato che fra i fattori di rischio prenatali vi sono l'età della madre (se inferiore ai 20 anni), l'ipertensione del genitore e l'assunzione in gravidanza di barbiturici. Anche la sindrome alcolica costituisce un pericoloso precedente per lo sviluppo della massa tumorale. Fra i sintomi e i segni clinici evidenziati si mostrano astenia, febbre, calo ponderale, forme artritiche che possono essere in relazione ad una diffusione metastatica del tumore originale. Una forte diarrea invece è correlata al coinvolgimento di una secrezione anomala del peptide vaso-attivo intestinale VIP.
Uno degli scienziati che ha condotto lo studio, Yael Mossè, ha sottolineato come 'Questa scoperta ci fornisce uno strumento utile di prevenzione per le famiglie che hanno già avuto un caso di neuroblastoma; inoltre” – ha aggiunto Mossè – “al momento sono in fase di sperimentazione alcuni farmaci che agiscono sulle stesso gene che noi abbiamo identificato e ciò potrebbe comportare la creazione di farmaci da dare subito dopo il parto ai neonati portatori sani del gene, aumentando in tal modo la prevenzione per il possibile sviluppo di neuroblastoma”.
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