Novità importanti per tutti i pazienti malati di SLA, sigla che indica la grave malattia degenerativa “ Sclerosi Laterale Amiotrofica”. Uno studio internazionale condotto su circa 300 persone affette da tale patologia ha permesso di individuare nel gene KIFAP3 una possibile chiave per incrementare le prospettive di vita dei pazienti ritardando gli effetti devastanti della malattia: un decremento della proteina che deriva dalla espressione di tale gene avrebbe apportato statisticamente un aumento della sopravvivenza fino al 30% rispetto alla media dei malati di Sla. Questo potrebbe a breve termine portare allo sviluppo di farmaci che possano ritardare il decorso e preparare a una possibile terapia.
La ricerca è stata condotta da un consorzio guidato da John E. Landers e Robert H. Brown Jr. del “Day Laboratory for Neuromuscular Research” dell'Università del Massachusetts a Boston e i risultati incoraggianti sono stati recentemente pubblicati sulla rivista “Pnas”. Allo studio hanno contribuito l'Irccs Istituto auxologico italiano-università degli Studi di Milano (con Vincenzo Silani) e il Centro Dino Ferrari dell'ospedale Maggiore-Policlinico (Nicola Ticozzi).
Il gene è stato identificato grazie allo screening di quasi 300 mila marcatori genetici, attraverso la tecnica Whole Genome Association o WGA. Apportando una modifica si determina la ridotta produzione di una proteina coinvolta nel trasporto degli organuli cellulari lungo gli assoni dei motoneuroni, e ciò determinerebbe biologicamente una regressione della degenerazione delle stesse. Il gene KIFAP3 potrebbe rappresentare quindi in futuro un bersaglio genetico ideale per nuove strategie terapeutiche volte a prolungare la sopravvivenza dei pazienti, tanto da far dichiarare all’autore della ricerca Vincenzo Silani “Se riesco ad allungare il decorso della malattia fino all'infinito allora significa che la curo. Il metodo messo a punto potrebbe essere utile nei casi di Sla sporadica. I pazienti potrebbero riuscire a vivere molto più a lungo poiché sarebbero limitati i devastanti effetti caratteristici del morbo, allungando il decorso del male. Nessun effetto invece se si tratta di sclerosi familiare”. I dati positivi relativi a tale studio sono stati confermati poco tempo dopo su di una applicazione attuata su circa 300 soggetti italiani affetti da SLA, questi esprimevano un polimorfismo che determinava una riduzione dell’espressione di KIFAP3 ed evidenziavano appunto una significativa estensione della loro sopravvivenza.
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