E' stata individuata la "mappa" dei geni responsabili della pressione alta: la scoperta potrebbe in futuro aiutare a trovare nuove cure, basate su farmaci più efficaci, a contrastare una malattia che ogni anno causa oltre 240.000 morti pari al 40% di tutte le cause di decesso. Sono stati scoperti nuovi geni legati alla regolazione della pressione del sangue grazie a una ricerca che ha coinvolto numerosi gruppi di studio a livello mondiale, compresi ricercatori italiani.
I ricercatori della “Johns Hopkins University School of Medicine”, insieme con un team internazionale di collaboratori, hanno identificato mutazioni genetiche associate con le caratteristiche alterazioni dei valori ematici che si registrano nell'ipertensione. Lo studio, pubblicato online sulla rivista “Nature Genetics”, spiega come per identificare i geni coinvolti nel mantenimento della pressione sanguigna e nell’instaurarsi della ipertensione, i ricercatori hanno analizzato le differenze genetiche di quasi 30.000 persone di discendenza europea la cui pressione arteriosa sistolica media variava da 118 mm Hg a 143 mm Hg e della pressione sanguigna diastolica media varia da 72 mm Hg a 83 mm Hg. Queste persone facevano parte di uno studio a lungo termine di salute e di malattia cardiovascolare sostenuto dal National Institutes of Health chiamato “Aric” (Atherosclerosis Risk In Community). I ricercatori hanno cercato le differenze genetiche che potevano essere poste in correlazione con l’elevata pressione del sangue e hanno trovato 11 varianti o modifiche in sequenza di DNA.
"Sorprendentemente, nessuno dei geni che abbiamo identificato come aventi in comune delle parti variabili fanno parte del sistema che sappiamo che regola la pressione del sangue - i geni individuati non sono quelli mirati dagli attuali farmaci prescrivibili per controllare l'ipertensione", spiega Aravinda Chakravarti, Ph.D. ., capo del Centro per la genomica delle malattie complesse in Nathans McKusick-Istituto di Medicina Genetica a Hopkins. "Se saremo in grado di aumentare il numero di geni coinvolti nel mantenimento della pressione del sangue dalle attuali 12 a 50, cosi come si prevede nei prossimi anni, allora la nostra comprensione della biologia cambierà completamente."
Cambiamenti in un gene, ATP2B1, sono stati collegati ai cambiamenti di pressione che portano all’ipertensione. Il gene ATP2B1 permette la sintesi di una proteina che avrebbe il compito di pompare il calcio fuori dalle cellule muscolari che avvolgono l’endotelio dei vasi, riducendo in tal modo lo stato di contrazione delle stesse e aumentando il diametro dei vasi. Cambiamenti nella SH2B3, una proteina coinvolta nella risposta immunitaria, sono stati collegati anche ad possibile coinvolgimento nell’aumento della pressione arteriosa.
Secondo Chakravarti, ciascuna delle differenze genetiche trovate sono comunemente riscontrabili nella popolazione e provocano solo piccoli cambiamenti nella pressione sanguigna. Questo studio, egli dice, sostiene l'idea che i cambiamenti in molti geni contribuiscono a predisporre a una elevazione della pressione del sangue e dunque a causare ipertensione. Chakravarti ritiene che la combinazione di molteplici cambiamenti in diversi geni possono aumentare notevolmente la pressione del sangue, anche se l'effetto di ogni singolo cambiamento sulla pressione sanguigna è piccolo.
Autori sulla carta sono Daniel Levy, Andrew D. Johnson, Ramachandran S. Vasan, Shih-Jen Hwang, K. Santhi Ganesh, Christopher J. O'Donnell, Emelia J. Benjamin, Caroline S. Fox, Thomas J. Wang e Martin G. Larson del National Heart, Lung, e il Sangue Istituto; Kenneth Rice, Nicole L. Glazer, Thomas Lumley, Giosuè Bis e Bruce M. Psaty di University of Washington; Germaine C. Verwoert, Abbas Dehghan, Yurii Aulchenko, Fernando Rivadeneira, Francesco US-Mattace Raso, Eric JG Sijbrands, Albert Hofman, André G. Uitterlinden, Jacqueline CM Witteman e Cornelia M. van Duijn di Erasmus Medical Center; Lenore J. Launer Tamara B. Harris e del National Institute of Aging; Alanna C. Morrison ed Eric Boerwinkle della Università del Texas Health Science Center; Thor Aspelund, Gudny Eiriksdottir, Albert V. Smith e Vilmundur Gudnason del islandese Heart Association; Xiuqing Guo, Kent Taylor e Jerome I. Rotter del Cedars-Sinai Medical Center; F. Gary Mitchell di Ingegneria Cardiovascolare Inc.; Gerardo Heiss di Carolina Cardiovascolare Biologia; e Georg B. Ehret, Anna Köttgen, Dan E. ARCATURA, Robert B. Scharpf, Josef Coresh e Aravinda Chakravarti della Johns Hopkins University School of Medicine.
Intanto, per sensibilizzare l'opinione pubblica su questa malattia, che predispone anche allo sviluppo di malattie renali e diabete, il 17 maggio 2009 si svolgerà la V Giornata Mondiale contro l'Ipertensione Arteriosa. La Giornata è promossa in tutto il mondo dalla World Hypertension League. I dati relativi all'Italia mostrano che circa il 30% della popolazione, ovvero 15 milioni di persone, soffre di ipertensione arteriosa. Ma è stato anche rilevato che, nonostante la disponibilità di terapie efficaci per la grande maggioranza dei casi, solo un paziente iperteso su 5 è adeguatamente curato. La Società Italiana dell'Ipertensione Arteriosa (SIIA) aderirà all'evento promuovendo sul territorio iniziative di informazione. In numerosi capoluoghi di provincia, inoltre, con il supporto della Croce Rossa Italiana, verranno allestite delle postazioni per offrire ai cittadini l'opportunita' di un controllo gratuito della pressione arteriosa. Grazie al supporto della FOFI (Federazione Ordini Farmacisti Italiani) e di Federfarma (Federazione Nazionale Titolari Farmacia Italiani), 17.000 farmacie distribuiranno, nella settimana precedente la Giornata, i depliant informativi realizzati dalla SIIA.
AFORISMA DEL GIORNO
11 maggio, 2009
1 commento:
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Interessante articolo, però le affermazioni di Aravinda Chakravarti spostano il problema e non cci dicono quale sia il potenziale predittivi delle varianti individuate. La realtà è che la maggior parte degli studi sulla componente genetica delle patologie complesse è orientato verso il genome-scan, cioè cercare di identificare sempre più varianti in studi caso controllo, mentre sarebbero necessari studi prospettici sulle tante varianti già identificate.
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