Un gruppo di scienziati di Londra, che hanno pubblicato i risultati su 'Current Biology', sono riusciti per la prima volta a capire la posizione di una persona in una stanza virtuale 'guardando', con le tecniche di scansione, il cervello a livello dell'area nota come ippocampo, una delle piu' interessate all'immagazzinamento dei ricordi. Con la scansione di aree cerebrali che si attivano quando ci spostiamo e' stato fatto un passo avanti nella lettura della mente.
L'ippocampo è parte del cervello, localizzato nella zona mediale del lobo temporale. Fa parte del sistema limbico e svolge un ruolo importante nella memoria a lungo termine e nella navigazione spaziale. Gli esseri umani e gli altri mammiferi possiedono due ippocampi, uno in ogni emisfero del cervello. Nei roditori, animali in cui l'ippocampo è stato studiato in maniera approfondita, l'ippocampo ha all'incirca la forma di una banana. Nell'essere umano, ha una forma curva e convoluta, che ispirò ai primi anatomisti l'immagine di un cavalluccio marino. Il nome, infatti, deriva dal greco (Greco: hippos = cavallo, campos = mare).
Anatomicamente, l'ippocampo è una elaborazione del bordo della corteccia. Si può distinguere come zona a se stante dove la corteccia si assottiglia in uno strato singolo di neuroni densamente organizzati, che si piega a formare una S molto stretta. La struttura che si allinea al bordo della corteccia forma il cosiddetto sistema limbico (dal Latino limbus = limite): questo include l'ippocampo, la corteccia del cingolato, la corteccia olfattiva e l'amigdala. Paul MacLean ha suggerito, nella sua teoria del Triunbrain (cervello trino), che le strutture limbiche costituiscono la base neurale delle emozioni. Tuttavia, la maggior parte degli neuroscienziati non considerano più come valido il concetto di "sistema limbico unificato.
L'ippocampo mostra due principali "modalità" di attività, ciascuna delle quali associata a un distinto pattern di onde EEG e di attività di popolazione neurale. Queste modalità prendono il nome dai pattern EEG ad esse associate: theta e LIA (large irregular activity - ampia attività irregolare). Qui si trovano alcune delle loro maggiori caratteristiche nel ratto, l'animale più ampiamente studiato:
Nel morbo di Alzheimer, l’ippocampo è una delle prime regioni del cervello a soffrire dei danni; deficit di memoria e disorientamento sono i primi sintomi che compaiono. Lesioni all’ippocampo possono occorrere anche come conseguenza di mancanza di ossigeno (anossia), encefalite o epilessia del lobo temporale mesiale. Le persone che presentano danni estesi al tessuto ippocampale possono mostrare amnesia, cioè incapacità di formare o mantenere nuovi ricordi.
Forse la primissima ipotesi è stata quella che vedeva l’ippocampo coinvolto nell’olfatto, ipotesi probabilmente suggerita principalmente dalla sua localizzazione all’interno del cervello, vicino alla corteccia olfattiva. Continua a permanere un certo interesse per il coinvolgimento dell’ippocampo nelle funzioni olfattive, ma ormai quasi più nessuno crede che la funzione primaria dell’ippocampo sia l’olfatto.
Negli anni, in merito alla funzione dell’ippocampo si sono avute tre idee dominanti in letteratura: l’inibizione, la memoria e lo spazio. La teoria dell’inibizione comportamentale (ironicamente definita da O'Keefe e Nadel “un piede sul freno!”) fu molto popolare fino agli anni ’60. Molta della sua forza traeva origine da due osservazioni: in primo luogo, gli animali il cui ippocampo era danneggiato tendevano ad essere iperattivi; la seconda, che gli animali con danni al tessuto ippocampale mostravano spesso difficoltà ad apprendere di inibire delle risposte che erano state loro insegnate prima. Jeffrey Gray sviluppò questa linea di pensiero in una teoria vera e propria sul ruolo dell’ippocampo negli stati d’ansia. La teoria dell’inibizione non è, tuttavia, molto popolare oggigiorno.
La seconda importante linea di pensiero associa la funzione dell'ippocampo alla memoria. Sebbene ci siano state precedenti teorie a riguardo, quella che riveste maggiore importanza si deve al celebre trattato di Scoville e Milner sulle conseguenze della distruzione chirurgica dell'ippocampo (nel tentativo di eliminare le crisi dovute all'epilessia), osservate in un paziente chiamato H.M. Inaspettatamente il paziente presentava una grave amnesia: H.M. non era in grado di ricordare cosa gli fosse accaduto dopo l'operazione o eventi accaduti in precedenza, anche in un lasso temporale di anni. Questo fatto destò un interesse tale che si può dire che H.M. sia il caso medico più studiato della storia. Negli anni seguenti, altri pazienti che presentavano simili disfunzioni mnemoniche legate a lesioni ippocampali (dovute a un incidente o malformazioni congenite) sono stati studiati con la stessa intensità, e sono stati effettuati letteralmente migliaia di esperimenti riguardanti la fisiologia della plasticità neurale nell'ippocampo. Oggi non vi sono quasi più divergenze di opinioni sull'importanza dell'ippocampo, considerato quasi universalmente come sede della memoria. Tuttavia, il ruolo specifico che gioca in relazione a questa funzione psichica rimane tuttora oggetto di dibattiti.
Gli psicologi e i neuroscienziati generalmente concordano nell’affermare che l’ippocampo svolge un ruolo importante nella formazione di nuove memorie riguardanti eventi vissuti (memoria episodica o memoria autobiografica) . Alcuni ricercatori preferiscono considerare l’ippocampo come parte di un più ampio sistema mnemonico del lobo temporale mediale, responsabile in generale della memoria dichiarativa (ricordi che possono essere esplicitamente verbalizzati — questi includerebbero, per esempio, la memoria semantica oltre che la memoria episodica).
Alcune prove supportano l’ipotesi che, sebbene alcune forme di memoria spesso durino per tutta la vita, l’ippocampo smetta di svolgere un ruolo cruciale nella ritenzione del ricordo dopo un periodo di consolidamento. I danni all’ippocampo generalmente portano a gravi difficoltà nella formazione di nuovi ricordi (amnesia anterograda) e normalmente danneggia anche l’accesso ai ricordi precedenti al danno (amnesia retrograda). Anche se l’effetto retrogrado generalmente si estende ad alcuni anni precedenti al danno, in alcuni casi i ricordi più remoti permangono – questo risparmio di memorie più vecchie ha portato all’idea che il consolidamento nel tempo comporti il trasferimento delle memorie al di fuori dell’ippocampo verso altre parti del cervello. Tuttavia, la sperimentazione incontra grandi difficoltà nel misurare il permanere di queste memorie più antiche; inoltre, in alcuni casi di amnesia retrograda, questo permanere sembra coinvolgere ricordi formatisi decine di anni prima all’occorrere della lesione all’ippocampo, qui il suo ruolo nel mantenimento di queste remote memorie rimane dubbio.
Danni all’ippocampo non hanno effetti su alcuni aspetti della memoria, come ad esempio la capacità di acquisire nuove abilità motorie (come suonare uno strumento musicale): ciò suggerisce che questo tipo di abilità dipendano da un tipo diverso di memoria (memoria procedurale) e da diverse regioni cerebrali. Ci sono inoltre prove che il paziente H.M. (a cui furono asportati bilateralmente i lobi temporali mediali come trattamento per l’epilessia ) sia in grado di formare nuova memoria semantica.
Fu l'anatomista Giulio Cesare Aranzi (nel 1564 circa) ad utilizzare per primo il termine ippocampo per descrivere questo organo cerebrale a causa della sua somiglianza con il cavalluccio marino. Questo organo fu inizialmente collegato al senso dell'olfatto pittosto che quelle che sappiamo ora essere le sua funzioni nell'ambito della formazione delle tracce di memoria. Il russo Vladimir Bekhterev notò il ruolo dell'ippocampo nelle funzioni mnemoniche attorno al 1900, basandosi sull'osservazione i un paziente con gravi disturbi di memoria. Ad ogni modo, per parecchi anni, il ruolo dell'ippocampo convenzionale era quello, come il resto del sistema limbico di responsabile delle emozioni.
L'importanza dell'ippocampo nei processi di memoria fu portato all'attenzione dei ricercatori dal paziente HM. HM soffriva di diversi deficit della memoria anterograda e cronologici (disturbi di questo genere sono diventati poi il soggetto di film quali Memento) a seguito della rimozione bilaterale di diverse strutture del lobo temporale mediale (inclusa l'ablazione bilaterale degli ippocampi) per prevenire le frequenti crisi epilettiche. Particolarmente rilevante fu l'osservazione che HM era ancora in grado di apprendere i compiti procedurali (che sono associati al tessuto striato e che il suo QI era rimasto al di sopra della media. Il caso di HM dimostrò una chiara dissociazione tra intelligenza e memoria dichiarativa. Le dimensioni relative della formazione ippocampale in relazione al volume totale del cervello sono spesso conservate nella maggior parte delle specie di mammiferi, anche se si è riscontrata una certa ipotrofia nei cetacei.
FONTE: Wikipedia, Kandel Fisiologia,
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