La vitamina D puo' contribuire a ridurre il declino mentale della terza eta'. E' quanto indica uno studio condotto da ricercatori britannici e statunitensi su 2mila persone di 65 anni e oltre, secondo il quale i soggetti che mostravano livelli di vitamina D piu' bassi avevano il doppio di probabilita' di accusare disturbi cognitivi. La scoperta potrebbe avere conseguenze significative nella terapia dell'Alzheimer e di altre forme di demenza; la vitamina D serve a mantenere la funzionalita' del sistema osseo, favorisce l'assorbimento di calcio e fosforo e rafforza il sistema immunitario.
La vitamina D è un gruppo di pro-ormoni liposolubili; il Gruppo si presenta sotto due forme principali dall'attività biologica molto simile: il colecalciferolo (D3), derivante dal colesterolo e sintetizzato negli organismi animali, e l'ergocalciferolo (D2), di provenienza vegetale (ergosterolo).
Pochi alimenti contengono quantità apprezzabili di vitamina D. Un alimento particolarmente ricco è l’olio di fegato di merluzzo. Seguono, poi, i pesci grassi (come il salmoni e le aringhe), il latte ed i suoi derivati, le uova, il fegato e le verdure verdi.
Le prime alterazioni, in caso di deficienza di vitamina D, consistono in: diminuzione dei livelli sierici di calcio e fosforo con conseguente iperparatiroidismo secondario ed aumento della concentrazione di fosfatasi alcalina.
Successivamente si hanno alterazione dei processi di mineralizzazione con rachitismo (nel bambino) ed osteomalacia (nell’adulto) e debolezza muscolare, deformazione ossea e dolori. Alcuni Studi del 2006 hanno portato alla luce come la carenza di vitamina D possa essere collegata con la sindrome influenzale.
La storia della scoperta della vitamina D parte nel 1919 quando venne evidenziato, da Huldschinsky, che bambini affetti da rachitismo guarivano se esposti alla luce ultravioletta. Un risultato simile lo si ottenne nel 1922 da A.F. Hess e H.B. Gutman usando, però, la luce solare e nello stesso periodo venne ipotizzata da Mc Collum l’esistenza di un composto liposolubile essenziale per il metabolismo delle ossa, studiando l’azione antirachitica dell’olio di fegato di pesce dal quale riuscì ad identificare una componente attiva. Già nel 1919-1920 Sir Edward Mellanby era pervenuto ad un’ipotesi simile studiando cani cresciuti sempre al chiuso. Nel 1923 Goldblatt e Soames riuscirono a dimostrare che quando il 7-deidrocolesterolo, presente nella pelle, viene colpito dai raggi ultravioletti esso dà origine ad un composto avente la stessa attività biologica del composto lipofilo di Mc Collum. La struttura della vitamina D venne identificata nel 1930 da A. Windaus.
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