L'encefalopatia etilmalonica è causata da mutazioni nel gene ETHE1 (608451), il quale codifica una proteina della matrice mitocondriale. Descritta per la prima volta da Burlina ed altri (1991), è una sindrome caratterizzata da aciduria etilmalonica e metilsuccinica e acidemia lattica associate con ritardo dello sviluppo, acrocianosi, petechiae e diarrea cronica. Il difetto metabolico sottostante è sconosciuto. L'attività in vitro della acil-CoA deidrogenasi a catena corta e della acil-CoA deidrogenasi a catena 2-metil-ramificata, 2 enzimi la cui carenza potrebbe teoreticamente produrre i ritrovamenti biochimici osservati nella encefalopatia etilmalonica, vennero trovati essere normali (Burlina ed altri, 1994).
Nel 1998 Nowaczyk ed altri scienziati riportarono il caso di un fratello e sorella con encefalopatia etilmalonica e malformazioni nel sistema nervoso centrale. Il fratello, più giovane, venne esaminato all'età di 4 anni perché aveva un fenotipo simile alla sorella (episodici atassia, diarrea cronica, e acrocianosi) e presentava una ectopia cerebellare tonsillare (malformazione di Chiari I). Queste anomalie vennero dimostrate con le immagini a risonanza magnetica (MRI).
Ieri la prestigiosa rivista “Nature Medicine” ha annunciato la nuova importante scoperta del Centro di Ricerca sulle Malattie Mitocondriali “Fondazione Pierfranco e Luisa Mariani”, presso l'Istituto Neurologico “Carlo Besta”. Il team di ricercatori diretti da Valeria Tiranti e Massimo Zeviani era già approdato per primo nel 2003 alla scoperta che l'alterazione del gene 'ETHE’ determinava una rarissima malattia del metabolismo conosciuta come Encefalopatia Etilmalonica. Oggi, gli stessi ricercatori annunciano di aver compreso il complesso meccanismo che trasforma la mutazione genetica in una malattia fatale. Al mondo esistono meno di 40 persone affette da tale patologia che, per questo, è l'emblema delle tante malattie orfane troppo spesso ignorate dalla ricerca scientifica.
Una malattia dalla prognosi infausta. Studiando topi affetti dalla mutazione ETHE-1, i ricercatori hanno scoperto che in questi animali manca una proteina cruciale chiamata in termine tecnico “deossigenasi”, che ha la funzione di detossificare le cellule da un prodotto di scarto del metabolismo energetico, l'acido solfidrico. L'accumulo di acido provoca di conseguenza un' intossicazione cronica fatale che conduce progressivamente alla distruzione dei tessuti ed al persistere di uno stato infiammatorio cronico.
Questa ricerca, finanziata anche con soldi scaturiti dalle raccolte “Telethon”, segna da una parte un nuovo importante successo scientifico e apre una speranza per il futuro per malati e familiari, perchè adesso si potrà finalmente iniziare la ricerca di una cura, che si baserà verosimilmente su farmaci capaci di inibire la produzione di acido solfidrico o di ripristinare la funzione detossificante del sistema mitocondriale attivato dal del gene ETHE-1.
"Raggiungere risultati come questi, riguardo a una malattia rara, è già un traguardo straordinario data la limitata disponibilità di risorse disponibili in quest'area della ricerca - commenta l'Avvocato Antonio Magnocavallo, presidente della Fondazione Mariani, - ma vedere lo stesso gruppo di scienziati fare tanti progressi in pochi anni è soprattutto testimonianza di qualità e di grande preparazione scientifica di cui dobbiamo essere orgogliosi".
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