Uno studio italiano pubblicato sulla rivista “Cell Metabolism” suggerisce che alla base della SLA o “Sclerosi laterale amiotrofica” vi sia una alterazione a livello muscolare e non a livello neurologico cosi come finora pensato. La Sla è una patologia che determina una lenta e inesorabile degenerazione delle capacità motorie e mentali del soggetto e recentemente posta sotto la lente delle cronache per l’elevata frequenza con cui ha colpito numerosi sportivi degli anni ’60 e ’70. Per molto tempo si è pensato che alla base vi sia un lento “spegnimento” dei motoneuroni del midollo spinale, cioè dei neuroni deputati all’effettivo controllo, tramite impulsi nervosi elaborati dai centri superiori del sistema nervoso, delle fibre muscolari.
La ricerca, finanziata da Telethon e dall'Associazione statunitense per la lotta alla distrofia muscolare (Mda), è stata coordinata da Antonio Musarò, dell'università di Roma Sapienza. Come spiegato dal suo coordinatore, la ricerca “ha evidenziato un legame tra la progressiva atrofia dei muscoli e la successiva comparsa dei sintomi della malattia. Senza un'apparente degenerazione dei motoneuroni”. In pratica, la ricerca ha puntato a dimostrare l'ipotesi che il muscolo scheletrico sia un bersaglio primario dell'effetto tossico della “mutazione SOD1”, una proteina che agisce come potente antiossidante rimuovendo i radicali liberi dal citoplasma delle cellule, a prescindere dalla degenerazione dei motoneuroni. Afferma il ricercatore come “Abbiamo sfatato un dogma della patologia, dimostrando che la Sla è una malattia multisistemica”. Tale scoperta spiegherebbe gli scarsi risultati ottenuti con la terapia convenzionale, che agisce su un bersaglio parziale.
La sperimentazione è stata condotta nei laboratori del dipartimento di Istologia ed embriologia medica dove i ricercatori hanno generato un topo modificato, modello della malattia, nel quale gli effetti del gene mutato si producono solo nei confronti dei muscoli volontari. “Nella cavia si è osservata la progressiva atrofia dei muscoli e la successiva comparsa degli altri sintomi della malattia, senza una apparente degenerazione dei motoneuroni, contrariamente all'ipotesi dominante che li vuole bersaglio primario della Sla. Quello che risulta dal nostro lavoro” - spiega Musarò – “è un nuovo modo di vedere la malattia. Finora le conoscenze erano limitate ai motoneuroni, ma adesso è chiaro che il ruolo di queste cellule non è determinante. La sola modificazione delle caratteristiche dei motoneuroni non è di per sé indice della patologia”.
Questa scoperta va ad aprire nuovi scenari terapeutici. “La prospettiva è quella di monitorare il quadro patologico del muscolo e agire a livello muscolare con trattamenti farmacologici, cellule staminali o terapia genica”.
AFORISMA DEL GIORNO
06 novembre, 2008
1 commento:
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Scusate, ma vorrei accertarmi di aver ben capito: quindi il danno dovuto all'alterazione del gene che codifica per la superossido dismutasi sarebbe da ricercare nella carenza dell'azione protettiva verso il DNA contenuto nel nucleo delle cellule muscolari, anzichè verso il DNA del motoneurone? Grazie a chiunque mi risponderà, Marina.
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