Vietare la sigaretta elettronica nei luoghi pubblici, al pari della «bionda» classica. È questo il parere del Consiglio Superiore di Sanità, che raccomanda anche precauzioni per l'utilizzo delle e-cig da parte dei giovani e attenzione alle categorie a rischio come le donne in gravidanza. In particolare, il dispositivo andrebbe vietato nelle scuole per proteggere i giovani. Il parere, non vincolante e ispirato «alla migliore evidenza scientifica, alla protezione delle fasce deboli e alle azioni del governo francese», è stato trasmesso al ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Gli esperti dell'organo consultivo del Ministero si sono avvalsi del contributo dell'Agenzia del Farmaco e delle rappresentanze delle industrie. Valutate anche le motivazioni della scelta francese per lo stop delle sigarette elettroniche nei luoghi pubblici. Il ministro Lorenzin aveva detto di voler aspettare il pronunciamento del Css prima di prendere decisioni sulla sigaretta elettronica perché «si tratta di una materia molto complicata».
Oltralpe Marisol Touraine, ministra francese degli Affari sociali e Salute, ha annunciato nei giorni scorsi l'intenzione di vietare le sigarette elettroniche in bar e ristoranti e, in tutti i casi, ai minorenni. Dunque, l'obiettivo è quello di assimilare le e-cig al tabacco tradizionale, impedendo anche la promozione pubblicitaria. «Non è un prodotto banale - ha spiegato Touraine -. Dobbiamo applicare le stesse misure imposte per il tabacco: fare in modo che non possa più essere fumata nei luoghi pubblici, che la vendita sia vietata ai minori di 16 anni e che non si possa pubblicizzare».
Plaude all'iniziativa francese Silvio Garattini, direttore dell'Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri, secondo cui «le notizie che arrivano da Parigi servono a rafforzare opinioni già consolidate tra gli esperti italiani». Garattini si dice «assolutamente d'accordo» con il divieto annunciato dal ministro francese della Salute, «perché non ci sono dati controllati con test scientifici adeguati che permettano di stabilire se la sigaretta elettronica sia in grado, in quale misura e per quanto tempo, di disintossicare dall'abuso del tabacco. Ci vuole una regolamentazione più rigida anche in Italia - insiste Garattini -, perché non si sa con certezza quanta nicotina viene aspirata con la sigaretta elettronica. E poi ci sono modelli che rilasciano nicotina e altri che impiegano sostanze chimiche che producono la sensazione di aspirare vaniglia, fragola o cioccolata e non ci sono studi che attestino la sicurezza di questi composti, e gli eventuali danni a lungo termine. Ed è allarmante che molti giovani inizino a fumare proprio con le sigarette elettroniche, come se fosse un accessorio di tendenza, rischiando di diventare dipendenti dal tabacco senza aver di fatto mai fumato una sigaretta vera».
Nei giorni scorsi c'era stata anche la presa di posizione dell'Agenzia italiana del farmaco, secondo cui «tutto ciò che contiene materie prime farmacologicamente attive deve essere considerato farmaco e anche le sigarette elettroniche dovrebbero essere regolamentate secondo la Direttiva concernente i prodotti medicinali». Per l'Aifa è indispensabile definire la quantità di nicotina presente e stabilire delle specifiche qualitative minime «poiché le sostanze inalate variano non solo in base al liquido inserito, ma anche alla composizione del materiale plastico e alla temperatura raggiunta dal dispositivo stesso». «Inoltre - evidenzia ancora l'Aifa - si dovrebbe informare l'opinione pubblica sui possibili rischi dovuti sia alla presenza di sostanze dannose, sia per l'induzione di deviazioni comportamentali che possono riattivare o incrementare l'abitudine al fumo».
FONTE: Corriere.it
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