Controllo delle ipoglicemie, interventi più mirati sugli stili di vita e nuovi test per arrivare alla diagnosi del diabete di tipo 1 il prima possibile. Sono alcune delle novità presentate al 73° congresso dell'American Diabetes Association in corso a Chicago. L'attenzione dei ricercatori è sempre più focalizzata sul controllo delle ipoglicemie che sono una delle principali conseguenze del paziente in terapia con le insuline. Uno spiacevole effetto collaterale che può indurre il paziente a somministrarsi una dose inferiore del farmaco o addirittura a non prenderlo per scongiurare questo rischio. L'ipoglicemia può causare perdita dei sensi, coma, cadute e quindi fratture e nei casi più gravi persino la morte, specie se si tratta di episodi notturni.
Tra le novità in corso di sperimentazione presentate all'Ada, c'è un dispositivo intelligente in grado di intervenire quando i livelli di glicemia nel sangue scendono troppo, riducendo così la durata e l'incidenza delle ipoglicemie notturne. "Questa nuova tecnologia che l'FDA sta valutando rappresenta una svolta strategica nello sviluppo di un pancreas artificiale", ha dichiarato al congresso Rich Bergenstal, direttore esecutivo dell'International Diabetes Center e principale autore dello studio ASPIRE (Automation to Stimulate Pancreatic Insulin Response) pubblicato sul New England Journal of Medicine.
Mirano alla riduzione delle ipoglicemie anche i nuovi farmaci in arrivo tra cui degludec, un'insulina basale a lento rilascio che ha dimostrato di ridurre del 43% il rischio di ipoglicemie notturne. "Il meccanismo d'azione del degludec è davvero innovativo perché assicura il rilascio di insulina in modo costante nell'arco di 24 ore con una durata superiore alle 42 ore", spiega Francesco Giorgino, ordinario di Endocrinologia all'università di Bari. "Questo significa che se il paziente dimentica di assumere l'insulina alla solita ora, non corre il rischio di andare in ipoglicemia perché degludec permette una flessibilità nell'orario di somministrazione con un intervallo minimo di otto ore".
Proprio all'Ada sono stati presentati i dati su degludec dello studio Once Long condotto nell'arco di due anni su 4330 pazienti con la compilazione di un questionario internazionale utilizzato per misurare la qualità di vita dei pazienti. I dati hanno evidenziato un miglior punteggio relativo allo svolgimento delle comuni attività quotidiane, come camminare e vestirsi. Inoltre, il gruppo trattato con degludec ha totalizzato un punteggio più favorevole in relazione al malessere fisico, in grado di condizionare le attività giornaliere. La 'nuova insulina' ha già ricevuto l'approvazione dell'Agenzia europea del farmaco e dovrebbe essere disponibile a breve anche in Italia.
Fare attività fisica e seguire una dieta equilibrata purtroppo non basta a far diminuire il rischio di eventi cardiovascolari nei pazienti obesi affetti da diabete di tipo 2. È quanto emerge dallo studio Look Ahead (Action for Health in Diabetes) condotto su oltre 5000 adulti obesi o sovrappeso tra i 45 e i 76 anni diagnosticati con diabete di tipo 2 e seguiti per oltre 11 anni. I partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi: uno ha seguito una dieta e un programma di attività fisica e l'altro, invece, ha frequentato delle sessioni di counselling su nutrizione, attività fisica e in generale stili di vita.
Al termine si è visto che anche se nel primo gruppo c'è stata una riduzione del peso dell'8,6%, il rischio di complicanze cardiovascolari non si è ridotto in confronto al gruppo di pazienti che avevano ricevuto solo un supporto informativo senza seguire alcuna dieta o programma sportivo. Dunque, quanto contano gli stili di vita? "I risultati di questo studio non devono indurci a pensare che l'attività fisica non svolga un ruolo fondamentale per la prevenzione e la cura del diabete", chiarisce Stefano Del Prato, presidente della Società italiana di Diabetologia. "Numerose ricerche hanno dimostrato che muoversi serve sia perché permette la perdita di grasso addominale sia perché migliora la captazione del glucosio. Per cui il paziente va sempre incoraggiato a svolgere un'attività fisica".
Fondamentale naturalmente anche l'alimentazione. "Non esiste una dieta per il diabetico, ma ci sono delle regole alimentari che dovremmo seguire tutti a partire dai nostri figli". Prima regola, quella di imparare a contare quanti carboidrati portiamo in tavola sia quelli a tutti noti (pane, patate, pizza) sia quelli nascosti per esempio nelle banane, nei mirtilli o nelle carote disidratate.
Infine, individuare il prima possibile i soggetti a rischio di diabete di tipo 1. È questo l'obiettivo dei ricercatori dell'American Diabetes Association che insieme alla Juvenile Diabetes Research Foundation stanno elaborando un test del rischio che include parametri come l'Indice di Massa Corporea, i livelli di C-peptide a digiuno e quelli di glucosio.
FONTE: Repubblica.it
AFORISMA DEL GIORNO
26 giugno, 2013
Diabete di tipo 1, in arrivo nuova insulina Decludec, a rilascio "lento" (fino a 42 ore) per la gestione basale della glicemia
2 commenti:
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quanodo uscira una cura ?
RispondiEliminacaro anonimo ci vogliono ancora anni
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