Giovani che presentano un valore alto di Vitamina D hanno una minore possibilità di ammalarsi di diabete giovanile fino a circa i 22 anni, perché la mancanza di vitamina D interferisce con la secrezione di insulina. Ciò è quanto sostenuto da uno studio compiuto dal dottor Paul Knekt del “National Public Health Institute di Helsinki” (Finlandia) e pubblicato sulla rivista "Epidemiology”. Il team finlandese ha studiato per 22 anni uomini e donne che all'inizio della ricerca avevano tra i 40 e i 74 anni e non erano malati di diabete: questa è la prima indagine che abbia seguito i pazienti per un periodo di tempo molto prolungato e quindi i dati ottenuti dovrebbero essere affidabili. Nel corso del test circa 412 persone hanno sviluppato il diabete di tipo 2. Il team di Knekt ha quindi messo a confronto i livelli di vitamina D nei 412 pazienti ammalatisi e nei 986 individui rimasti sani e hanno scoperto il legame tra bassi livelli di vitamina D nel sangue e aumentato rischio di diabete. La relazione non risulta però applicabile per le donne, laddove i test compiuti non hanno fornito dei dati sufficientemente coerenti. La vitamina D è un gruppo di pro-ormoni liposolubili: si presenta sotto due forme principali dall'attività biologica molto simile, quali il colecalciferolo (D3), derivante dal colesterolo e sintetizzato negli organismi animali, e l'ergocalciferolo (D2), di provenienza vegetale (ergosterolo). La storia della scoperta della vitamina D parte nel 1919 quando venne evidenziato, da Huldschinsky, che bambini affetti da rachitismo guarivano se esposti alla luce ultravioletta. In caso di prolungata assunzione di vitamina, superiore a 250-1250 μg/die si possono verificare fenomeni di tossicità acuta o cronica con comparsa di nausea, diarrea, ipercalciuria, ipercalcemia, poliuria, calcificazione dei tessuti molli. Generalmente ciò avviene allorché i livelli circolanti di vitamina D superano i 100 ng/ml. Per evitare ciò, è consigliabile non superare un’assunzione giornaliera di 50 μg/die. L' 8 giugno 2007 sulla rivista americana "American Journal of Clinical Nutrition" sono stati pubblicati i risultati di una ricerca condotta da Joan Lappe, professore di medicina nella Creighton University, secondo la quale l'assunzione di vitamina D (1100 UI/die) e calcio (1400-1500 mg/die) da parte di donne in menopausa ha determinato una diminuzione statisticamente significativa del rischio d'insorgenza di carcinomi.
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