In biologia, il termine apoptosi (coniato nel 1972 da John Kerr a partire dal termine greco che indica la caduta delle foglie e dei petali dei fiori) indica una forma di morte cellulare programmata. Si tratta di un processo ben distinto rispetto alla necrosi cellulare e che in condizioni normali contribuisce al mantenimento del numero di cellule di un sistema. Al contrario della necrosi, che è una forma di morte cellulare risultante da un acuto stress o trauma, l'apoptosi è portata avanti in modo ordinato e regolato, è un processo attivo che richiede consumo di energia sottoforma di ATP e generalmente porta ad un vantaggio durante il ciclo vitale dell'organismo (è infatti chiamata da alcuni anche “morte altruista” o “morte pulita”). Durante il suo sviluppo, ad esempio, l'embrione umano presenta gli abbozzi di mani e piedi “palmati”: affinché le dita si differenzino, è necessario che le cellule che costituiscono le membrane interdigitali muoiano.
Dagli inizi degli anni ’90 la ricerca sull'apoptosi ha visto una crescita spettacolare. Oltre alla sua importanza come fenomeno biologico, ha acquisito un enorme valore medico, infatti processi difettosi di apoptosi riguardano numerose malattie. Una eccessiva attività apoptotica può causare disordini da perdita di cellule (si vedano ad esempio alcune malattie neurodegenerative, come il morbo di Parkinson), mentre una apoptosi carente può implicare una crescita cellulare incontrollata, meccanismo alla base delle neoplasie, oppure una disregolazione del sistema immunitario, come avviene in certe malattie autoimmuni.
FUNZIONI DELL'APOPTOSI
Questo processo biologico trova applicazione in risposta a numerose condizioni o stimoli, quali:
1) Nel danno cellulare e nell’infezione: l'apoptosi può avvenire quando una cellula è danneggiata oltre le proprie capacità di riparazione, oppure infettata da un virus. Il segnale apoptotico può venire dalla cellula stessa, dal tessuto circostante o da cellule del sistema immunitario. La proteina p53 (un tetramero) svolge la sua funzione legando il DNA e se la capacità apoptotica di una cellula è danneggiata (ad esempio a causa di una mutazione), oppure se è stata infettata da un virus in grado di bloccare efficacemente l'inizio della cascata apoptotica, la cellula danneggiata continuerà a dividersi senza limiti, trasformandosi in un cancro. Un tipico esempio di come un virus possa bloccare questo meccanismo inducendo tumore è dato dal Papilloma virus umano (HPV). Il HPV esprime due oncogeni: E6 stimola la degradazione della proteina p53, che è una chiave fondamentale della linea apoptotica, attraverso un sistema proteolitico mediato da ubiquitina ed E7 si lega al prodotto del gene RB (gene soppressore tumorale) inibendo la sua azione antiproliferativa. In questo modo si ha lo sviluppo del carcinoma cervicale. Nella risposta immunitaria al virus l’azione citotossica dei linfociti T CD8 si estrinseca mediante l’induzione all’apoptosi nelle cellule “target” (cellule neoplastiche o cellule infettate da virus) tramite formazione di pori di membrana (per azione delle “perforine”) e in seguito al rilascio di sostanze che bypassano i processi di attivazione della normale via apoptotica. Si hanno poi alcuni esempi di apoptosi in forme patologiche lievi, ad esempio nell’epatite cronica attiva dove nelle fasi iniziali si hanno le necrosi a morso di tarma (pierce meal) che sono delle necrosi distribuite nel lobo epatico, ma non sono necrosi vere e proprie perché sono poche cellule che muoiono e muoiono per apoptosi.
2) Nella risposta allo stress o ai danni al DNA: condizioni di stress, quali la mancanza di nutrienti, oppure il danneggiamento del DNA dovuto a molecole tossiche (es: idrocarburi policiclici) o all'esposizione a UV o radiazioni ionizzanti (raggi gamma e raggi X) ma anche condizioni di ipossia, possono indurre una cellula ad iniziare l'apoptosi.
3) Nell'omeostasi cellulare: in un organismo adulto il numero delle cellule contenute in un organo deve rimanere costante entro un certo margine. Le cellule del sangue e degli epiteli di rivestimento, ad esempio, sono costantemente rinnovate a partire dai loro progenitori staminali; ma la proliferazione è compensata da una costante morte cellulare. In un organismo umano adulto attorno ai 50-70 miliardi di cellule muoiono ogni giorno a causa dei processi apoptotici. In un anno la massa delle cellule ricambiate è pari al peso del corpo stesso. L'omeostasi è mantenuta quando la consistenza delle mitosi (proliferazione cellulare) in un tessuto è bilanciata dalla morte di un numero equivalente di cellule. L’apoptosi è responsabile del continuo rinnovamento che si ha a livello di alcuni epiteli (gastrointestinale), si ha perdita delle cellule superficiali e la neoformazione di cellule sottostanti. I polimorfonucleati neutrofili vivono 24 ore e poi muoiono per apoptosi; nelle atrofie fisiologiche c’è tutto un rinnovo di cellule che avviene con questo meccanismo, stessa cosa avviene nell’invecchiamento. Anche nel ciclo mestruale ci sono delle cellule che muoiono per apoptosi, sia a livello dell’endometrio che della ghiandola mammaria. Rientrano nell’apoptosi anche quei fenomeni che si hanno in seguito ad uno stimolo iperplastico, in quelle situazioni in cui si ha stimolo alla crescita (ipertrofia cardiaca, epatica, ecc.), quando lo stimolo di iperproliferazione viene a cessare l’organo deve tornare ad avere le sue dimensioni primitive e se non servono più le cellule ipertrofiche queste devono essere eliminate.
4) Nello sviluppo embrionale: la morte cellulare programmata è parte essenziale dello sviluppo dei tessuti sia nelle piante che nei metazoi. Ricerche sugli embrioni di pollo – in particolare sullo sviluppo del tubo neurale – hanno suggerito come la proliferazione selettiva delle cellule, combinata con un'altrettanto selettiva apoptosi, disegni le architetture dei tessuti nei vertebrati durante lo sviluppo. Durante lo sviluppo dell'embrione di un vertebrato, le cellule della notocorda producono un gradiente di una molecola segnale detta Sonic hedgehog (Shh): questo gradiente dirige la formazione e lo sviluppo del tubo neurale. Le cellule che ricevono Shh (attraverso il recettore di membrana Patched1 o Ptc1) sopravvivono e proliferano. In assenza di Shh, la parte intermebrana (carbossi-terminale) del medesimo recettore si lega alla caspasi-3, e tale legame fa sì che venga esposto un dominio pro-apoptotico.
5) Nella regolazione delle cellule del sistema immunitario: i recettori di membrana dei linfociti B e T immaturi non sono fatti su misura per coincidere con antigeni conosciuti. Al contrario, sono generati attraverso un processo altamente variabile che si esprime in una immensa varietà di recettori, capace di legarsi con uno stupefacente numero di forme molecolari. Ciò significa che la maggior parte di questi linfociti immaturi sono o inefficaci (dacché i loro recettori non legano alcun antigene con significato) oppure pericolosi per l'organismo medesimo, perché i loro recettori sono complementari a molecole normalmente presenti nell'organismo. Se questi linfociti fossero rilasciati senza ulteriori processi essi diventerebbero auto-immuni attaccando cellule sane dell'organismo. Per evitare tale scenario il sistema immunitario ha sviluppato un processo di eliminazione dei linfociti inefficaci o auto-tossici attraverso la via apoptotica. Le cellule necessitano di un continuo stimolo alla sopravvivenza. Nel caso dei linfociti T, durante la loro maturazione nel timo, il segnale di sopravvivenza dipende dalla capacità di legare antigeni estranei. Quelli che falliscono il test, ossia circa il 97% dei neoprodotti, sono destinati a morire. I sopravvissuti sono sottoposti ad un ulteriore test di auto-tossicità, quelli che risultano altamente affini a molecole proprie dell'organismo vengono ugualmente avviati all'apoptosi.
6) Nell’uso di certi farmaci: un esempio di stimolo farmacologico che può agire sulle cellule inducendo apoptosi è dato dalle terapie con glucocorticoidi che se assunti per lungo tempo danno immunodepressione essendo in grado di indurre apoptosi interagendo con i recettori citoplasmatici che portano alla produzione di caspasi in presenza di ioni calcio e all’attivazione di endonucleasi con morte cellulare. Altri farmaci vengono utilizzati nella oncoterapia in quanto possono indurre le cellule neoplastiche a entrare in apoptosi e favoriscono in tal modo l’eliminazione di un tumore.
SEGNI MORFOLOGICI TIPICI DI APOPTOSI E FASI DI QUESTO PROCESSO
Una cellula in apoptosi mostra evidenti caratteristiche morfologiche individuabili al microscopio e che appaiono seguendo un preciso ordine temporale. E’ possibile descrivere le varie fasi del processo apoptotico:
1- Fase della separazione: La cellula diventa sferica e perde contatto con le cellule adiacenti. Questo avviene perché le proteine del citoscheletro vengono digerite da specifiche peptidasi (chiamate caspasi) che sono state attivate all'interno del citoplasma. La cellula deve essere separata da quelle circostanti, le giunzioni hanno funzione molto importante, dentro presentano delle proteine, le connessine che sono quelle che servono per la trasmissione dei segnali neuroendocrini, il fatto che vengano tagliate le giunzioni, non vuol solo dire che si rompe l’impalcatura fra le cellule, ma vuol dire eliminare quella che è la trasmissione di tutti i segnali. Tagliata la giunzione, la cellula assume aspetto tondeggiante, si appiattisce e comincia a perdere i microvilli e ogni specializzazione di membrana presente.
2- La cromatina comincia ad essere degradata e condensata (il nucleo al microscopio risulta eterocromatico). si ha dilatazione del RE con produzione di vescicole dal reticolo endoplasmatico liscio che poi si spostano e si fondono con la membrana; I mitocondri in questa fase sono ancora perfettamente funzionanti, consumano O2 e producono energia (a differenza della necrosi dove i mitocondri sono subito degradati).
3- La cromatina continua il processo di degradazione frammentandosi in tipici frammenti lunghi 200 paia di basi circa, e si ha la condensazione in corpi addossati al nucleolemma. A questo punto la doppia membrana che confina il nucleo appare ancora completa; tuttavia caspasi specializzate sono già ad uno stadio avanzato di degradazione delle proteine dei pori nucleari ed hanno iniziato la degradazione delle lamine, le proteine che “foderano” l'interno della membrana nucleare. Va notato che, mentre il primo stadio di condensazione della cromatina è stato osservato in cellule non apoptotiche, questo stadio avanzato (chiamato picnotico) è considerato preludio dell'apoptosi.
4- Fase di segmentazione: Il nucleolemma diventa discontinuo e le molecole di DNA sono frammentate, il processo è denominato come “carioressi”. La carioressi o carioclasi è una forma di degenerazione della cellula, che consiste nella frammentazione del nucleo cellulare in diverse parti di grandezza variabile, che vanno a depositarsi sulla faccia interna della membrana cellulare. Il nucleo si rompe in alcuni “corpi cromatinici” o “unità nucleosomiali”. Non c’è dispersione del nucleo che si frammenta ma viene mantenuto all’interno della membrana nucleare. Inizia poi la segmentazione citoplasmatica, si formano delle incisure nella membrana che attraversano tutto lo spessore della cellula e portano alla formazione di numerose vescicole contenenti frammenti cellulari che sono i corpi apoptotici o blebs (“Processo di Blebbing”). Quest’ultimi conterranno dei pezzi di nucleo circondati dalla membrana nucleare, del citoplasma, dei mitocondri funzionanti, il citoplasma potenzialmente potrebbe ancora funzionare. Questo fenomeno lo si osserva fisiologicamente nel nostro organismo, le piastrine si formano per frammentazione del cariocita, e questo è un meccanismo analogo alla seconda fase della apoptosi che è fisiologico.
5- Fase della fagocitosi: il corpo apoptotico deve essere eliminato per fagocitosi da parte del macrofago. I corpi apoptotici sono eliminati anche dalle cellule circostanti, quelle epiteliali sono in grado di fagocitare questi corpi, solitamente questo fatto non è proprio delle cellule epiteliali.
SEGNI BIOCHIMICI DI UNA SICURA ELIMINAZIONE: i segnali EAT ME
La cellula morente che si avvia all'ultimo stadio dell'apoptosi, espone sulla membrana plasmatica dei segnali “eat me” (letteralmente, mangiami), come la fosfatidilserina. Normalmente la fosfatidilserina, fosfogliceride, si trova nello strato citosolico della membrana plasmatica, ma, durante l'apoptosi, è ridistribuita anche sulla faccia extracelluare da un'ipotetica (non ancora isolata) proteina detta “scramblase” (traducibile dall'inglese come “l' enzima che mette in disordine”). Fagociti necrofagi, come i macrofagi, hanno recettori specifici per la fosfatidilserina. La rimozione delle cellule morte è necessaria per prevenire la risposta infiammatoria. Altri recettori presenti sui macrofagi sono quelli che riconoscono le asialoglicoproteine e la vitronectina.
LE VIE DELL’APOPTOSI
Gli aspetti morfologici del processo sono il risultato di azioni biochimiche operate, direttamente o indirettamente, su strutture cellulari diverse da cistein-proteasi con specificità per residui di acido aspartico che vanno sotto il nome di caspasi. Alcune di queste sono dette “esecutrici” mentre altre hanno la funzione di attivare le caspasi esecutrici e vengono denominate “iniziatrici”. Come per tutti i processi biologici essenziali esiste una ridondanza di vie che portano all’apoptosi. Sia la via estrinseca che quella intrinseca hanno in comune l'attivazione degli effettori centrali dell'apoptosi, un gruppo di proteasi (specifiche per cisteine e aspartati) chiamate caspasi, che dirigono la distruzione degli elementi strutturali (citoscheletro) e funzionali (organuli) della cellula.
I messaggi pro-apoptotici provenienti dall'esterno della cellula (induttori estrinseci) sono dati dal TNF-alfa e dal ligando FAS.
Il messaggi pro-apoptotici provenienti dall'interno della cellula (induttori intrinseci) costituiscono una risposta allo stress, come la mancanza di nutrienti o un danno esteso al DNA.
LA VIA ESTRINSECA DELL’APOPTOSI
La via estrinseca dipende da fattori esterni che operano attraverso recettori situati sulla membrana plasmatica e appartenenti alla “superfamiglia di recettori di morte cellulare”, quali FAS/CD95 e TNF-R1.
Il fattore di necrosi tumorale (Tumor Necrosis Factor o TNF), una proteina di 157 amminoacidi con funzione di segnale intercellulare (appartenente alla classe delle citochine), è prodotta principalmente dai macrofagi, ed è il principale mediatore estrinseco dell'apoptosi. La membrana cellulare ha due recettori specializzati per TNF: TNF-R1 e TNF-R2. Il legame del TNF al TNF-R1 è considerato l'innesco della via che attiva le caspasi. Il legame tra TNF e apoptosi dimostra il perché una produzione anormale di TNF giochi un ruolo fondamentale in varie malattie umane, specialmente in quelle autoimmuni, come il diabete e la sclerosi multipla.
Il TNF-alfa legandosi a TNF-R1 determina la trimerizzazione del recettore che cambia conformazione molecolare e in tal modo lega il fattore TRADD (TNF-R Associated Death Domain);
Questo complesso molecolare può a sua volta legare FADD (effetto PROapoptotico) o TRAF (effetto ANTIapoptotico e pro-proliferativo). Precisamente può:
1. Associarsi a FADD e in questo caso si ha apoptosi (vedi dopo)
2. Associarsi a TRAF (TNF-R Associated Factor 2) e allora si attivano altre 2 vie:
1- Attivazione del fattore nucleare NF-KB che è molto importante nell’attivazione della sintesi delle CK e anche nelle neoplasie e recentemente è stato provato che è l’anello di congiunzione tra infiammazione e neoplasie. Questi è bloccato nel citoplasma da un inibitore che se viene fosforilato dalle chinasi NIG o LIG (la cui espressione è aumentata da TRAF) e si disattiva rilasciando appunto il fattore NF-KB, il quale una volta libero può entrare nel nucleo e attivare i geni che favoriscono la proliferazione.
2- Attivazione di una Janus-chinasi JNK, attivata durante lo stress, che attiva AP-1 e anche AP-2, fattori di trascrizione che attivano l’espressione genica e favoriscono la proliferazione.
Esiste una terza via estrinseca che sembra regolare l’apoptosi: ci sono ligando che sono correlati o meglio simili a TNF-R e sono detti Ligandi TRAIL (TNF Related Apoptosis Inducine Ligand), che fanno parte della famiglia del TNF. Ci sono 4 tipi di recettori per i ligandi Trail:
1- Recettore DR4 e Recettore DR5 che si comportano in maniera simile a FAS favorendo l’apoptosi
2- Recettore DCR1 e Recettore DCR2: DC sta per Decoy (recettori trappola) e sono recettori che mancano della porzione citoplasmatica e questo è un meccanismo usato per ridurre gli effetti di un ligando su di una cellula, poiché il legame viene smorzato dall’assenza della parte che “interpreta” il segnale biologico. Nella via in cui sono coinvolti i ligando TRAIL con i recettori DR4 o DR5 non si conosce la proteina adattatrice ma si ha sempre la trimerizzazione con attivazione della caspasi 10 che a sua volta attiva la caspasi 3, caspasi a valle che può essere attivata dalle caspasi 8, 9 e 10.
Il recettore Fas (o Apo-1 o CD95), è un altro recettore dei segnali apoptotici estrinseci ed appartiene alla superfamiglia dei recettori TNF. Il ligando di Fas (FasL o Fas Ligand) è una proteina transmembrana ed è parte della famiglia dei TNF.
Il legame di 3 molecole di FAS Ligand con il recettore lo fa trimerizzare, si modifica nella sua conformazione e crea un dominio a cui si lega il fattore FADD (Fas-associated protein with death domains) con attivazione della procaspasi8 a caspasi8. FADD può legarsi nel recettore sia a livello della faccia interna che esterna che a livello dello spazio tra le due subunità. Il complesso che si viene a formare dato da FAS-FADD-Procaspasi8 prende il nome di complesso DISC (Death Inducine Signaling Complex) che è un complesso di segnalazione che induce apoptosi.
Il legame con il ligando provoca la formazione di un complesso molecolare che recluta attraverso una proteina adattatrice chiamata Proteina FADD molte molecole di procaspasi 8. Queste ultime vengono attivate con un processo di “induzione per prossimità” (lo stesso meccanismo di azione dei prioni). La caspasi 8 attivata agisce sulla procaspasi 3 inattiva e quest’ultima viene proteolisata formando la caspasi 3 attiva che agisce sui substrati sensibili.
Uno di questi substrati è un enzima, la desossiribonucleasi caspasi dipendente (enzima CAD) che si trova nel citosol legata a un carrier inibitore. La caspasi 3 distacca l’inibitore e rilascia la nucleasi che trasloca nel nucleo e può così attuare una degradazione de nucleosomi portando a una particolare frammentazione del DNA con frammenti di circa 180 paia di basi, il fenomeno è noto anche come “scaletta del DNA” ed è ritenuto un marcatore di apoptosi (ma non è del tutto corretto perché tale fenomeno si può verificare anche in certe forme di necrosi).
Altri bersagli delle caspasi sono proteine della matrice nucleare (lamine) responsabili della coartazione nucleare e proteine del citoscheletro (fodrina, gelsolina) responsabili dell’alterazione della forma cellulare.
La degradazione di poli-ADP-ribosio polimerasi (PARP-1) che è pare un bersaglio della caspasi abolisce sia la sua funzione di enzima del riparo di DNA che quella di inibizione delle endonucleasi esercitata dal suo prodotto: le endonucleasi presenti nel nucleo sono quindi pienamente attive.
Nell’apoptosi assume particolare importanza un enzima che da un lato è un regolatore dell’apoptosi e dall’altro è un substrato delle caspasi, il poli-ADP-ribosio polimerasi o enzima PARP, che interviene nella riparazione del Dna per la sua proprietà di riconoscere le rotture del Dna, legarsi al sito di rottura e richiamare molecole di poli-ADP-ribosio (usando il NAD come substrato energetico) e di determinare la polimerizzazione tramite alcune proteine accettrici che sono le proteine riparatrici del DNA. Questo enzima ha una struttura complessa ed è una proteina multifunzione che comprende 3 domini:
1) Il DNA binding domain (DBD), cioè un dominio N-terminale che lega il DNA.
2) un dominio C terminale catalitico che polimerizza il poli-adp-ribosio
3) un dominio centrale di automodificazione in grado di far assumere alla molecola una conformazione differente a seconda dello stato di attivazione
La PARP è uno dei principali target delle caspasi e viene idrolizzata in particolare dalla caspasi 3 a livello di un sito specifico per cui viene divisa in 2 frammenti e così essa non è più in grado di svolgere la sua funzione di riparazione del DNA. In particolare il DBD viene separato dal suo dominio catalitico con l’inattivazione dell’enzima. La sua graduale inattività è agevolato anche dal fatto che l’alterazione del DNA favorisce l’attivazione di una chinasi DNA-dipendente cioè di un enzima che favorisce la fosforilazione della p53 rendendola più stabile nella sua funzione di attivatore dell’apoptosi, intensificando così il processo di inattivazione del PARP.
Quando il DNA viene lesionato il PARP, che funge da sensore, si lega insieme ad altre molecole che formano il complesso detto “Riparosoma” al DNA, ma quando il DNA è danneggiato in maniera eccessiva e la cellula rischia di trasmettere la mutazione alle cellule figlie viene attivata la via intrinseca e la PARP è idrolizzata dalle caspasi 3 o 7 (caspasi effettrici) con formazione di 2 domini, quello più grande che resta all’interno del riparosoma e un dominio più piccolo che è il DBD che comunque si lega al Dna danneggiato e impedisce così per competizione sterica che il complesso riparosoma si leghi al Dna. Un’eccessiva attivazione della PARP può determinare morte della cellula non tanto per apoptosi ma per deplezione di energia. Infatti se il danno al Dna è di lieve entità si ha l’attivazione della PARP con poli-ADP-ribosilazione a spese del NAD, tuttavia se il danno è massivo si ha una overattivazione di PARP che recupera una maggiore quota di NAD dall’ATP quindi deplezione dell’enzima e morte cellulare.
La via più importante di rilascio di AIF parte dall’attivazione dell’enzima nucleare PARP-1 che normalmente prende parte alla replicazione al riparo del DNA. In risposta a stress tossici per il genoma la attività di PARP-1 aumenta considerevolmente: questa attivazione sembra cruciale per mantenere l’integrità del genoma ma se è eccessiva o prolungata scatena il rilascio della proteina AIF dai mitocondri. AIF a sua volta causa il rilascio di citocromo C e quindi la serie di eventi che abbiamo descritto nella via intrinseca dell’apoptosi. Traslocando nel nucleo AIF induce anche condensazione di cromatina e apoptosi attraverso una via caspasi-indipendente. Il ruolo di PARP-1 nell’apoptosi è sottolineato dal fatto che la sua inibizione o la delezione del gene PARP-1 attenua o sopprime i fenomeni di apoptosi. In particolare si è osservato che la soppressione di PARP-1 può proteggere contro i danni da ischemia, infiammazione, shock settico.
In certi tipi cellulari la caspasi 8 non è sufficientemente attiva per agire sulla caspasi 3 ma esercita la sua attività su di una proteina, la “Proteina Bid”, che è esclusivamente citosolica e che viene troncata dalla caspasi 8 quindi è traslocata nei mitocondri dove induce il rilascio del citocromo C, cioè stabilisce un legame con la via intrinseca che ha essenzialmente origine mitocondriale.
Le Caspasi sono proteine denominate in tal modo perché “C” sta per Cisteina (il sito catalitico ha la Cys), “Asp” sta per Aspartato (perché agiscono sui residui di aspartato) e “asi” sta per proteasi. Proprio per questo la degradazione de DNA nell’apoptosi è ordinata con frammentazione al livello internucleosomale in quanto gli enzimi agiscono su siti specifici rappresentati dai residui di aspartato. Le caspasi usano “proteine target” rappresentate dalla PARP, dalla proteina dell’RB (che impedisce il passaggio del ciclo cellulare da G1 a S perché lega il fattore di trascrizione F2 e non può farlo se fosforilato e quindi quando questo fattore è fosforilata si ha proliferazione cellulare). Anche le lamine nucleari sono substrati delle caspasi, esse danno sostegno al nucleo e appartengono ai filamenti intermedi di 4° tipo del citoscheletro. Altri substrati sono la proteinchinasi DNA-dipendente, subunità maggiore del complesso C di replicazione del DNA, e un altro è una componente del fattore di frammentazione del DNA A45, dimero di cui le caspasi idrolizzano al subunità 45 e ciò comporta la frammentazione internucleosomale tipica dell’apoptosi.
Esistono 2 classi di caspasi:
1) Caspasi iniziatrici (“8” per la via estrinseca e “9” per la via intrinseca), inducono attivazione delle procaspasi a valle mediante un processo di aggregazione delle stesse e quindi si ha un cambiamento conformazione e autoclivaggio e quindi le caspasi si attivano una dopo l’altra e si ha quella che si dice “cascata”
2) Caspasi effettrici che sono in grado di idrolizzare molti substrati.
Le Caspasi sono state scoperte principalmente in base alla loro omologia con i Geni CED del microrganismo Coenerabitis Elegans, un verme nematode. E’ stato scoperto un gene, il CED3, che è responsabile dell’apoptosi nel neonato di C.E. ed è correlato con la cistein proteasi IL1-beta convertine enzyme o enzima ICE Caspasi-1 (altro punto di unione con l’infiammazione).
In questo nematode ci sono 3 geni chiave CED3, CED4 e CED9. Il CED3 e il CED4 attivano l’apoptosi mentre il CED9 è una proteina regolatrice e invece inibisce tale processo.
Nell’uomo si hanno delle proteine molto simili a CED9 e sono codificati da geni della famiglia BCL-2 che hanno come proteina di riferimento bcl2 che attiva in maniera significativa la proliferazione cellulare (omologa a CED9). Bcl2 è un protoncogene e così importante che la sua mutazione è alla base della leucemia di Abelton e inoltre è implicata nella traslocazione 9->22 in cui si forma una proteina di fusione della leucemia mieloide. Il meccanismo dell’apoptosi è conservato dai nematodi, ai mammiferi. Il CED3 è analogo della caspasi 3 e il CED4 è omologo di APAF1 ed entrambi attivano l’apoptosi e sono inibiti da CED9 e a sua volta una proteina, p35, blocca la morte cellulare e attiva CED9. Nei mammiferi il posto di CED9 è preso da bcl2 e il meccanismo rimane uguale.
La procaspasi 3 durante l’apoptosi si assembra come eterotetramero attivo p17-p12. La procaspasi 9 per attivare la procaspasi 3 determina la proteolisi di tale molecola a livello di un residuo di acido aspartico in posizione 175, questa idrolisi insieme all’allontanamento del predominio comporta la formazione della caspasi3. Frequentemente vi può essere l’intervento di un enzima denominato Enzyme PAC1 (Procaspasi Activating Compound) che nel processo di attivazione da procaspasi3 a caspasi3 agisce a livello di 3 residui di acido aspartico tra il 179 e il 181 e questo, insieme all’allontanamento del predominio, determina l’attivazione. PAC1 può essere attivato da un aumento di espressione genica che si può realizzare nel corso dell’apoptosi.
Il processo di attivazione è a cascata sequenziale. Quando il recettore TNF-R1 recluta FAD, si ha l’attivazione della procaspasi8=>caspasi8 che a sua volta attiva la procaspasi3=>caspasi3 e la procaspasi7=>caspasi7, in aggiunta a causa di un danno al DNA o alle membrane del mitocondrio si può avere l’intervento della via intrinseca che può attivare la procaspasi3 per mezzo della caspasi9 presente e reclutata all’interno dell’apoptosoma.
Si ritiene che la caspasi 7 sia a valle dell’attivazione di caspasi3, cioè possa essere attivato da quest’ultimo. I substrati delle caspasi 3 e 7 sono costituiti da alcuni enzimi tra cui:
1- L’enzima PARP (vd. prima)
2- Fattore di frammentazione del DNA (Fattore DFF)
3- CAD cioè la caspasi activating desossiribonucleasi, in quanto viene rotto il legame con il suo inibitore detto ICAD che viene allontanato. CAD libero è in grado di tagliare il DNA in punti precisi a livello nucleosomale che è caratteristica specifica dell’apoptosi (Scaletta del DNA, vd prima).
Una delle più importanti interazioni tra la via estrinseca e intrinseca è data dalla caspasi 8 in quanto essa è anche in grado di idrolizzare una proteina detta Proteina BID che favorisce l’apoptosi. La famiglia di proteine BCL2 è importante perché formata da molte proteine che hanno principalmente 2 funzioni in equilibrio fra loro: 1) Alcune proteine favoriscono la proliferazione e sono dette protooncogeni, le mutazioni portano a una overespressione di queste proteine per cui viene meno l’equilibrio e viene favorita la proliferazione in senso tumorale del tessuto ; 2) Altre proteine inibiscono la proliferazione e sono prodotte da geni detti antioncogeni o oncosoppressori, la mutazione con inattivazione di questi provoca perdita dell’equilibrio proliferativo e quindi proliferazione in senso tumorale.
LA VIA INTRINSECA DELL’APOPTOSI
La via intrinseca è di norma attivata da varie forme di stress cellulare che comprendono danni al DNA variamente indotti, agenti citotossici o privazione di citochine e fattori di crescita.
La via intrinseca non presenta recettori di membrana in quanto gli stimoli della morte, qualunque essi siano, alterano il Dna e si verifica l’intervento della p53 e di alcune proteine della famiglia BCL2. La via intrinseca è mediata da un’alterazione del DNA con attivazione di proteine e in particolar modo di una proteinchinasi che fosforila il p53 rendendola più stabile. Questo fattore agisce sia direttamente che indirettamente tramite fattore di trascrizione attivando al sintesi di alcune proteine tra cui una proteina della famiglia BCL che è in grado di agire a livello dei mitocondri e alterando la membrana possono far fuoriuscire il citC dal foglietto interno della membrana mitocondriale.
Il danno intracellulare determina un aumento della permeabilità mitocondriale principalmente mediante la formazione di pori a livello della membrana. Si verificano in tal modo due passaggi che portano all’apoptosi:
1) liberazione nel citosol di un attivatore dell’apoptosi detto SMAC-diablo, ossia “Secondary Mitocondrial Derived Activator of Caspasi”, quindi è un prodotto di derivazione mitocondriale e attivatore delle caspasi
2) Liberazione del citocromo C, fattore proapoptotico rilasciato per l’aumento del potenziale mitocondriale, e che è sempre legato ad un sito della proteina adattatrice APAF-1
La proteina fondamentale in tale processo è la proteina APAF che ha un sito dove si inserisce il citocromo C con la formazione di un complesso molecolare che è dato da 7 molecole di APAF-1, 7 molecole di CitocromoC e a cui si legano 7 molecole di procaspasi 9 (formando l’Apoptosoma).
La proteina APAF1 (apoptosis proteasi activating factor 1) è una proteina molto complessa che presenta numerosi domini:
1- un dominion recluta altre caspasi ed è detto dominio CAD (Caspasi Reclutment Domain).
2- Un dominio di omologia con il CED4, detto “CED4 Like” e che consente il cambiamento conformazionale dopo l’attivazione
3- Due domini WD40 a cui si lega il citocromo C. Tale dominio è costituito da 40 amminoacidi, cioè da 20 coppie (unità di ripetizione) di 2 amminoacidi quale il triptofano (w) e la asparagina (d).
In presenza del citocromoC e dell’ATP la molecola APAF modifica la sua struttura, infatti il legame con il citC fa cambiare la sua conformazione in questo modo Apaf1 può successivamente legare l’ATP e questo comporta un secondo cambiamento con l’assunzione di una conformazione aperta e il legame di più molecole Apaf tra loro, precisamente di 7 con altre 7 molecole di procaspasi 9 e 7 di citC e la formazione dell’apoptosoma. Si ha quindi l’attivazione delle caspasi e l’inizio dell’apoptosi.
L’espressione della proteina Apaf1 è regolata dal gene p53, quindi è un fattore di trascrizione per Apaf1.
La procaspasi 9 normalmente si trova nel citoplasma in forma inattiva ma viene reclutata dal complesso APAF-citocromoC e si forma cosi il complesso “Apoptosoma”. All’interno di tale complesso apoptosoma si ha l’attivazione della procaspasi 9 con liberazione di molecole di caspasi 9 attive.
Il fattore pro-apoptotico rilasciato nel citosol dal mitocondrio alterato è inibito da una serie di proteine della famiglia “IAP’s” (almeno 6) ossia proteine inibitrici dell’apoptosi (Inibithor Apoptosis proteins). Sono quindi gli antagonisti delle proteine SMAC. Le IAP sono nel citosol dove in condizioni normali bloccano l’apoptosi e invece le SMAC sono presenti nel mitocondrio. In seguito al danno le SMAC sono liberate in grandi quantità dal mitocondrio per aumento della permeabilità e sopprimono così le IAP e quindi questo non esercitano più la loro funzione inibente sulle caspasi e si ha attivazione dell’apoptosi o meno in base al prevalere dell’azione di SMAC o di IAP. Le proteine IAP sono state scoperte per la prima volta nel baculovirus e si è visto che sono coinvolte nella risposta delle cellule ospiti alle infezioni virali ossia bloccano la morte cellulare. Si è visto inoltre isolando i geni delle IAP del baculovirus e transfettando in altre cellule che anche nelle cellule dei mammiferi possiedono la stessa funzione. Il dominio funzionale che è conservato durante l’evoluzione anche nelle IAP dei mammiferi è di 70 a.a. e si chiama BIR (baculovirae IAP repeats).
La proteina Bax, la cui espressione è indotta dal prodotto del gene p53, forma eterodimeri con la proteina Bid e questo complesso eterodimerico ha la funzione di permeabilizzare la membrana mitocondriale esterna al citocromo C favorendone il rilascio nel citosol dove questi si lega alla proteina Apaf-1 formando l’apoptosoma, un complesso che a sua volta regola e attiva la procaspasi 9 e quindi la procaspasi 3. Il processo apoptotico procede quindi come descritto in precedenza.
Le proteine BH3 come Bid (che hanno un’analogia di sequenza con la famiglia del gene Bcl2 solo in questo dominio) raggiungono per prime il mitocondrio e devono cooperare con alcune membri della famiglia quali Bax e Bad per produrre il rilascio di proteine apoptogene: citocromo c, AIF, Smac-DIABLO.
Accanto a queste molecole proapoptotiche esistono fattori anti-apoptotici come la proteina c-FLIP (blocco di attivazione della caspasi 8), le proteine IAP (proteine di inibizione dell’apoptosi), membri antiapoptogeni della superfamiglia Bcl2 come la proteina Bcl-2 e la proteina Bcl-XL. Alcuni fattori hanno un ruolo pro-apoptotico come ad esempio il già citato fattore Smac-diablo che blocca i fattori IAP. Se la cellula prosegue lungo la via dell’apoptosi o si arresterà dipende dalle reciproche proporzioni di queste proteine.
A valle dell'attivazione di TNF-R1 o di Fas il bilanciamento tra i membri pro-apoptotici (come BAX, BID, o BAD) e anti-apoptotici (Bcl-Xl e Bcl-2) della famiglia Bcl-2 viene compromesso. Tale equilibrio è regolato dalla formazione di omodimeri nella membrana esterna del mitocondrio. La formazione di omodimeri (di BAK o BAX) è necessaria per rendere permeabile la membrana mitocondriale esterna e rilasciare, così, l'attivatore delle caspasi. Non è ancora chiaro come BAK e BAX siano controllate dalla cellula non apoptotica; ma è stato ipotizzato che una proteina di membrana mitocondriale, VDAC2, interagisca con BAK inibendola. Quando è ricevuto un segnale, prodotti della cascata di attivazione – come BID, BIM o BAD – rimpiazzano VDAC2, così che BAK e BAX possano attivarsi e la membrana mitocondriale diventi permeabile; si è notato che queste proteine (BAK e BAX) della famiglia delle Bcl-2 hanno domini formanti pori (che appunto rendono permeabile la membrana), che favoriscono il passaggio di membrana di molecole pro-apoptotiche come il citocromo c. Anche altre molecole sono rilasciate dai mitocondri in senso proapoptotico, come SMAC o AIF.
FATTORI INIBITORI DELL’APOPTOSI
La famiglia BCL presenta come inibitori diversi membri. La proteina BCL2 si trova a livello della membrana mitocondriale e blocca l’azione di BAX e BAD a livello della membrana. BCL2 svolge la sua funzione attraverso il meccanismo dell’inibizione dell’aumento della permeabilità mitocondriale, cioè impedisce il rilascio di citocromo C dal mitocondrio.
Invece un’altra molecola della stessa famiglia e che si chiama proteina BAX favorisce un aumento della permeabilità con rilascio del citocromo. Si hanno altri membri della famiglia BCL2 che intervengono.
Un altro importante gene è il BCL-X di cui esistono due isoforme, L=Long e S=Short. BCL-XL favorisce la proliferazione ed è dunque un fattore inibitore dell’apoptosi, BCL-XS favorisce l’apoptosi cioè è un fattore di stimolo.
BCL-2 e BCLXL hanno un’azione di blocco su BAX e BAD, impediscono cioè che questa agiscano sul mitocondrio variando la permeabilità. Il Fattore di frammentazione del DNA (Fattore DFF) è un eterodimero, cioè un dimero di p40-p45, che è inattivo in condizioni di base; in seguito all’attivazione della caspasi 3 si ha il distacco di un dimero e il p45 viene idrolizzato e si libera il p40 che si oligomerizza con l’unione di 4-5 monomeri che acquista attività nucleasica che agiscono frammentando il DNA.
Oltre a IAP, un inibitore importante dell’apoptosi è la proteina FLIP (“FLICE-inibitor Protein” dove FLICE sta per “FAD Like Interleukine Converting Enzyme”). FLIP è una molecola che fa parte di un meccanismo molecolare che interviene inibendo l’attivazione della procaspasi 8. Si hanno 2 isoforme di FLIP di cui una forma lunga e una forma corta, entrambi hanno 2 domini e sono in grado di legare e inibire la procaspasi8.
FATTORI STIMOLANTI L’APOPTOSI
Le molecole BH3-only sono proteine denominate in tal modo poiché BH sta per BCL-Homology, hanno un solo dominio di omologia con BCL (cioè il terzo dominio) e questo a differenza di proteine come BAC, BAD e BAX che hanno 3 o 4 domini omologhi alle proteine della famiglia BCL. Questi fattori (nell’ordine: Fattore NOXA, fattore PUMA, Fattore BIM, Fattore BAD, Fattore BID) stimolano l’apoptosi, sono molteplici e sono attivate in modo differente in seguito allo stimolo apoptotico:
1- Alcune sono attivate mediante attivazione dei loro geni e aumento della loro espressione genica correlata ad attivazione del p53 che, fosforilato, agisce come fattore di trascrizione per la sintesi di alcune proteine quali NOXA e PUMA
2- Altre sono attivate perché indotte a ridistribuirsi in maniera differente a livello della membrana mitocondriale e sono dette BIM
3- Altre sono attivate dalla defosforilazione indotta dagli stimoli pro-apoptosi, un esempio in tal senso è dato da BAD che defosforilandosi si attiva ed è quindi libera di localizzarsi a livello della membrana mitocondriale
4- Altre sono attivate dall’azione proteolitica della caspasi 8 che comporta ad esempio la proteolisi di BID
Tra le proteine che favoriscono l’apoptosi c’è BID, questo normalmente non effettua la sua funzione ma non appena la caspasi 8 lo idrolizza si forma il T-BID, una porzione tronca di BID che va nel mitocondrio e aumentando la permeabilità tramite la formazione di pori e attiva la liberazione del citocromo C. Questo quindi rappresenta un altro punto di contatto fra la via intrinseca e la via estrinseca.
Un altro importante gene è il BCL-X di cui esistono due isoforme, L=Long e S=Short. BCL-XL favorisce la proliferazione ed è dunque un fattore inibitore dell’apoptosi, BCL-XS favorisce l’apoptosi cioè è un fattore di stimolo.
Altre proteine della famiglia invece favoriscono l’apoptosi: BAC, BAX, BAD;
COME AGISCONO I FATTORI DI SOPRAVVIVENZA ANTIAPOPTOTICI
I fattori di sopravvivenza antiapoptotici sono rappresentati da citochine e fattori di crescita che agiscono attraverso l’attivazione di alcune chinasi, le CHINASI ERS (extracellular regulated signal); il recettore per il fattore di crescita si autofosforila nei suoi residui di tirosina e ciò rende la parte citoplasmatica attiva e in grado di fosforilare i residui di tirosina di altre proteine e quindi di attivare delle chinasi tra cui le chinasi PLC, che a sua volta possono attivare altre chinasi che attivano per esempio la proteina chinasi PKC fondamentale per la proliferazione; a sua volta PKC fosforila altre vie di segnalazione che vanno a fosforilare BAD che rimane nel citoplasma sottoforma di BAD fosforilata, quando i segnali di sopravvivenza mancano BAD viene defosforilato ed esso è libero di andare ad agire al livello della membrana mitocondriale dove può essere inibito da BCL-XL ma a livello della membrana si vanno a localizzare anche i BCL2 che bloccano NOXA e PUMA e questa BH3-only sono a loro volta attivate dal danno al DNA. Si ha quindi un intreccio delle proteine BCL-2 che regolano la permeabilità della membrana insieme ad altre proteine con cui interagiscono.
Quando la cellula è in apoptosi le chinasi AKT o PKB sono a loro volta inattivate e quindi BAD non è più fosforilata. BAD è fosforilato da AKT-K, si forma il dimero BCL-2=BCL-XL e il citocromoC non può più passare.
IL RUOLO IMPORTANTE DEL GENE P53
La regolazione dell’apoptosi avviene in base ai fattori attivati e in base al livello di p53 attivo. P53 infatti ha un ruolo fondamentale perché agisce su più geni in maniera diversa in base al ruolo svolto da questi nella proliferazione, infatti su BCL2 ha un’azione di blocco cioè inibisce la sua trascrizione mentre ha un effetto positivo sull’espressione di BAX.
P53 è inoltre regolata da se stessa ,ossia inibisce se stessa perché ha un effetto positivo su di un gene MDM2 che codifica per la proteina p90 la quale disattiva il p53, creando quindi un meccanismo di feedback negativo indiretto.
Altri geni attivati dal p53 sono il gene GADD45 (Growth Arrest and Dna Damage 45), è un gene di stress che viene attivato in seguito a danno al DNA e codifica per una proteina che interagisce con il prodotto del gene PCNA (proliferatine Cell Nuclear Antigen), fattore di proliferazione nucleare che conduce alla riparazione del DNA.
Altro gene molto importante attivato da p53 e il gene WAF1 che è un antioncogene e che produce la proteina p21 che blocca la proliferazione perché interagisce con le chinasi ciclinodipendenti che fosforilata dei substrati e permettono il passaggio G1-S; p21 blocca le chinasi e impedisce il passaggio prima citato.
GENI DELL’APOPTOSI
L’apoptosi è un processo attivo che coinvolge l’espressione di geni importanti anche per la sopravvivenza e la crescita cellulare: il livello dei loro prodotti è spesso controllato dalla degradazione mediata dall’ubiquitina nel sistema dei proteasomi. Nella regolazione delle dimensioni di una popolazione cellulare l’apoptosi ha una funzione opposta a quella della mitosi: è naturale quindi che nel controllo dell’apoptosi siano implicati geni che hanno il nome di oncosoppressori. Bcl-2 agisce come antiapoptotico perché favorisce la sopravvivenza cellulare; il prodotto del gene p53 è un oncosoppressore che arresta la crescita di certe popolazioni cellulari aumentando la frequenza di apoptosi.
Il prodotto di p53 è un fattore trascrizionale che inibisce l’attività basale di Bcl-2 indirettamente inducendo il gene Bax. Gli esempi fatti sono i più semplici ma in realtà la rete di regolazione è estremamente più complessa come dimostra il caso dell’oncogene c-myc che nelle cellule coltivate in vitro sembra determinare proliferazione o apoptosi in rapporto alla disponibilità o alla mancanza di determinati fattori di crescita.
In condizioni fisiologiche il p53 è espresso in piccole quantità. Quando viene alterato il DNA la fosforilazione la rende più stabile e non viene degradato. Una mutazione quale una delezione o una inattivazione della proteina è stata riscontrata in più del 50% dei tumori umani.
L’oncoproteina Myc, la cui attività di fattore trascrizionale è regolata attraverso complessi con specifici patner cellulari di cui il più noto è il prodotto del gene Max, ha una funzione positiva nella proliferazione cellulare, il suo ruolo nell’apoptosi suggerisce che in presenza di segnali contradditori possa innescare l’apoptosi come nel caso dei timociti trattati con desametasone. Myc ha un effetto a livello mitocondriale stimolando il rilascio del citocromo C per attivazione di Bax in seguito a modificazioni della conformazione proteica.
La ricerca ha identificato altri geni implicati nella differenziazione, nell’arresto mitotico da danni al DNA o nella proliferazione cellulare, e che sono coinvolti nella regolazione dell’apoptosi. I segnali per l’attivazione dei geni proapoptotici percorrono vie di trasduzione che sono state molto studiate ma alle quali è difficile attribuire un ruolo preciso e costante. Le osservazioni più recenti sul ruolo del calcioione Ca2+ nell’attivazione delle endonucleasi specifiche fanno pensare ad una mediazione dei fosfoinositidi (IP3 che si forma ad opera della fosfolipasi C) o di eventuali altri secondi messaggeri che agiscano modificando la concentrazione del calcioione intracellulare. Un numero limitato di proteine specifiche sono defosforilate durante l’apoptosi indotta da temperature elevate o da radiazioni ionizzanti. D’altra parte esiste una serie di evidenze che la fosforilazione di altre proteine è coinvolta nella trasduzione dei segnali apoptotici. È quindi impossibile dare un quadro generale coerente del fenomeno. La proteinchinasi C, uno degli enzimi più importanti e studiati, è stata alternativamente descritta nel circuito di induzione o di inibizione dell’apoptosi e in ogni caso è la natura della proteina, di volta in volta fosforilata o defosforilata, che definisce la risposta cellulare.
Numerosi tipi di stress (ossidativo, da U.V., da radiazioni ionizzanti), possono attivare una sfingomielinasi che genera ceramide. Quest’ultima agirebbe come secondo messaggero dell’apoptosi attivando la chinasi c-Jun-N-terminale (JNK) che attiva fattori trascrizionali come AP-1 fosforilando il prodotto del gene c-Jun e Myc/Max. JNK sarebbe anche coinvolta nell’attivazione di caspasi 8 regolando l’interazione con la proteina adattatrice FADD. Talvolta la fosforilazione non induce attivazione ma inattivazione di molecole biologicamente attive. Cosi JNK potrebbe inattivare Bcl2 e lasciare spazio all’azione di fattori proapoptotici.
Un altro segnale per l’induzione dell’apoptosi è il rilascio delle cellule dal loro ancoraggio alla matrice extracellulare o dagli altri contatti con cellule vicine. Questa condizione che favorisce o inizia l’apoptosi va sotto il nome di “anoikia” (cioè “senza causa”). L’esatto segnale e la relativa via di trasduzione da rilascio dell’ancoraggio non sono noti. Anoikia si può avere perché 1) Il distacco priva le cellule dei segnali di sopravvivenza mediati dalle caderine e dalle integrine 2) le modificazioni del citoscheletro, indotte dal distacco, causano il rilascio di proteine proapoptotiche “BH3” come la proteina Bmf, normalmente inattiva per legame all’actina, e come la proteina Bim, legato alla catena leggera della dineina. Si ipotizza un coinvolgimento di enzimi del gruppo delle MAP chinasi. Il ruolo fisiologico dell’anoikia non è chiaro: potrebbe essere un meccanismo di distruzione di cellule che tendono a rendersi autonome dal tessuto. Le cellule tumorali non risentono della perdita di contatto e non vanno incontro ad apoptosi da anoikia: questa può essere una proprietà correlata alla capacità di crescita infiltrativa e metastatica. Dopo la cicatrizzazione di una ferita, i fibroblasti del derma vanno incontro ad apoptosi. In contrasto a quanto abbiamo appena detto per le cellule epiteliali, che vanno in apoptosi quando si distaccano dal substrato, l’apoptosi dei fibroblasti del derma sembra essere mediata attivamente dai segnali collageno/recettori.
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