In uno studio pubblicato su "Proceedings of the National Academy of Sciences" sono stati pubblicati i risultati di una ricerca compiuta da un pool di scienziati statunitensi e brasiliani riguardanti una delle più comuni forme di demenza, l'Alzheimer. Si è scoperto un collegamento di tale patologia ad un'altra malattia comune nella terza età, il diabete mellito di tipo 2. Si è infatti osservato come statisticamente curare l'Alzheimer con l'ormone dell'insulina o altri farmaci antiiperglicemici può aiutare pazienti colpiti da demenza senile: l'insulina potrebbe "proteggere" le cellule cerebrali, in particolar modo le cellule della corteccia situate in aree frontali e temporali, e ridurre così i danni arrecati alla memoria a breve termine.
Il legame tra diabete e probabilità di insorgenza dell'Alzheimer è da tempo evidente per gli scienziati: studi condotti in Germania e negli USA hanno chiarito la natura di questa associazione e hanno concluso che la resistenza all'insulina (prima causa del diabete di tipo 2) nelle cellule cerebrali può compromettere la loro attività determinando l'insorgenza dei disturbi tipici dell'Alzheimer.
I recettori dell'insulina sono presenti in tutti i tessuti del corpo e sebbene non siano fondalmentali per il mantenimento in vita del tessuto cerebrale, la loro attivazione prolungata ed esagerata in determinate aree può alterare alcune funzioni cerebrali. Per studiare questo processo, i ricercatori si sono avvalsi di alcuni topi in cui i recettori dell'insulina presenti nei neuroni erano stati disattivati. I risultati hanno confermato che, nei topi geneticamente modificati, la resistenza neuronale all'insulina può interagire con altri fattori di rischio che determinano l'insorgenza dell'Alzheimer. "Questa è la prima dimostrazione del collegamento tra resistenza all'insulina e Alzheimer" ha detto C. Ronald Kahn del Joslin Diabetes Center di Boston "e dimostra come lo sviluppo di nuovi trattamenti per la resistenza all'insulina possano avere un impatto positivo non solo per il diabete, ma anche per altre malattie croniche".
Alcuni ricercatori, in un altro studio, hanno addirittura ipotizzato un altro tipo di legame fra Alzheimer e diabete. Secondo i ricercatori del “Rhode Island Hospital” e della “Brown Medical School”, in seguito a uno studio condotto su 45 soggetti deceduti, il morbo di Alzheimer potrebbe essere in realtà un diabete “di tipo 3”. Durante la ricerca è emerso che i pazienti affetti dal morbo di Alzheimer presentavano una riduzione di insulina. Già in precedenza, la neuropatologa Suzanne M. de la Monte, aveva comunicato che l'insulina non viene prodotta soltanto nel pancreas, ma anche nel cervello.
L'analisi è stata condotta osservata la corteccia frontale dei pazienti e misurando al suo interno l'insulina, il fattore di crescita insulino-simile (IGF-I) e i recettori per l'insulina. Dall'analisi si è evidenziato che più era avanzata la malattia, minori erano i valori dei parametri tenuti sotto controllo. Nei casi in cui la malattia era più avanzata, sono stati riscontrati alcuni valori come ad esempio quelli riguardanti i recettori dell'insulina, ridotti anche dell'80 % rispetto a quelli di un cervello sano. Secondo i ricercatori, i dati raccolti fanno pensare all'Alzheimer come una nuova forma di diabete che si ripercuote sul cervello, sul suo metabolismo, sul deterioramento delle cellule nervose. Grazie a questo studio e futuri approfondimenti, si potranno sviluppare nuove tecniche di trattamento che potranno migliorare la salute dei pazienti.
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