Circa mezzo secolo fa, nel periodo d'oro dell'industria farmaceutica, i bassi costi di ricerca e produzione nonchè la spinta di un nuovo modello industriale basato sulla serrata concorrenza hanno permesso un continuo progredire della ricerca farmacologica, la quale a sua volta ha concesso un numero infinito di pillole a scopo terapeutico, dal controllo della pressione arteriosa al controllo della glicemia fino alla risoluzione delle infezioni batteriche. Attualmente però, proprio a causa della crisi economica dovuta a impoverimento di risorse delle nazioni, tale modello economico e culturale è in difficoltà: il costo per portare un nuovo farmaco sul mercato si aggira sul miliardo di dollari, con un processo che può durare oltre 15 anni. Quasi del tutto abbandonate le strade della ricerca farmacologica "pubblica", le industrie più conosciute del settore stanno affrontando a sua volta un periodo di crisi economica e il taglio continuo dei budget sta distruggendo il solido telaio su cui si basavano le operazioni più comuni. La conferma arriva dalla preoccupazione espressa da molti rappresentanti mondiali del mondo accademico nonchè molti gruppi di pazienti, i quali temono non più un allungamento ma una vera e propria cancellazione di quei progetti la cui possibile realizzazione potrebbe portare benefici terapeutici a molte malattie attualmente insolute.
Ad essere colpite maggiormente sono le malattie con bassa frequenza di soggetti colpiti. Se da un lato gli sforzi economici residui della ricerca si stanno concentrando su quelle malattie a larga diffusione mondiale, dall'altro si sta concretizzando un abbandono totale di quei percorsi che potrebbero portare a soluzioni per malattie coinvolgenti una frequenza bassa di pazienti, con il risultato di una disastrosa "selezione naturale".
Inoltre, proprio in quest'ultimo decennio si sta concretizzando il timore espresso da tanti ricercatori in merito allo sviluppo di una farmaco-resistenza generalizzata: molti ceppi batterici stanno "emergendo" in quanto resistenti ai più comuni farmaci antibiotici.
Lo scorso anno il direttore generale dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) Margaret Chan ha avvertito che il mondo stava andando verso una "era post-antibiotica" ed espresse il timore che molte infezioni comuni potrebbero non avere più una cura valida e quindi potrebbero ancora una volta "uccidere senza sosta". Una regressione al passato davvero non auspicabile.
Infine, ulteriore problema segnalato dall'OMS e da considerare: l'aumento generalizzato dell'età media sta causando un incremento dell'incidenza delle patologie neurologiche quali ad esempio Alzheimer e Parkinson, dove tuttora vi è una carenza di farmaci a efficacia sicura, da cui un ulteriore "peso" per la ricerca.
Il vecchio modello della ricerca farmacologica non funziona più bene. Il modello è inefficiente. Nove volte su dieci, molecole che mostrano la promessa in fase precoce sono destinati al fallimento nei processi successivi. Il cosiddetto "Blockbuster method" - che impegna ingenti somme di denaro per trovare un farmaco che promette di trattare una parte enorme della popolazione, e generando cosi un ritorno di denaro per coprire altre perdite sperimentali - non può più sostenere il settore, perchè il denaro non va più a coprire le perdite sperimentali ma le perdite di settore.
Ma è tutta colpa della crisi economica? Con una opinione controversa, Chas Bountra, professore di medicina traslazionale all'Università di Oxford, accusa i rallentamenti del ritmo di ricerca alla scarsa possibilità di approfondire la conoscenza molecolare umana: "Non capiamo abbastanza di malattie umane o abbastanza sulla modalità d'azione dei farmaci esistenti. Prendete per esempio il paracetamolo. Tutti noi lo prendiamo, tutti noi sappiamo dei suoi effetti collaterali ad alte dosi, ma non sappiamo ancora esattamente con precisione quale sia il suo sito molecolare d'azione. E se non siamo in grado di appurarlo, come possiamo progettare molecole migliori e quindi meno inclini a controindicazioni? Trovare nuove proteine o geni del corpo che possano essere indicate come obiettivi di un farmaco senza possibili ripercussioni ha, attualmente, le probabilità di una vincita ad una lotteria. Ci sono più di 20.000 proteine nel corpo umano, e nessuna di queste proteine potrebbe essere un obiettivo per la scoperta di un nuovissimo farmaco. La nostra capacità, anche nel 2012, per essere in grado di dire una proteina sta andando a lavorare in questo gruppo di pazienti o un sottoinsieme di pazienti, è spaventosamente bassa".
Un'altra minaccia al mondo della ricerca farmacologica è la duplicazione. "Noi ricercatori non pubblichiamo i nostri fallimenti, o se le facciamo pubblicare, si pubblicano troppo tardi. Di conseguenza altri accademici, le altre aziende, continuare a lavorare sullo stesso obiettivo, continuare a sprecare risorse e le carriere e esporre i pazienti a molecole che hanno una probabilità di fallimento elevata" dichaira il prof Bountra.
Il Prof. Patrick Vallance, presidente di ricerca e sviluppo di prodotti farmaceutici della famosa industria GlaxoSmithKline, pensa che il settore stia diventando sempre più aperto: "Una delle cose che abbiamo fatto è di dichiarare pubblicamente ogni passo della nostra attività di ricerca e sviluppo. E mentre pubblichiamo i nostri risultati, rendiamo i nostri protocolli disponibili ai revisori. Questo modo di agire è di aiuto per dare una migliore visibilità di ciò che è in cantiere". Per esempio, la GlaxoSmithKline ha messo 13.500 "strutture molecolari" che hanno il potenziale di uccidere la malaria a conoscenza di pubblico dominio. Prof Vallance dice che l'azienda ha agito così perché la dispersione di risorse per fenomeni di duplicazione è un "problema difficile da decifrare". E aggiunge: "Perché non permettere a chiunque di dare un'occhiata a questi composti e vedere se si può pensare a qualcosa di più intelligente di quanto stiamo facendo, e vedere se riescono a raggruppare in un certo modo o individuare un modello che abbiamo perso?", ma, sostiene, dobbiamo essere realistici su questo punto: "Ci sarà sempre un certo grado di sovrapposizione, perché a crearla è la stessa concorrenza fra industrie". Per la cronaca, anche il gruppo del prof Bountra di Oxford ha preso la decisione di pubblicare tutti i loro successi e fallimenti.
Il professor Paul Workman dell'Istituto di ricerca sul cancro punta ad un altro tema scottante: "Con i problemi della crisi finanziaria si è sviluppata una sorta di vuoto che molti di noi descrivono come "la valle della morte". Questa è la valle tra ricerca di base e l'innovazione da un lato, e il beneficio per il paziente e il successo commerciale dall'altro, con questo abisso in mezzo in cui vi è una mancanza di fondi e i numerosi casi di fallimento".
Lo studioso inglese è comunque ottimista sul fatto che la scienza possa ancora progredire e portare nuove opportunità di successo, ma il problema di fondo è che "la scienza ci sta portando nella direzione opposta ai farmaci generici di successo, cioè ci sta spingendo verso la medicina "personalizzata". Questo significa che in un futuro non lontano si potrà identificare il paziente a cui il principio attivo usato per la terapia può dare benefici semplicemente attraverso un test genetico del suo DNA. Tuttavia, solo un piccolo numero di pazienti potrebbe beneficiare di una determinata terapia, ma ne trarrà beneficio in modo ottimale.
E' necessario quindi un cambiamento culturale. Ciò che il mondo accademico sta sostenendo da qualche anno è la necessità di un nuovo modello che veda nella stretta collaborazione fra differenti gruppi di ricerca al fine di concentrare le poche risorse economiche e umane rimaste in tale campo e ridurre al minimo gli sprechi di tempo e denaro. Tale collaborazione dovrebbe attuarsi solo nelle fasi iniziali, in quanto nelle fasi avanzate di sviluppo una concorrenza "commerciale" e "industriale" è inevitabile, come affermato dallo stesso prof Workman: "Ci sarà una forte concorrenza per ottenere il miglior primo farmaco, per essere sicuri di fare il processo giusto e mostrare di possedere e poter vendere la migliore medicina".
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