Le dimissioni dei pazienti dagli ospedali devono essere decise solo in base a valutazioni di "ordine medico" e non secondo i criteri di economicità presenti nelle linee guida delle strutture sanitarie per il contenimento della spesa sanitaria. E' quanto stabilito dalla Cassazione che ha annullato l'assoluzione di un medico dall'accusa di omicidio colposo di un paziente dimesso, secondo le linee guida, dopo 9 giorni da un intervento cardiaco. Per liberarsi da ogni responsabilità, a un medico non basta, quindi, dire di essersi "attenuto scrupolosamente alle linee guida" previste per i professionisti.
Il caso era nato all'ospedale di Busto Arsizio, nel Milanese. Il dottor Roberto G. aveva dimesso il paziente Romildo B. dopo un ricovero di nove giorni dall'intervento di angioplastica all'arteria anteriore per curare un infarto esteso del miocardio. Poche ore dopo il signor Romildo era morto. Il medico era stato chiamato a rispondere di omicidio colposo per dimissioni frettolose. La perizia legale aveva accertato che se l'uomo non fosse stato dimesso, sarebbe sopravvissuto per le rapide cure che avrebbe ricevuto in reparto.
In primo grado il medico che firmò le dimissioni venne condannato a 8 mesi di reclusione e a risarcire i danni morali ai familiari. In appello invece, fu assolto "perché il fatto non costituisce reato" in quanto il medico aveva seguito le linee guida in tema di dimissioni. Tesi non condivisa dalla Cassazione che ha accolto il reclamo della procura e dei familiari.
Per I supremi giudici le linee guida non sono chiare, non si conosce nulla dei loro contenuti, nè da quale autorità provengano, e neppure di quale sia il loro livello di scientificità. I togati dubitano che non siano altro che "uno strumento per garantire l'economicitàdella gestione della struttura ospedaliera". "A nessuno - prosegue la Cassazione - è consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute".
I giudici ricordano poi ai medici che prima di tutto devono rispondere al loro codice deontologico in base al quale hanno il dovere "di anteporre la salute del malato a qualsiasi altra diversa esigenza". Quindi non sono tenuti "al rispetto di quelle direttive laddove esse siano in contrasto con le esigenze di cura del paziente, e non possono andare esenti da colpa ove se ne lascino condizionare, rinunciando al proprio compito e degradando la propria professionalità e la propria missione a livello ragionieristico".
Adesso per il medico delle dimissioni affrettate si apre un nuovo processo. I giudici dovranno anche entrare nel merito di un paziente che, oltre ad essere stato colpito da infarto, aveva anche un quadro clinico che consigliava prudenza in quanto era fumatore e obeso. Forse neppure da tenere in considerazione per le linee guida.
FONTE: Tgcom.it
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