Basta coi tagli: la sanità italiana va rafforzata e riallineata ai principi di equità. Lo chiede all’unanimità una recente indagine conoscitiva della 12esima Commissione del Senato, che spinge per il rafforzamento del Servizio sanitario nazionale. Senza però aver trovato grande eco da parte dei partiti: il tema della salute dei cittadini è praticamente assente dal dibattito politico di una campagna elettorale dove ha trovato spazio perfino la riapertura delle case chiuse. Anche a dispetto del fatto che la sanità rappresenta circa l’80% dei bilanci delle Regioni e che, come nel caso del Lazio, sia pure motivo di pesante indebitamento (10 miliardi su 25 dell’intera sanità italiana).
A leggere le parole del resoconto sommario, la situazione della sanità italiana rischia di peggiorare ulteriormente se la politica non interviene per garantire il diritto alla salute dei cittadini. “La sanità sta pagando un pesante contributo alle politiche di contenimento dei costi messe in atto dai governi succedutisi fino ad oggi, attraverso manovre di particolare entità per il Servizio sanitario nazionale che se da un lato hanno favorito una razionalizzazione del sistema, dall’altro stanno mettendo a dura prova i bisogni dei cittadini”, si legge nelle conclusioni dell’indagine sul Ssn. “Le restrizioni imposte alla sanità pubblica, in particolare nelle regioni sotto Piano di Rientro (…) stanno producendo effetti preoccupanti in termini di funzionamento dei servizi e di assistenza erogata ai cittadini, alimentando importanti diseguaglianze all’interno di un sistema che, al contrario, dovrebbe rispondere ai principi di equità”.
Secondo il Senato, questa tendenza non può continuare ancora a lungo: “la Commissione ritiene che, nei prossimi anni, il sistema non sia in grado di sopportare ulteriori restrizioni finanziarie, pena un ulteriore peggioramento della risposta ai bisogni di salute dei cittadini e un deterioramento delle condizioni di lavoro degli operatori”. Per questo, prosegue il documento, “la Commissione (Igiene e sanità, ndr) ritiene che la tutela della salute debba ritornare a pieno titolo a far parte dell’agenda delle priorità dei governi (nazionale e regionale)”. In che modo? Con un piano straordinario di investimenti, la ridefinizione e il monitoraggio dei livelli essenziali assistenziali (Lea) che, secondo il Senato, non sono garantiti su tutto il territorio nazionale. Parole che suonano come musica alle orecchie della Cgil che si sta battendo anche contro la tendenza del governo Renzi prima e Gentiloni poi di favorire lo sviluppo di welfare aziendale sottraendo risorse agli investimenti nella sanità pubblica e quindi alla sua universalità.
“Speriamo che la questione sanità entri a pieno titolo in questa campagna elettorale”, confida il responsabile welfare della Cgil, Stefano Cecconi. I precedenti non testimoniano a favore: “Da Monti in poi abbiamo assistito a dichiarazioni programmatiche di governi che non hanno assolutamente affrontato la questione della salute pubblica e del futuro del Servizio sanitario nazionale”, racconta Costantino Troise, segretario nazionale dell’Anaoo Assomed. “Siamo di fronte ad una colossale opera di mistificazione – prosegue Troise –. La politica chiede un voto nascondendo il progetto che ha in mente per la salute dei cittadini. Direi che è quanto meno curioso che i partiti non si esprimano sui piani che hanno per garantire il diritto alla salute in un sistema sanitario che avrebbe bisogno di un innesto di nuovi risorse economiche e professionali per far fronte alle esigenze di una popolazione che invecchia”. Per questo i medici di Anaoo Assomed hanno lanciato la campagna: #prima di votare, pensa alla salute. Un modo per invitare la gente a difendere con i denti il costituzionale diritto alla salute e per spingere la politica ad invertire la rotta su un tema del peso dell’universalità delle cure pubbliche per i cittadini.
AUTRICE: Fiorina Capozzi
FONTE: Il Fatto Quotidiano
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