La salute degli italiani sta cambiando in maniera costante: guardando indietro anche solo di un decennio troviamo grandi progressi, ma anche qualcosa di cui preoccuparci. Secondo gli ultimi dati resi noti dall’Istat, infatti, dal 2003 al 2014 le malattie per cui si muore di più sono demenza, Alzheimer, Parkinson e diverse malattie infettive e parassitarie. Fra quelle in crescita, però, la causa di morte più comune è un’altra e riguarda i disturbi psichici e comportamentali: nel 2003 si contavano 1,5 morti ogni 10 mila abitanti, oggi sono 2,5. Un aumento tutt’altro che insignificante.
Se però allarghiamo lo sguardo al resto del quadro la situazione cambia parecchio, e c’è di che essere ottimisti: in generale sono poche le malattie per cui è aumentata la mortalità. Nel tempo, infatti, le tre principali cause di decesso sono diventate meno frequenti, migliorando molto le prospettiva di vita degli italiani: sono calate le malattie del sistema circolatorio, insieme a tumori e a malattie cerebrovascolari come gli ictus.
In ognuno dei grandi gruppi la mortalità è in diminuzione, dove più in fretta, dove meno. Proprio nel caso delle malattie del sistema circolatorio il miglioramento è stato rapido, e nell’arco di un decennio in diverse regioni il tasso di mortalità si è anche dimezzato. Anche nel caso dei tumori oggi la situazione è senza dubbio rosea rispetto a qualche tempo fa, ma la sfida resta difficile e i decessi diminuiscono con maggiore lentezza.
La situazione può essere illustrata bene con una mappa: area per area, la mortalità si riduce sia dov’era superiore alla media italiana, sia dove già risultava inferiore. Nella provincia di Roma – così come a Trieste e più in generale nel Nord-Ovest – il calo è evidente, mentre al sud il passo tende a essere più lento.
A guardare con attenzione, non mancano infatti aree ancora problematiche. Province come Caserta, Caltanissetta, Enna e soprattutto Napoli sono quelle in cui il tasso di mortalità è più alto, e parecchio superiore alla media nazionale. I numeri sono comunque migliorati rispetto a un decennio fa, ma restano eccezioni da tenere sotto osservazione in un panorama altrimenti positivo.
Le cause di decesso che crescono vanno invece inquadrate nel giusto contesto. Il tasso di mortalità legato a disturbi psichici, comportamentali o demenza è leggermente minore rispetto a quello del diabete, mentre le altre tre cause in crescita provocano decessi quanto i tumori al seno, o leggermente meno. Che siano meno frequenti, s’intende, non implica in alcun modo che siano poco importanti, né che il loro aumento non meriti di essere indagato.
La media italiana è un buon punto di partenza, ma ci aiuta a capire solo in parte: di nuovo troviamo ampie differenze fra regioni. In linea generale, la mortalità per malattie del sistema circolatorio – come gli infarti del miocardio – tende a essere maggiore nel Meridione, mentre nel Nord sono più pericolosi i tumori. Si tratta di un divario non da poco: per dare un’idea, il tasso di mortalità per le malattie cerebrovascolari in Sicilia è oltre il doppio che in Trentino Alto Adige.
Rispetto ai tre gruppi principali, tutte le altre cause di decesso appaiono invece assai più rare. Al di là delle malattie vere e proprie, troviamo catalogati anche eventi di diverso tipo con cui fare qualche confronto. A parità di tutti gli altri fattori, per esempio, è altrettanto comune morire per un incidente stradale che per una caduta, oppure per un tumore dei reni o dell’ovaio. Rari sono ormai i decessi per Aids, appena più comuni degli avvelenamenti accidentali o degli omicidi. Ancora più difficile è morire a causa della dipendenza da droga.
Un’altra grande linea di demarcazione è il genere. Le donne vivono diversi anni più degli uomini, e così naturalmente il loro tasso di mortalità è minore. Questo è vero in quasi tutti i casi, con qualche eccezione. Essere uomini o donne non fa differenza quando si tratta di asma, influenza o disturbi psichici e comportamentali, mentre per le donne la mortalità aumenta a causa dell’Alzheimer.
Esistono anche cause di decesso tipicamente maschili, nel senso che si verificano con maggiore frequenza negli uomini e meno nelle donne. Fra queste i tumori maligni della laringe, alla vescica o all’esofago, oppure l’abuso di alcool. Anche suicidi, incidenti stradali, annegamenti e omicidi colpiscono più gli uomini rispetto alle donne, nonostante siano poco eventi poco frequenti.
Confrontando malattie, eventi, persone e aree diverse entrano in gioco tantissimi fattori. Alcuni dipendono dalla genetica dei singoli individui, ma a spostare l’ago in una direzione o nell’altra spesso è anche il reddito o il livello d’istruzione, l’attività fisica oppure la dieta. Esiste un ampio divario fra fumatori e non fumatori, per citare un altro elemento, e certo incide anche il lavoro che svolgiamo o se per qualche motivo siamo esposti a sostanze inquinanti.
I numeri, ad ogni modo, non vanno presi alla lettera, anche quando provengono da una fonte ufficiale e affidabile come l’Istat. A volte è difficile determinare con esattezza una causa di morte, altre volte è cambiato nel tempo il modo in cui gli eventi vengono catalogati dai medici. Tutto questo crea un certo margine di incertezza: a volte, infatti, è possibile l’aumento di alcune malattie sia dovuto anche al fatto che i dottori oggi le prendono in considerazione più spesso.
Nel caso di decessi dovuti a traumi, tumori o malattie ben definite e di breve durata i numeri tendono invece a essere piuttosto affidabili. Più complicato è il caso delle patologie degenerative, che a volte possono impiegare anni a effettuare il proprio corso e non sempre è facile collegarle con precisione a un decesso.
AUTORE: Davide Mancino
FONTE: Corriere.it
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