Ogni anno si laureano circa 9 mila studenti in medicina, ma di questi solo in 5 mila riescono ad accedere alle scuole di specializzazione. Un numero, quest'ultimo, che quest'anno farà i conti con il taglio di ulteriori 500 posti. Portando quindi al 50% i posti disponibili per una platea di giovani laureati che senza specializzazione può prestare solo servizio presso le guardie mediche.
Sarà questo, ma non solo, uno dei temi caldi della manifestazione di oggi a Roma in piazza Montecitorio, organizzata dall'Associazione Italia giovani medici (Sigm) assieme al Comitato Pro Concorso nazionale che vuole portare all'attenzione del nuovo Governo (annunciata anche la presenza del ministro della salute Beatrice Lorenzin) e del rinnovato Parlamento, tutte le questioni che «affliggono la condizione dei giovani camici bianchi italiani, da tempo denunciate e per larga parte ancora irrisolte».
Insomma all'annosa carenza di medici, ai pensionamenti in massa e al blocco dei turnover per i piani di rientro, ora il sistema sanitario deve fare i conti con una situazione che, senza correttivi immediati, porterà entro i prossimi dieci anni alla mancanza di circa 30 mila specialisti destinati allo svolgimento di funzioni non delegabili a altre professioni sanitarie. Il tutto a causa dello scollamento tra il numero dei laureati e i posti disponibili nelle scuole di specializzazione
I numeri. Del resto sono le cifre a parlare. L'Italia ha un numero di medici professionalmente attivi superiore alla media europea, pari a 4,1 professionisti per mille abitanti contro una media dell'Unione europea di 3,4 per mille abitanti. Ma questa è una situazione destinata in breve tempo a cambiare. Ecco perché la richiesta non è solo quella di aumentare le immatricolazioni, ma soprattutto garantire a quanti si laureano la possibilità di accedere ad una scuola di specializzazione, facendo coincidere il numero dei laureati con quello dei potenziali specialisti.
Oggi uno studente pur laureandosi regolarmente in corso, infatti, rischia in molti casi di dover attendere altri due o tre anni prima di accedere alla scuola di specializzazione, portando il suo iter formativo a 13-15 anni e ritardando il suo ingresso nel mondo della professione, cioè intorno ai 35 anni di età, con pesanti ricadute anche sotto il profilo pensionistico. «Se ogni anno», dice il sindacato, «fanno il loro ingresso a medicina circa 10 mila matricole e poi, nel post lauream, l'accesso alla formazione dei neolaureati è possibile soltanto per 4.500 specializzandi e circa 800 corsisti di medicina generale, allora i conti non tornano.
E ancora meno se si considera che in questo modo stiamo investendo denaro a fondo perduto nella formazione di professionalità quanto mai necessarie per la nostra sanità ma che, allo stato attuale, nel nostro Ssn non troveranno mai spazio». Non è un caso, infatti, che negli ultimi anni circa 1.000 giovani medici hanno fatto richiesta al Ministero della salute del certificato di congruità, necessario per esercitare la professione all'estero, e il trend è in ascesa.
Per ridare dignità e futuro alla professione medica in Italia, secondo i promotori dell'iniziativa, è necessario «rilanciare la formazione medica post lauream attraverso l'adeguamento del capitolo di spesa della formazione medica specialistica e l'adozione di un contratto di formazione specifica in medicina generale»; riformare al più presto il concorso di accesso alle scuole di specializzazione «nel segno del merito e della trasparenza» e, poi, ancora, effettuare una corretta programmazione (quantitativa e qualitativa) del fabbisogno di professionalità mediche da formare e adozione di politiche di sostegno all'accesso dei giovani medici al mondo del lavoro «in modi e tempi che siano in linea con l'Europa».
Infine, il nodo previdenziale: per il Sigm è necessario operare una «riconfigurazione del trattamento previdenziale dei medici, con particolare riferimento ai giovani professionisti ed al duplice iniquo inquadramento Inps/Enpam dei medici in formazione».
FONTE: Italiaoggi.it
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