Tutti ne parlano. Tutti ne invocano le proprietà benefiche, specialmente in periodi di gelo e di influenza come questo freddissimo dicembre, ma quanti ne conoscono davvero tutte le proprietà? Innanzitutto è giusto sapere che le vitamine sono composti organici essenziali per l'uomo. Esse sono incluse tra quei micronutrienti che devono essere assunti con la dieta quotidianamente poiché non vengono sintetizzati dall'organismo umano. La scoperta delle vitamine nacque dalla constatazione che una dieta a base di carboidrati, lipidi, proteine e sali minerali non era sufficiente a garantire lo sviluppo e la sopravvivenza di cavie e individui ma che era necessario addizionare anche degli opportuni fattori di crescita. Il primo di questo composti venne isolato nel 1911: per la sua positività alle reazioni delle ammine, venne denominato ammina della vita (da cui vitamina, il cui nome venne dato dal biochimico di origine polacca Casimir Funk nel 1912). Successivamente furono isolati e caratterizzati altri composti la cui carenza nella dieta provocava specifiche patologie, curabili solo con l'aggiunta di queste sostanze, che furono perciò chiamate vitamine sebbene non tutte possiedano gruppi amminici. Bisogna sottolineare, comunque, che il consumo nella dieta di vitamine può essere necessario per una specie ma può non esserlo per un'altra: un esempio viene dalla vitamina C che è necessaria nella dieta solo per l'uomo, i primati e pochi altri animali, dato che esclusi questi, tutti i rimanenti la autosintetizzano a partire da altri nutrienti, pur restando un elemento assolutamente indispensabile per ogni forma vivente, vegetali inclusi, ma venendo autoprodotto non è necessario per questi ultimi introdurne nell'organismo.
Le vitamine, in particolare quelle solubili in ambiente acquoso, regolano il metabolismo cellulare e tissutale attraverso l'attività degli enzimi di cui sono parte integrante trasformandosi nella parte coniugata detta coenzimatica; non sono apportatrici di energia metabolica (calorie) né entrano a far parte dei costituenti strutturali dell'organismo.Le vitamine presentano strutture chimiche molto diverse tra loro per cui, al momento, l'unica classificazione operativamente valida è quella che le distingue in due gruppi: quello delle vitamine idrosolubili (vitamine del gruppo B e vitamina C) e quello delle vitamine liposolubili (vitamine A, E, D, K). Le vitamine idrosolubili svolgono principalmente la funzione di coenzimi, mentre non tutte quelle liposolubili hanno una simile attività. Non tutte le vitamine vengono assunte nella loro forma biologicamente utilizzabile ma piuttosto come precursori che vanno sotto il nome di provitamine. Una volta assunti, tali composti vengono trasformati da specifici enzimi metabolici nella loro forma attiva, al fine di renderli utilizzabili.
Vitamine idrosolubili
Vitamina B1 (tiamina)
Vitamina B2 (riboflavina)
Vitamina B3 o Vitamina PP (niacina o acido nicotinico)
Vitamina B5 o Vitamina W (acido pantotenico)
Vitamina B6 o Vitamina Y (piridossina o piridossamina o piridossale)
Vitamina B8 o Vitamina H (biotina)
Vitamina B9 o Vitamina M (acido folico)
Vitamina B12 (cobalamina)
Vitamina C (acido ascorbico)
Vitamine liposolubili
Vitamina A (retinolo ed analoghi)
Vitamina D (ergocalciferolo D2 e colecalciferolo D3)
Vitamina E (tocoferolo)
Vitamina K (naftochinone e derivati)
Assunzione
L'assunzione di vitamine deve essere costante nel tempo; attualmente però solo di alcune di esse sono note esattamente le quantità giornaliere raccomandabili ( vitamine: A, D, PP, acido folico, B1, B2, B6, B12). Per le altre si tende a far riferimento ad un intervallo di sicurezza. Il fabbisogno vitaminico varia a seconda dello stato fisiologico e/o patologico dell'individuo: età e sesso, ma anche in gravidanza e durante l'allattamento, per esempio, è necessario aumentarne l'assunzione.
Le carenze di vitamine e le malattie ad esse associate (pellagra, beriberi, rachitismo) sono un problema importante nei paesi sottosviluppati sia per la malnutrizione sia per alcuni tabù alimentari che possono sussistere presso alcune popolazioni. Nei paesi sviluppati invece sussistono altri tipi di problemi, dovuti più che altro a ipervitaminosi determinate da integrazioni eccessive e da ipoavitaminosi dovute a diete sbilanciate e carenti in particolari alimenti.
Diete ipocaloriche o vegetariane, ad esempio, possono indurre nell'organismo il decremento di alcune vitamine. L'uso di diete ipercaloriche, invece, può portare ad un eccesso solo di alcune vitamine, spesso le liposolubili ed ad una diminuzione di quelle idrosolubili. Alcuni farmaci possono interferire con l'assorbimento o l'attività di qualche vitamina. Anche l'uso eccessivo di preparati industriali può portare qualche problema. Alcuni procedimenti di preparazione e di cottura possono portare ad un deterioramento di alcune vitamine (la suscettibilità agli agenti fisici o chimici è, comunque, specifica per ogni vitamina). Tuttavia, sembra che simili procedure non diminuiscano la concentrazione di una certa vitamina al di sotto del 50%.
Le vitamine idrosolubili, nell'organismo umano, vengono eliminate rapidamente con le urine per cui difficilmente abbiamo accumulo. Le vitamine liposolubili, al contrario, vengono immagazzinate nel tessuto adiposo, per cui un loro eccesso viene smaltito più lentamente, con la possibilità di fenomeni di tossicità. Ciò spiega il motivo per cui si sconsiglia di ricorrere a dosaggi vitaminici giornalieri elevati e continuati rispetto a quelli ottimali. Si è visto, inoltre, che l'uso di vitamine in quantità maggiore di dieci volte rispetto ai fabbisogni consigliati può produrre effetti farmacologici supplementari che possono anche risultare negativi.
Nomenclatura
Usando le lettere dell'alfabeto viene costruita una nomenclatura (detta anche "tedesca") che non segue rigidi criteri di classificazione scientifica. Tuttavia è utile come elenco di nutrienti essenziali, anche se a volte non indica propriamente una vitamina ma una sostanza che si comporta o ha la funzione di vitamina.
Vitamina A: Retinoidi (e i Carotenoidi come provitamina A)
Vitamine B: inizialmente reputata singola vitamina poi dimostratasi un Gruppo vitaminico idrosolubile (B)
Vitamina C: Acido Ascorbico, il più comune e potente antiossidante
Vitamine D: inizialmente reputata singola vitamina poi dimostratasi un Gruppo di pro-ormoni liposolubili (D)
Vitamina E: Tocoferoli antiossidanti liposolubili
Vitamina F: Acidi grassi essenziali (Omega-3 ed Omega-6), dall'inglese fatty acids
Vitamina G: Riboflavina o Vitamina B2 (appartenente al Gruppo B)
Vitamina H: Biotina o Vitamina B7 (appartenente al Gruppo B)
Vitamina I: come la vitamina H, Biotina o Vitamina B7 (appartenente al Gruppo B)
Vitamina J: Colina, un nutriente essenziale talvolta accostato al Gruppo B
Vitamina K: Gruppo Complesso di composti (K dal tedesco Koagulation, Coagulazione)
Vitamina L: Acido Antranilico (un metabolita del Triptofano)
Vitamina M: Acido Folico o Vitamina B9 (appartenente al Gruppo B)
Vitamina N: Acido Alfa Lipoico -ALA- (o Acido Tiottico) un potente antiossidante liposolubile e idrosolubile
Vitamina P: Bioflavonoidi potenti antiossidanti idrosolubili (coadiuvanti della Vitamina C)
Vitamina PP: Niacina o Vitamina B3 (appartenente al Gruppo B) acronimo dell'inglese Pellagra Preventive
Vitamina Q: Ubichinone o Coenzima Q-10 (CoQ10)
Vitamina R: Acido Paramminobenzoico abbreviato PABA, o Vitamina B10 (appartenente al Gruppo B)
Vitamina S: Acido pteroil-eptaglutammico o Vitamina B11 (appartenente al Gruppo B)
Vitamina T: Tocotrienoli fattore alimentare dei semi di Sesamo (appartenente alla Vitamina E)
Vitamina U: Metilmetionina o S-metil-L-metionina, sostanza presente in alcuni vegetali
Vitamina V: sostanza non meglio identificata, probabilmente liposolubile di derivazione vegetale, con funzione antiulcerosa
Vitamina W: Acido Pantotenico o Vitamina B5 (appartenente al Gruppo B)
Vitamina X: al momento non usato
Vitamina Y: Piridoxina o Vitamina B6 (appartenente al Gruppo B)
Vitamina Z: Zinco, nutriente essenziale proposto (e non accettato) come vitamina
Scoperte nel 1911 dal medico polacco Kazimierz Funk, che estrasse per la prima volta dalla crusca una sostanza in grado di curare il beri beri, le vitamine sono nutrienti essenziali alla salute la cui regolare assunzione, tramite gli alimenti, può avere effetti importanti nella prevenzione di numerose malattie, tra cui varie forme di anemia, di disturbi del sistema nervoso, fino ad alcuni tipi di cancro. Le vitamine sono un insieme molto eterogeneo di sostanze chimiche, normalmente necessarie in minime quantità per i fabbisogni dell’organismo, nel quale regolano una serie di reazioni metaboliche, spesso funzionando come coenzimi. La carenza di vitamine, che è solitamente definita ipovitaminosi quando la vitamina è presente in quantità insufficienti nell’organismo e avitaminosi nei casi, molto più rari, in cui è totalmente assente, ha sintomi specifici a seconda del tipo di vitamina e può causare diversi disturbi o malattie. L’ipovitaminosi può dipendere da una insufficiente assunzione di vitamina con gli alimenti, da un aumentato fabbisogno, come avviene ad esempio in gravidanza, o dalla presenza di alterazioni intestinali che ne impediscono l’assorbimento, come nel caso di alcune patologie o di alcolismo cronico. Solitamente, la somministrazione di dosi di vitamina, tramite l’alimentazione o integratori specifici, è sufficiente a eliminare i sintomi. Raramente si può manifestare anche la condizione contraria, quella di ipervitaminosi, derivante soprattutto da un eccesso di assunzione di integratori.
Secondo stime di International Micronutrient Malnutrition Prevention and Control Program (IMMPaCt), il programma dei CDC americani per eliminare la malnutrizione da micronutrienti, ci sono miliardi di persone che nel mondo presentano carenze di vitamina A, di acido folico e di altri micronutrienti non vitaminici, come ad esempio il ferro e lo iodio, essenziali a un equilibrato sviluppo dell’organismo. Il risultato di tali carenze è la diffusa prevalenza di malformazioni
neonatali, disabilità e difficoltà di apprendimento, cecità, ritardo mentale, sistema immunitario indebolito, ridotta capacità di operare e lavorare, perfino morte prematura. Lo stesso programma indica nel miglioramento della dieta, nell’introduzione di alimenti fortificati e nell’eventuale supplemento con integratori alimentari gli strumenti più efficaci per combattere la carenza
vitaminica e di sali minerali. Le vitamine si possono suddividere in due grandi gruppi:
• idrosolubili: non accumulabili dall’organismo e quindi da assumere quotidianamente con l’alimentazione. Si tratta di tutte le vitamine del gruppo B, compreso l’acido folico, della vitamina H, PP e C.
• liposolubili: vengono assorbite assieme ai grassi alimentari e accumulate nel fegato. La carenza si manifesta quindi in seguito a una mancata assunzione per tempi lunghi. Ne fanno parte la vitamina A, D, E e K.
Aspetti epidemiologici
In generale, lo squilibrio della dieta, anche per quanto riguarda i micronutrienti, viene indicato come uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo di diverse condizioni di disturbo e malattia, comprese quelle cardiovascolari e il cancro, in tutto il mondo. Per svolgere una efficace azione preventiva, sia la Oms che le organizzazioni sanitarie delle diverse regioni, stanno promuovendo linee guida e strategie mirate a diete equilibrate e a regimi di attività fisica che
favoriscano un corretto sviluppo e mantenimento dell’organismo. Per quanto riguarda i contenuti di frutta e verdura, quindi principalmente le vitamine e i sali minerali, ad esempio, l’Oms si è posta l’obiettivo di promuoverne l’assunzione di almeno 400 g al giorno per persona, una quantità che corrisponde a circa cinque porzioni. Studi dell’Ufficio regionale europeo dell’Oms indicano perciò che, anche in Europa, l’assunzione di frutta e verdura è in quasi tutti i paesi a livelli ben più bassi di quanto raccomandato. La maggior parte dei programmi di sorveglianza e controllo delle carenze vitaminiche si concentrano sulla carenza da vitamina A per i massicci effetti sulla salute di milioni di persone che da essa derivano. Secondo la Banca Mondiale, basterebbero 10 centesimi di dollaro per persona all’anno per eliminare la carenza iodica attraverso l’uso di sale iodato. Mentre, gli effetti della diffusa carenza di vitamina A, di ferro e iodio possono incidere negativamente sulla ricchezza di un paese anche del 5 per cento in un anno. Secondo la Oms e i CDC americani, ogni anno 500 mila i bambini nel mondo perdono la vista per carenza di vitamina A, e il 70 per cento muoiono entro l’anno successivo. Queste organizzazioni sostengono che un miglioramento nella nutrizione da vitamina A potrebbe salvare circa 2 milioni e mezzo di bambini all’anno dalla morte. La carenza vitaminica causa anche numerose altre malattie, da infezioni comuni a diarrea e morbillo. Nei paesi poveri, sono 200-300 i milioni di bambini a rischio di carenza vitaminica, e 100-140 milioni hanno carenza specificamente di vitamina A.
La carenza di vitamina A può anche aumentare il rischio di mortalità materna durante la gravidanza. Sono circa 600 mila le donne che muoiono ogni anno per complicanze legati alla gravidanza e una buona parte di esse potrebbe essere salvata con una migliore nutrizione e apporto di vitamine, tra cui la vitamina A. Per quanto riguarda le vitamine del gruppo B, un rapporto di una commissione congiunta Fao/Oms, pubblicato nel 2002, indica come gruppo a rischio i rifugiati, stimati dalle Nazioni Unite in 20 milioni di persone in tutto il mondo, in quanto la maggior parte dei cereali utilizzati nelle situazioni di emergenza non sono fortificati con vitamine di questo gruppo. Lo stesso rapporto cita un acuirsi della diffusione di neuropatie e di perdite della vista a Cuba, come conseguenza del blocco economico e quindi della mancata importazione di alimenti e di integratori e farmaci.
Una dieta con corretto apporto di vitamina C è la norma in Europa e negli Stati Uniti, con assunzioni medie che vanno, sempre secondo il rapporto Fao/Oms, da oltre 70 a oltre 80 mg al giorno. Negli Stati Uniti, un sondaggio nazionale sullo stato di salute nutrizionale ha indicato che la media assunzione di vitamina C tra il 1988 e il 1991 era di 73 e 84 mg al giorno per uomini e donne rispettivamente. Per riuscire a soddisfare i fabbisogni di vitamina C, l’Oms ha stabilito un
obiettivo di somministrate almeno 400 g al giorno, circa 5 porzioni, di frutta e verdura per ridurre il rischio di malattie croniche. Studi riportati dall’Oms indicano in poco più di 40 mg al giorno l’assunzione media di vitamina C in India, con un range variabile tra 27 e 66. Addirittura, una ricerca indica che i bambini di famiglie a basso reddito assumono solo circa 8 mg di vitamina C al giorno. Una assunzione variabile tra 3 e 54 mg quotidiani è stata invece stimata in bambini dei
paesi africani.
VITAMINE IDROSOLUBILI
TIAMINA (VITAMINA B1)
Venne isolata e cristallizzata nel 1926 ed è conosciuta anche con il nome di “aneurina”.
Biochimica e Meccanismo d’azione - Si compone di un anello tiazolico e di uno pirimidinico uniti tra loro da un gruppo metilenico. È una vitamina idrosolubile che in acqua forma soluzioni debolmente acide (N dell'anello tiazolico è assai elettronegativo per cui forma un legame molto polare che spinge CH a comportarsi da acido rilasciando un protone) e che, in tali condizioni, ha una buona stabilità al calore ed all'ossidazione, ma si inattiva in tempi rapidi se il pH è alcalino. In ambiente basico, inoltre, l'aggiunta di ferricianuro ne determina l'ossidazione a tiocromo, composto fluorescente utile per determinarne la quantità nei campioni. La tiamina, una volta assunta con gli alimenti, si presenta nell'intestino in forma libera o come fosfoestere, nel qual caso viene poi sottoposta ad idrolisi dalle fosfatasi. La forma libera della vitamina viene assorbita da due diversi meccanismi: uno di trasporto attivo saturabile (operante a concentrazioni di tiamina fisiologiche di circa 2 μM) ed uno di trasporto passivo non saturabile (operante a concentrazioni più elevate). I processi di assorbimento avvengono per lo più a livello del duodeno a diminuiscono lungo l'intestino tenue. Una volta entrata negli enterociti, la tiamina viene liberata nel plasma o in forma libera o coniugata con un gruppo fosfato (tiamina monofosfato). Una volta arrivata nei tessuti essa viene fosforilata a tiamina difosfato (o pirofosfato), la forma attiva, dalla tiamina-pirofosfato sintetasi. La tiamina pirofosfato (TPP) è il coenzima delle decarbossilasi dei chetoacidi e delle transchetolasi. Essa, infatti, ha un ruolo importante nella decarbossilazione ossidativa del piruvato e dell'α-chetoglutarato nel ciclo di Krebs (importante per la formazione di energia metabolica) e nella reazione transchetolasica nel ciclo dei pentosi fosfato (importante per la produzione di NADPH e di ribosio 5-fosfato). Il meccanismo chimico delle reazioni in cui interviene la tiamina prevede la formazione di un legame covalente tra C2 dell'anello tiazolico ed il carbonio carbonilico della molecola da trasformare. Successivamente si sviluppa una reazione di decarbossilazione (perdita di CO2). La transchetolasi, invece, catalizza il trasferimento di un gruppo aldeidico da un donatore ad un accettore.
Azione fisiologica - La vitamina B ha un ruolo essenziale nella bioenergetica cellulare, dal momento che è coinvolta nei processi di metabolismo dei glucidi Necessaria nel metabolismo dei carboidrati, favorisce lo stato generale di nutrizione dei tessuti nervosi.
Fonti Alimentari - La tiamina si ritrova sia negli alimenti di origine animale e vegetale. In genere negli alimenti vegetali si trova per lo più in forma libera mentre in quelli animali si trova anche in quella fosforilata sia a mono che a difosfato. Particolarmente ricchi di tale vitamina sono i legumi ed il germe ed il pericarpo dei cereali. Negli alimenti animali le maggiori concentrazioni sono nel fegato, nel rene, nel cervello e nell'intestino. Un'altra fonte di tiamina è inoltre il lievito di birra.
Carenze – La tiamina è poco immagazzinata nell'organismo, per cui la sua mancanza nella dieta dà problemi metabolici, in particolare a livello del metabolismo dei carboidrati, già pochi giorni dopo. Si rivela, in particolare, aumento plasmatico degli α-chetoacidi (acido piruvico e lattico) ed abbassamento dell'attività transchetolasica degli eritrociti (quest'ultimo parametro viene usato per valutare lo stato nutrizionale di tiamina). La carenza cronica di tiamina provoca alterazioni del sistema nervoso accompagnate anche da problemi cardiovascolari e gastrointestinali che vanno sotto il nome di beri-beri (problema ancora presente in alcune popolazioni dell'Asia Orientale facenti uso di riso brillato). Altre sindromi da carenza di tiamina, particolarmente diffuse tra gli alcolisti, in quanto l'assunzione di alcool fa diminuire l'assorbimento di questa vitamina, sono la Sindrome di Wernicke e quella di Korsakoff. I livelli di assunzione raccomandati sono difficili da definire in quanto variano a seconda della dieta (quantità di carboidrati assunti) e dello stato fisiologico o patologico dell'individuo. Al momento se ne consiglia una quantità di 0,4 mg/1000 Kcal (0,8 mg in caso di diete inferiori a 2000 Kcal). E’ prodotta in parte anche dalla flora intestinale ma il suo fabbisogno è appena coperto da un normale regime alimentare. Non si conoscono fenomeni di tossicità da tiamina in quanto la quantità eccedente viene rapidamente eliminata con le urine.
RIBOFLAVINA (VITAMINA B2)
Venne isolata per la prima volta nel 1927 ad opera di Paul Gyorgy. Successivamente si vide anche che il latte presenta elevate concentrazioni di tale sostanza che, per tale motivo, all’inizio venne denominata lattoflavina. In un primo tempo era stata denominata vitamina G. Il chiarimento della sua struttura chimica e la constatazione della presenza di una molecola di ribitolo fece sì che il nome della vitamina venne cambiato in quello di riboflavina. La riboflavina ed il suo 5'-fosfato sono additivi alimentari censiti dall'Unione Europea e identificati rispettivamente dalle sigle E 101 e E 101a.
Biochimica e Meccanismo d’azione - La riboflavina è un composto eterociclico ottenuto da una molecola di flavina cui è legata una catena formata da ribitolo. È un composto di colore giallo poco solubile in acqua, stabile al calore (la cottura ne determina l’inattvazione di solo il 10-20% del quantitativo totale) e fluorescente qualora sottoposto a luce ultravioletta. Se colpito dalla luce, si determina una reazione di fotolisi che produce il distacco di un radicale ribitolo e conseguente perdita dell’azione vitaminica. La riboflavina si trova negli alimenti principalmente come forma fosforilata. Essa, per essere assorbita, viene defosforilata da specifiche fosfatasi che si trovano nell’intestino tenue. Successivamente la vitamina viene assorbita tramite un sistema di trasporto facilitato. La riboflavina viene trasportata nel sangue legata ad alcune proteine plasmatiche, soprattutto albumina ed altre globuline quali IgA, IgG ed IgM. Dal sangue essa raggiunge il fegato ed altri tessuti dove viene successivamente trasformata in flavin-mononucleotide (FMN) e flavin-adenin-dinucleotide (FAD), le due forme coenzimatiche. Circa il 12% della vitamina assunta con la dieta viene eliminata con le urine sotto forma di riboflavina. La conversione della riboflavine nelle due forme coenzimatiche avviene attraverso reazioni di fosforilazioni:
FMN si ottiene per fosforilazione di una molecola di riboflavina =>
riboflavina + ATP -> FMN + ADP
FAD si ottiene per adenilazione di una molecola di FMN =>
FMN + ATP -> FAD + Pi-Pi (pirofosfato)
Le due forme coenzimatiche sono componenti essenziali degli enzimi flavinici, funzionando da gruppi prostetici. Essi intervengono in varie reazioni di ossidoriduzione del metabolismo dei carboidrati, proteine e lipidi tra cui: decarbossilazione ossidativa del piruvato, ossidazione di acidi grassi ed aminoacidi, trasporto degli elettroni durante la fosforilazione ossidativa.
Azione fisiologica - La riboflavina viene assorbita nell'intestino tenue, si lega alle proteine plasmatiche e trasportata nel fegato e in altri tessuti, si trasforma in coenzima Flavinmono nucleotide (FMN) e Flavindinucleotide (FAD) intervenendo in reazioni di ossidoriduzione importanti.
Fonti Alimentari - E’ molto diffusa nel lievito di birra, nel germe di grano, nei cereali integrali, nel fegato, nella carne, nel latte e nelle uova ed è prodotta anche dalla flora intestinale. Una certa parte però viene perduta con la cottura dei cibi. Attualmente si consiglia un introito giornaliero di 0,6 mg/1000 Kcal. Una piccola quantità di riboflavina viene fornita dalla flora intestinale. Poiché il sistema di assorbimento della riboflavina è saturabile (sembra che non superi i 25 mg) e visto che pare esistere un limite massimo di accumulo di tale vitamina nell’organismo, non ne sono noti effetti tossici da assunzione anche per lunghi periodi.
Carenze - La carenza di riboflavina, rara nel nostro Paese, determina un arresto della crescita, dermatiti, alterazioni angolari delle labbra e patologie oculari. La sua carenza è invece evidente nelle popolazioni povere, dove associata a un generale stato di sottonutrizione, causa alterazioni della pelle, lesioni alle mucose e al tubo digerente. L'eccesso di vitamina B2 viene eliminato con le urine. La riboflavina è importante nel metabolismo energetico per cui il fabbisogno giornaliero viene calcolato in base alle calorie che vengono introdotte.
NIACINA (VITAMINA B3 o PP)
Con il termine di niacina (o vitamina PP, Pellagra-Preventing, o vitamina B3) si intendono due molecole tra loro simili: l'acido nicotinico (la niacina propriamente detta) e l'ammide di quest'ultimo, la nicotinammide (o niacinammide). La scoperta di tali composti deriva dalle ricerche svolte sulle cause della pellagra. Nei primi del XX secolo si scoprì che tale patologia viene causata da un apporto insufficiente di un certo fattore che venne, poi, identificato nel 1937 dallo statunitense Conrad Arnold Elvehjem e collaboratori i quali dimostrarono che l'acido nicotinico aveva la proprietà di guarire una malattia del cane nota per la sua sintomatologia come "black tongue" (lingua nera) e considerata da molto tempo equivalente alla pellagra umana. Il termine di «vitamina PP» deriva proprio da questi studi che ne rivelarono l'azione di prevenzione della pellagra (PP sta per Pellagra Prevention).
Biochimica e Meccanismo d’azione - Sia l'acido nicotinico che la nicotinammide sono derivati della piridina e sono solubili in acqua, resistenti al calore, alla luce, alle basi ed all'ossigeno. L'acido nicotinico e la nicotinammide vengono anche chiamati niacina e niacinammide. Tale denominazione venne data affinché la gente non entrasse in confusione tra nicotina e acido nicotinico e pensasse che fumare fosse un'attività salutare. L'acido nicotinico e la nicotinammide vengono assorbiti a livello dello stomaco e dell'intestino da un meccanismo di trasporto facilitato dipendente dal sodio, in caso di basse concentrazioni della vitamina, e da uno passivo, in caso di elevate quantità. Nell'organismo l'acido nicotinico viene convertito a nicotinammide. Nel fegato, entrambi i composti sono metabolizzati a piridone (N-metil-2-piridone-5-carbossammide) e N-metil-nicotinammide, i quali sono poi escreti con le urine.
La nicotinammide è un componente fondamentale di due molecole coenzimatiche:
la nicotinammide adenina dinucleotide (NAD)
la nicotinammide adenina dinucleotide fosfato (NADP)
Il NAD viene sintetizzato, nell'organismo, da tre diverse vie che coinvolgono, rispettivamente, l'acido nicotinico, la nicotinammide e l'acido chinolinico. Il NADP, invece, viene ottenuto attraverso il legame tra un gruppo fosfato ed il gruppo OH del NAD. Sia il NAD che il NADP vengono coinvolti in molteplici reazioni di ossidoriduzione di vie sia cataboliche che anaboliche, fungendo da accettori di uno ione idruro (H-), che viene ottenuto da reazioni catalizzate da deidrogenasi piridiniche (una classe di enzimi). Lo ione idruro viene posizionato su C4 della nicotinammide. Poiché tali reazioni sono reversibili e sono dipendenti dal pH, ne consegue che NADH e NADPH possono anche venir ossidati a seconda delle necessità. Il fatto che NADH e NADPH abbiano un picco di assorbimento a 340 nm, mentre NAD e NADP non lo hanno, facilita la misura delle velocità delle reazioni in cui tali molecole intervengono. Il NAD viene utilizzato anche come substrato da tre classi enzimatiche, due delle quali sono capaci di scindere il legame tra la nicotinammide ed il ribosio e di trasferire il ribosio adenosindifosfato alle proteine (la mono-ADP-ribosiltrasferasi e la poli-ADP ribosio polimerasi) mentre la terza è in grado di generare ADP-ribosio ciclico, usato come secondo messaggero da parte delle cellule.
Azione fisiologica – la niacina, introdotta nella dieta sotto forma di coenzimi NAD e NADP partecipa a numerose reazioni di ossidoriduzione, nella sintesi di acidi grassi e di aminoacidi.
Fonti Alimentari - Il fabbisogno giornaliero è di 6,6 mg per 1000 kcal assunte. Nei tessuti l'acido nicotinico può venir sintetizzato a partire dal triptofano, un amminoacido, attraverso la via delle chinurenine e dell'acido chinolinico. Anche i batteri intestinali possono contribuire a questo processo, sempre utilizzando il triptofano. In genere da 60 mg di triptofano si ottengono 1 mg di acido nicotinico. Ciò può in parte compensare eventuali bassi livelli di assunzione di vitamina PP, anche se ciò non sembra poter essere sufficiente per eliminare completamente questo composto dalla dieta. In genere le fonti alimentari vegetali presentano una maggior quantità di nicotinammide mentre quelle animali hanno più acido nicotinico. Sono composti resistenti alla cottura, fatto salvo che possono facilmente disperdersi nel liquido di cottura. Di vitamina PP abbondano il lievito di birra e le carni. Al contrario, frutta, verdura e uova ne presentano basse quantità. Anche i cereali ne presentano buoni livelli.
Carenze - La dieta con insufficiente apporto di niacina porta nel tempo all'insorgere di una malattia chiamata "pellagra" che si manifesta con dermatite generalizzata, manifestazioni neurologiche (demenza) e dell'apparato digerente (diarree). La pellagra è una condizione molto diffusa nelle zone povere anche del nostro paese fino all’inizio del ‘900 a causa di una alimentazione principalmente consistente in mais, povero di niacina e ricco di antivitamina PP, una sostanza che si combina con la vitamina PP e la rende non disponibile per l’organismo. Tipici sintomi della pellagra sono dermatiti, macchie e desquamazioni epidermiche, disturbi intestinali, diarrea, fino ad alterazioni neurologiche, come la demenza.
Ipervitaminosi - Un' eventuale ipervitaminosi (maggiore di 500 mg/giorno) provoca danni epatici, vasodilatazione con conseguente ipotensione.
ACIDO PANTOTENICO (VITAMINA B5)
vitamina importantissima nella protezione da una serie di condizioni patologiche, è molto diffusa in tutti gli alimenti sia animali che vegetali, soprattutto nel fegato, tuorlo d’uovo, legumi e lievito di birra. Nel 1936 venne individuato un fattore la cui carenza nella dieta provocava la pellagra dei polli. Tale fattore venne chiamato, all'inizio, fattore del filtrato in quanto veniva ottenuto per dialisi di estratti di tessuti animali o vegetali. La caratterizzazione della sua formula chimica e la sua sintesi avvennero nel 1940 e nel 1946 si comprese l'azione biologica di questo composto.
Biochimica e Meccanismo d’azione - deriva dalla fusione, tramite legame carboamidico, di una molecola di β-alanina con una molecola di acido pantoico. La forma chirale attiva è solamente quella destrogira. L'acido pantotenico è instabile al calore, alle basi ed agli acidi ed è solubile in acqua. L'acido pantotenico è un componente, insieme all'ATP ad alla
β-mercaptoetilammina, del Coenzima A ed anche della fosfopanteteina. La fosfopanteteina agisce legandosi ad una serina della proteina trasportatrice di gruppi acili (ACP) la quale è importante nella sintesi degli acidi grassi. Il Coenzima A (CoA) funziona come trasportatore di gruppi acili e acetili e, come tale, entra nelle vie metaboliche dei carboidrati, degli aminoacidi, degli acidi grassi, dei composti steroidei, dei corpi chetonici e partecipa anche ad altre reazioni di acetilazione. In particolare, interviene:
1- nella sintesi dell'acido citrico per condensazione del CoA con acido ossalacetico,
2- nella sintesi dell'acetilcolina per acetilazione della colina,
3- nella sintesi del colesterolo,
4- nella sintesi dei corpi chetonici
5- nella sintesi dei composti steroidei,
6- nell'ossidazione degli acidi grassi,
7- nelle reazioni di decarbossilazione dei chetoacidi, con formazione di succinil-CoA che entra nel ciclo di Krebs e nella via di sintesi della protoporfirina.
Il CoA può donare gruppi acili od acetili anche alle proteine determinando, così, regolazione di vari sistemi cellulari o protezione dalla proteolisi. La chiave dell'azione del CoA e della fosfopanteteina è il gruppo tiolico terminale che si lega ad un gruppo carbossilico formando un tioestere che presenta una variazione di energia libera elevata (~ -7,5 Kcal/mole) per la reazione di idrolisi, ovvero con un alto potenziale di trasferimento dei gruppi legati.
Gran parte dell'acido pantotenico viene ottenuto, nella dieta, dall'idrolisi, a livello dell'intestino, del Coenzima A ed esso viene poi assorbito mediante un meccanismo di trasporto attivo dipendente dal Na. L'acido pantotenico contenuto nel plasma viene prelevato dalle cellule mediante un cotrasportatore Na-dipendente. Esso entra nella via di sintesi del Coenzima A la quale viene completata a livello dei mitocondri. Successivi fenomeni di idrolisi determinano il distacco dell'acido pantotenico il quale viene eliminato con le urine.
Azione fisiologica - La vitamina è il precursore del coenzima A, che è determinante per il metabolismo dei carboidrati, degli aminoacidi e degli acidi grassi.
Fonti Alimentari - Il suo fabbisogno quotidiano è di 3-12 mg al giorno. L'acido pantotenico sembra essere ubiquitario. Si trova, in particolare, nel fegato , nei fegatelli di pollo e manzo, nel lievito di birra, crusca di frumento, semi di sesamo, pappa reale. In minor misura: semi di girasole, soia, uova, piselli secchi, melassa grezza, farina integrale di grano saraceno e nei legumi, soprattutto come CoA e fosfopanteteina (85%).
Carenze - Data la diffusione della vitamina in natura la deficienza è rara ed da rapportarsi a gravi mancanze alimentari o ad alterazioni dell' assorbimento intestinale. Non si hanno fenomeni di ipervitaminosi, perché la vitamina in eccesso è eliminata con le urine fino a
7 mg/giorno. E’ carente solo in stati di grave denutrizione.
PIRIDOSSINA (VITAMINA B6)
Scoperta nel 1935 quale fattore in grado di prevenire la pellagra sui ratti e venne così denominata in quanto fu il sesto fattore, appartenente al gruppo B, che venne descritto. Talvolta viene indicata come vitamina Y.
Biochimica e Meccanismo d’azione - la piridossina, il piridossale e la piridossamina (e i corrispondenti esteri 5'-fosfato tra cui il più noto è il piridossalfosfato) sono le forme con cui si presenta la vitamina B6. Tutte e tre sono derivati piridinici che si differenziano tra di loro per i diversi gruppi chimici che si trovano, rispetto all’atomo di azoto, in posizione para. Le forme della vitamina B6 sono stabili al calore soprattutto in ambiente acido ma vengono decomposti dalla luce o da sostanze ossidanti. Sembra che l'assorbimento della vitamina B6 avvenga a livello del digiuno tramite un processo di diffusione passiva. Le tre forme della vitamina, tuttavia, si possono trovare negli alimenti sotto forma di esteri 5'-fosfati i quali vengono sottoposti ad un processo di idrolisi energia-dipendente. Dalle cellule dell’epitelio intestinale la vitamina passa nel sangue ove si può trovare legata all’albumina oppure all’emoglobina (in quest’altro caso si trova all’interno dei globuli rossi). Gran parte della vitamina viene depositata nel fegato, dove viene immagazzinata, previa fosforilazione, e da esso viene rilasciata, in forma defosforilata, e ceduta ai tessuti, dove viene rifosforilata. La vitamina B6 non immagazzinata viene eliminata con le urine dopo essere stata ossidata, da un’ ossidasi dipendente da FAD, ad acido 4-piridossico. La piridossina viene trasformata in piridossale e/o piridossamina le quali, una volta fosforilate, costituiscono la forma biologicamente attiva della vitamina B6 (piridossalfosfato), funzionando come coenzimi. Le reazioni in cui queste due sostanze sono coinvolte, riguardano sia il metabolismo degli amminoacidi che di vari altri composti. Il coenzima si lega covalentemente all'apoenzima, formando una base di Schiff con il gruppo (epsilon)-amminico di una lisina (Aldimina Interna) che viene sostituito da quello del substrato (Aldimina Esterna). Il gruppo amminico viene poi utilizzato per diverse vie metaboliche a seconda dell’enzima coinvolto nella reazione.
Azione fisiologica - Interviene nel metabolismo degli aminoacidi e perciò contribuisce alla buona utilizzazione delle proteine introdotte con gli alimenti. La vitamina B6 è anche coinvolta in alcune reazioni del metabolismo dei glucidi e dei grassi. La vitamina B6 trova coinvolgimento in diverse vie, tra cui: transaminazione o decarbossilazione degli amminoacidi, deaminazione ossidativa delle ammine, reazioni di racemizzazione, metabolismo del triptofano, con trasformazione dell’acido xanturenico in acido nicotinico, metabolismo lipidico, con trasformazione dell’acido linoleico in acido arachidonico e formazione degli sfingolipidi (evento importante per la produzione di guaine mieliniche), glicogenolisi, in quanto è il coenzima della glicogeno fosforilasi, sintesi di vari neurotrasmettitori, diminuzione dell’azione degli ormoni steroidei, per la sua capacità di legarsi ai loro recettori, trasforma l'omocisteina in cistatione e successivamente in cisteina, dando origine indirettamente a fenomeni epigenetici di ancora non certa natura.
Fonti Alimentari - Visto che la buona utilizzazione delle proteine assunte con la dieta dipende molto dalla presenza di vitamina B6 si è deciso di regolare i livelli di assunzione consigliati a seconda dell’apporto proteico giornaliero. Al momento per l’adulto si consiglia un quantitativo di vitamina pari a 1,5 mg/ 100 g di proteine assunte. Nei bambini si consiglia una dose giornaliera compresa tra 0,3-0,8 mg. In gravidanza o durante l’allattamento si consiglia di aumentare la dose di vitamina B6 del 20 e del 30%, rispettivamente. La vitamina B6 è presente sia nei prodotti animali che vegetali. Generalmente nei primi vi è una maggior quantità di piridossamina e piridossale fosforilati mentre nei secondi prevale la piridossina. Nei vegetali, tuttavia, vi può anche essere una quota di piridossamina glicosilata che non viene idrolizzata dagli enzimi intestinali e che per tanto è inutilizzabile.
Carenze - La carenza di vitamina B6 è rara. Studi su volontari che hanno assunto un antagonista della vitamina, la desossipirimidina, hanno registrato la comparsa di depressione con nausea, vomito, dermatite seborroica, lesioni delle mucose, glossite e cheilosi e neuropatie periferiche.
Si sono registrati anche casi di ipovitaminosi in neonati nutriti con latte in polvere sottoposto a processi di preparazione erronei. I piccoli hanno sviluppato manifestazioni neurologiche con convulsioni che sono poi scomparse a seguito dell’aggiunta della vitamina mancante.
Ipervitaminosi - Si è visto che quantitativi superiori a 50 mg/die possono provocare delle neuropatie periferiche per cui si consiglia di non arrivare ad assumere queste dosi.
BIOTINA (VITAMINA B8 O VITAMINA H)
la biotina (unica denominazione internazionale ammissibile secondo la IUPAC; in passato anche nota come vitamina H (o talvolta vitamina I) nella nomenclatura tedesca, come vitamina B7 in quella anglosassone e come vitamina B8 in quella francese) venne scoperta a seguito di alcuni studi riguardanti le alterazioni cutanee e della crescita verificatesi in animali nutriti esclusivamente con albume d'uovo crudo o proteine da esso estratte. Il fattore responsabile della comparsa della "malattia da bianco d'uovo" venne individuato nel 1931 e si è visto che esso è indispensabile per la corretta crescita dei mammiferi.
Oggi è noto il fenomeno soggiacente allo sviluppo di tale patologia: il legame tra la biotina e l'avidina (una glicoproteina dell'albume d'uovo). L'avidina è, infatti, resistente all'azione proteolitica dell'apparato gastrointestinale per cui il legame con la biotina rende quest'ultima non assorbibile.
Biochimica e Meccanismo d’azione - strutturalmente la biotina presenta due anelli tra loro condensati: uno tiofenico ed uno imidazolico. Legata all'anello tiofenico, vi è una catena laterale di acido valerianico. La biotina è solubile in acqua ed in questo stato è resistente al calore, alle basi ed agli acidi; si decompone per azione della luce ultravioletta e di forti ossidanti.
La biotina viene assunta dagli alimenti in forma libera o legata alle proteine. Attualmente, non sono ben noti i meccanismi di assorbimento. Si ritiene che la scissione della biotina dalle proteine cui è legata avvenga per opera di una biotinasi secreta nel succo pancreatico. La vitamina libera viene assorbita a livello dell'ileo e del digiuno da due meccanismo di trasporto:
1- uno attivo, contro gradiente di concentrazione, in cui una molecola di biotina viene scambiata con uno ione Na+,
2- uno passivo (per diffusione semplice) operante solo in caso di alte concetrazioni di biotina.
Sembra che la biotina, una volta entrata nel plasma, venga trasportata da diverse proteine: albumina, α-globuline e β-globuline. Non è chiaro se esista anche una proteina di trasporto specifica.
Azione fisiologica - La biotina svolge il ruolo di cofattore di diverse carbossilasi ATP-dipendenti. Essa è legata al sito attivo dell'enzima tramite un legame peptidico che si forma tra il gruppo carbossilico dell'acido valerianico ed un gruppo aminico di un residuo di lisina. La reazione di carbossilazione, in cui interviene la biotina, prevede il trasferimento di una molecola di CO2 da un donatore ad un accettore, passando per un intermedio in cui la vitamina fissa la CO2 su uno degli atomi di azoto dell'anello imidazolico (formando così la carbossibiotina). La formazione della carbossibiotina avviene tramite l'ausilio di bicarbonato, ioni magnesio ed ATP. Il bicarbonato, infatti, lega su di sé la CO2 tramite una reazione richiedente energia, fornita dall'idrolisi di una molecola ATP. La molecola di carbonilfosfato creatasi, cede, poi, CO2 alla biotina, idrolizzando il gruppo fosfato.
La biotina viene utilizzata, nell'uomo, da quattro carbossilasi:
1- la piruvato carbossilasi, per la trasformazione di piruvato in ossalacetato (per la risintesi dei glucidi),
2- la propionil CoA carbossilasi per la trasformazione di propionil CoA in succinil CoA,
3- la metilcrotonil carbossilasi,
4- la acetil CoA carbossilasi per trasformare acetil CoA in malonil CoA (importante nella sintesi degli acidi grassi).
Fonti alimentari - Visto che la biotina è presente in molti alimenti e che i batteri intestinali ne possono produrre alte quantità, non è al momento ben chiaro quali possono essere i livelli di assunzione raccomandabili. Le diverse fonti, in effetti, al momento non sono concordi. Ci si aggira, comunque, su livelli di 30-100 μg giornalieri. La biotina è presente sia nel regno animale che in quello vegetale. Si trova anche nel latte (umano e di mucca), nei latticini, nel tuorlo dell'uovo e nei frutti di mare. Nei vegetali soprattutto, la biotina è presente legata in maniera energica alle proteine per cui la sua biodisponibilità è più bassa. La biotina è prodotta in elevate quantità anche dai batteri intestinali.
Carenza - gli stati carenziali di biotina sono decisamente rari. Si possono verificare in individui che assumono grandi quantità di uova crude od alla coque (le uova cotte, invece, non hanno tale effetto in quanto la cottura denatura l'avidina). Sono stati anche descritti casi di carenza in individui nutriti solo per via parenterale. Sembra che anche la somministrazione di alte dosi di sulfamidici possa provocare carenza di biotina per l'alterazione massiccia della flora batterica che si può verificare. La carenza di biotina nell'adulto può dare origine a manifestazioni cutanee (desquamazioni). Non si conoscono fenomeni di tossicità da biotina fino a livelli di 10 mg/die
ACIDO FOLICO (VITAMINA B9)
l'acido folico (o acido pteroilglutammico o vitamina M o vitamina B9 o folacina, formula molecolare C19H19N7O6) venne scoperto nel 1939 dopo una serie di studi relativi alla terapia di una forma di anemia provocata artificialmente nei polli. Tale sostanza, isolata dal fegato e da vegetali, venne successivamente caratterizzata chimicamente e se ne notò la sua essenzialità in terreni di cultura per alcuni microorganismi. Tra il 1943 ed il 1945, dalle cellule vennero isolati altri fattori riconosciuti, poi, come derivati dell'acido folico.
Biochimica e Meccanismo d’azione - L'acido folico si compone, strutturalmente, dell'unione di tre molecole: 6-metilpterina, acido p-aminobenzoico (PABA) ed acido glutammico. La 6-metilpterina ed il PABA formano una molecola di acido pteroico (da cui il nome di acido pteroilglutammico a seguito del legame col glutammato). L'acido folico è insolubile nei solventi organici ed è inattivato dalla luce e dalle radiazioni ultraviolette. Il legame con il glutammato è essenziale per la sua attività biologica. L'acido folico viene assunto dall'organismo solamente sotto la forma di acido pteroilmonoglutammico (ovvero con una sola molecola di glutammato legata al PABA). Poiché nella dieta si può ingerire anche dell'acido pteroilpoliglutammico, per poterlo rendere assimilabile si utilizzano degli enzimi (pteroilpoliglutammato idrolasi) che scindono i legami peptidici che legano tra loro le molecole di glutammato. L'assorbimento dell'acido folico avviene prevalentemente nel digiuno ed è un processo, influenzato dal pH, passivo ad alte concentrazioni di folato ed attivo a concentrazioni fisiologiche. La forma attiva dell'acido folico è l'acido tetraidrofolico, il quale viene ottenuto per riduzione enzimatica. Tale processo avviene attraverso due reazioni di riduzione della 6-metilpterina catalizzate dalla tetraidrofolato riduttasi.Il tetraidrofolato interviene in reazioni di trasferimento di unità monocarboniose a diversi livelli di ossidazione e funge da trasportatore intermedio. Le unità monocarboniose possono essere:
1- gruppo metilico (-CH3),
2- gruppo metilenico (-CH2-),
3- gruppo formilico (-CHO),
4- gruppo formiminico (-CHNH).
Il gruppo monocarbonioso si può legare all'azoto N5 della 6-metilpterina o a quello N10 del PABA (talvolta ad entrambi). Le forme che si possono ottenere tramite l'aggiunta di queste unità sono intercambiabili attraverso specifiche reazioni enzimatiche che sono esposte nell'immagine seguente. I folati intervengono nei processi metabolici coinvolti nella sintesi delle purine e della deossitimidina (dTMP), nella formazione della metionina a partire dall'omocisteina, nel catabolismo dell'istidina e nella interconversione tra glicina e serina. La formazione della metionina dalla omocisteina avviene tramite l'enzima omocisteina metiltrasferasi che utilizza la vitamina B12 come coenzima ed il metiltetraidrofolato come donatore di un gruppo metilico che viene prelevato da una serina che, a seguito di ciò, diventa una glicina. Per formare dTMP si ricorre al N5, N10 metilentetraidrofolato che trasferisce un gruppo metilico ad una molecola di desossiuridinamonofosfato (dUMP). Nella reazione, catalizzata dalla timidilato sintetasi, il metilentetraidrofolato funge da donatore sia del gruppo metilenico sia dei due elettroni necessari per ridurlo a gruppo metilico, ossidandosi a diidrofolato.
Azione fisiologica - Contribuisce a prevenire altre situazioni di rischio alla salute. La sua presenza abbassa i livelli dell’aminoacido omocisteina, associato al rischio di malattie cardiovascolari e infarti, anche se non si può al momento stabilire una associazione diretta tra assunzione di folati e riduzione del rischio cardiaco. Inoltre, sembra giocare un ruolo, non ancora ben chiarito, nella prevenzione di altri difetti e malformazioni congenite, come la labiopalatoschisi e alcuni difetti cardiaci congeniti.
Fonti alimentari - L'OMS consiglia l'assunzione quotidiana di 200 µg di folati per gli adulti, di 50 µg per i bambini, 400 μg in gravidanza al fine di prevenire la comparsa di spina bifida e, nell'allattamento, 300 μg. L'acido folico è presente nelle frattaglie (rene, fegato), come folati nelle verdure a foglia verde (lattuga, spinaci, broccoli), nei legumi e nelle uova. La sua presenza è scarsa nella frutta e nel latte. Parte dell'acido folico (circa il 50% o anche più) si può perdere durante la cottura in quanto termolabile. In alcuni alimenti possono esistere delle sostanze inibitrici della pteroilpoliglutammato idrolasi od altre ancora non conosciute in grado di diminuire l'assorbimento di acido folico.
Carenze - L'acido folico è usato come supplemento vitaminico nelle anemie da carenza, nei convalescenti di malattie debilitanti croniche e nelle donne gravide. Non sono noti effetti tossici da folati fino ad una dose di 5 mg/die. Si consiglia di non eccedere nell'assunzione di folati in quanto possono mascherare i sintomi dell'anemia perniciosa da carenza di vitamina B12, evento che può comparire soprattutto in anziani e vegetariani stretti (vegani), in quanto non consumano nessun alimento di provenienza animale. Non viene prodotto dall’organismo ma deve essere assunto con il cibo e dalla flora batterica intestinale, e il fabbisogno quotidiano in condizioni normali è di circa 0,2 mg. Negli ultimi decenni, l’acido folico è stato riconosciuto come essenziale nella prevenzione delle malformazioni neonatali, particolarmente di quelle a carico del tubo neurale, che si possono originare nelle prime fasi dello sviluppo embrionale. Durante la gravidanza, quindi, il fabbisogno di folato si raddoppia a 0,4 mg perché il feto utilizza le riserve materne. Anche se il suo ruolo non è conosciuto nei dettagli, infatti, la vitamina B9 è essenziale per la sintesi del DNA e delle proteine e per la formazione dell’emoglobina, ed è particolarmente importante per i tessuti che vanno incontro a processi di proliferazione e differenziazione, come, appunto, i tessuti embrionali. La carenza di acido folico nelle prime fasi della gravidanza aumenta fortemente il rischio di malformazione del feto, in particolare di difetti del tubo neurale (DTN) associati a spina bifida o anencefalia. In generale, una carenza di folati può dare luogo con più facilità a esiti avversi (ritardo di crescita intrauterina, parto prematuro, lesioni placentari). Negli adulti, la carenza di acido folico può manifestarsi con l'anemia megaloblastica. Inoltre, è spesso associata a carenze di altri oligonutrienti (zinco, vitamina B12) che sono, a loro volta, ulteriori fattori di rischio teratogeno (ad es., difetti del tubo neurale). Una riduzione dell'assorbimento di acido folico, e/o un conseguente aumento del fabbisogno, possono derivare anche dall'assunzione di alcuni farmaci (barbiturici, estroprogestinici), da un elevato consumo di alcol, dal diabete mellito insulino-dipendente, dalla celiachia, o da alcune specifiche varianti di geni coinvolti nel metabolismo dei folati (metilene-tetraidrofolato-reduttasi, recettore dei folati).
COBALAMINA (VITAMINA B12)
La cobalamina (o vitamina B12) venne isolata e caratterizzata a seguito di una serie di ricerche in merito all'anemia perniciosa. Nel 1926 si scoprì che nel fegato vi è un fattore capace di curare tale patologia ed esso venne isolato e cristallizzato nel 1948. La struttura della vitamina B12 venne chiarita nel 1956. Si tratta di un gruppo di sostanze contenenti cobalto, coinvolte nel metabolismo degli acidi grassi, degli amminoacidi e degli acidi nucleici.
Biochimica e Meccanismo d’azione - La vitamina B12 è una sostanza di colore rosso, cristallina, igroscopica, fotosensibile ed altamente solubile in acqua; è formata da un anello corrinico (composto da 4 anelli pirrolici e tre ponti metinici) con al centro un atomo di cobalto coordinato da quattro atomi di azoto. Il cobalto presenta, inoltre, due legami di coordinazione perpendicolari rispetto al piano dell'anello. Il primo di essi si stabilisce con una molecola di 5,6 dimetilbenzimidazolo legata, a sua volta, ad un ribosio 3-fosfato. Il secondo legame si stabilisce con diversi gruppi (R) i quali possono essere:
cianidrico -CN (cianocobalamina)
ossidrilico -OH (idrossicobalamina)
metile -CH3 (metilcobalamina)
5-deossiadenosile (5'-deossiadenosilcobalamina).
Le forme metabolicamente attive sono la metil- e la 5'-deossiadenosilcobalamina. La cianocobalamina è un artefatto che si forma durante i processi di estrazione in quanto si utilizza la papaina, proteasi che viene attivata dall'aggiunta di CN-. L'idrossicobalamina è la forma naturale con cui la vitamina viene di solito assunta.
L'elevata solubilità in acqua della vitamina B12 le rende pressoché impossibile il passaggio attraverso la membrana cellulare. Per permettere, quindi, l'assorbimento, si utilizza un processo diviso in più parti.
Nello stomaco, l'ambiente acido e la pepsina staccano la cobalamina dalle proteine cui si trova associata ed essa, poi, si lega alla cobalofillina, proteina che viene secreta nella saliva. Nel duodeno, l'azione delle proteasi provenienti dal pancreas determina la degradazione della cobalofillina e la cobalamina, aiutata dall'ambiente alcalino, si lega ad una glicoproteina che viene rilasciata dalle cellule parietali dello stomaco: il fattore intrinseco.
Il complesso vitamina-fattore intrinseco viene riconosciuto da uno specifico recettore, situato sugli enterociti dell'ileo, che lega il tutto e, tramite un processo di endocitosi, ne permette il trasporto all'interno della cellula. La vescicola così formata raggiunge la parte opposta dell'enterocita e, fondendosi con la membrana basolaterale, libera il tutto all'esterno. Durante questo processo, la cobalamina si stacca dal fattore intrinseco (forse per azione delle vescicole lisosomiali) ed una volta all'esterno viene legata da due proteine di trasporto che portano la vitamina ai tessuti: la transcobalamina I e la transcobalamina II. Il complesso che si forma con tali proteine viene riconosciuto da un recettore specifico che permette l'ingresso della vitamina nelle cellule, ancora una volta per endocitosi.
Azione fisiologica - Esercita un'azione protettiva contro alterazioni del metabolismo proteico. L'atomo di cobalto (un elemento altrimenti estremamente tossico per l'organismo) dell'idrossicobalamina si trova nello stato di ossidazione +3. Per formare la forma attiva, interviene una flavoproteina reduttasi, utilizzante NADH, che riduce il cobalto prima a +2 e poi a +1. Sotto questo stato di ossidazione il cobalto si può legare al C5 di una molecola di ATP, spiazzandone i tre gruppi fosfato, e dare origine alla 5-deossiadenosilcobalamina. Sotto forma di deossiadenosilcobalamina, la vitamina B12 interviene in due processi:
1- conversione di metilmalonil-CoA in succinil-CoA tramite l'enzima metilmalonil-CoA mutasi
2- sintesi dei 2-desossiribonucleotidi.
Sotto forma di metilcobalamina interviene in questa reazione:
conversione di omocisteina in metionina tramite l'enzima omocisteina metiltrasferasi e l'ausilio del metiltetraidrofolato. È interessante notare che questa reazione è una delle poche in cui vengono in contatto la vitamina B12 e l'acido folico. Se tale reazione non avviene si blocca la trasformazione di metiltetraidrofolato in tetraidrofolato, con conseguente accumulo del primo composto. La diminuzione del tetraidrofolato e del suo derivato metilentetraidrofolato determina un blocco degli enzimi che necessitano di questi due composti. Ciò comporta una disfunzione delle vie metaboliche producenti purine e desossitimidina monofosfato. Poiché le reazioni interessate dalla 5-deossiadenosilcobalamina intervengono nel metabolismo degli acidi grassi si ritiene che un loro blocco possa interessare soprattutto le membrane neuronali e questo spiegherebbe il coinvolgimento neurologico molto frequente in caso di carenza di vitamina B12.
Fonti Alimentari - Il suo fabbisogno minimo giornaliero, normalmente coperto dalla dieta, è di almeno 2 mg al giorno. La vitamina B12 viene sintetizzata, in natura, solo da alcune specie di batteri ed in alcune alghe. Nell'intestino umano esistono batteri sintetizzanti cobalamina ma sono situati in zone dove il fattore intrinseco non arriva per cui l'assorbimento di quest'ultima è piuttosto scarso. Le fonti di vitamina B12 sono quelle soprattutto di origine animale, in particolare a livello del fegato. Gli alimenti di origine vegetale non contengono cobalamina, tranne nel caso che abbiano subito una contaminazione microbica (come il Tempeh). Le alghe sono spesso contaminate da microbi per cui la loro assunzione può essere fonte di cobalamina anche se è da tenere presente che la specie spirulina, alga unicellulare molto comune, produce una forma di cobalamina non utilizzabile dall'uomo.
Carenze - La condizione di carenza è piuttosto rara, e si può manifestare solo nei casi di dieta vegetariana stretta. In questo caso, è particolarmente delicata la fase di gravidanza, dove la carenza nella madre può avere effetti molto pericolosi per il nascituro. La carenza però può derivare anche dall’assenza del fattore che ne facilita l’assorbimento a livello intestinale, con conseguenti disturbi a carico del sistema nervoso e della produzione delle cellule del sangue, fino a una forma di anemia definita ‘perniciosa’. E’ presente in tutti gli alimenti animali in minime quantità, in particolare nel fegato, nella carne, nel pesce nel latte e nelle uova, ed è resistente alla cottura. La carenza di vitamina B 12 è dovuta a uno scarso assorbimento legato a un deficit del fattore intrinseco (una glicoproteina prodotta dalla mucosa gastrica) che si ha in presenza di lesioni gastriche, di condizioni congenite e di anticorpi anti-fattore intrinseco nel succo gastrico. Il sintomo più importante è l'anemia macrocitica megaloblastica. Situazioni di eccessivo consumo come l'allattamento o la gravidanza.
ACIDO ASCORBICO (VITAMINA C)
E’ una vitamina idrosolubile antiossidante che svolge nell'organismo molteplici funzioni. La sua storia si riallaccia a quella dello scorbuto, una patologia legata ad una carenza di tale composto nella dieta. Tale malattia era già nota in Grecia attorno al V secolo a.C. Nel XVI secolo era noto, soprattutto presso popolazioni marinare, che lo scorbuto poteva venir curato e prevenuto dall'assunzione di verdure e frutta fresca o dall'estratto di aghi di pino. Tuttavia, la prima prova di ciò venne nel maggio del 1747 ad opera di un chirurgo della marina reale inglese, James Lind. Egli prese 12 membri dell'equipaggio affetti da scorbuto e li divise in sei gruppi da due persone ciascuno. Ad ogni gruppo fece assumere, oltre alle normali razioni alimentari, un composto particolare: sidro, acido solforico, aceto, spezie ed erbe, acqua di mare, arance e limoni. I risultati ottenuti permisero di dimostrare che effettivamente quest'ultima aggiunta permette di prevenire l'insorgere dello scorbuto. Lind pubblicò i risultati di questo suo studio nel 1753. Nel 1795 la marina inglese stabilì di aggiungere succo di limone o di lime.
Nel XVIII e XIX secolo venne usato il termine di antiscorbutico per tutti quei cibi che erano in grado di prevenire la comparsa dello scorbuto. Tra essi, oltre ai limoni, alle arance ed ai lime, vi sono: i crauti, il cavolo salato, il malto ed il brodo portatile. Pare che James Cook per il suo famoso viaggio d'esplorazione, abbia utilizzato i crauti. Nel 1921 il composto antiscorbutico venne denominato vitamina C e tra il 1928 e 1933 esso venne isolato e cristallizzato da Joseph L. Svirbely e da Albert Szent-Gyorgyi Von Nagyrapolt e, indipendentemente, da Charles Glen King. Nel 1934 Sir Walter Norman Haworth e Tadeusz Reichstein, in maniera indipendente, riuscirono a sintetizzare la vitamina C. Nel 1937 l'ungherese Albert Szent-Gyorgyi ricevette il Premio Nobel per la Medicina per le sue scoperte sui processi biologici di combustione, con particolare riguardo alla vitamina C, e alla catalisi dell'acido fumarico. Nel 1955 J.J. Burns scoprì che il motivo per cui alcuni mammiferi non riescono a produrre la vitamina C risiede nella mancanza dell'ultimo enzima della catena metabolica responsabile della sintesi di tale molecola: la L-gulonolattone ossidasi.
Biochimica e Meccanismo d’azione - l'acido ascorbico esiste in due forme enantiomere (immagini speculari non sovrapponibili tra loro) ma solo una di esse, l'enantiomero (5R)-5-[(1S)-1,2-diidrossietil]-3,4-diidrossifurano-2(5H)-one, è la vitamina C. È un composto molto idrosolubile, spiccatamente acido, che si presenta sotto forma di cristalli inodori ed insapori con pH circa 2,5 e rotazione ottica specifica di circa +20 gradi. La vitamina C assunta con la dieta viene assorbita a partire dalla bocca, nello stomaco e soprattutto a livello dell'intestino tenue grazie ad un processo di diffusione passiva dipendente dal sodio. Questo sistema è molto efficiente soprattutto per basse dosi della vitamina. Via via che la concentrazione di acido ascorbico cresce, il sistema di assorbimento si riduce di efficienza fino a valori del 16%. Nel plasma la vitamina circola per il 90-95% come acido ascorbico e nel 5-10% come acido deidroascorbico. La vitamina C viene immagazzinata nei tessuti dell'organismo, in particolare, nel surrene e nel fegato. La quota plasmatica che non viene immagazzinata viene eliminata con le urine. La vitamina C possiede una forte azione riducente a seguito della presenza di un gruppo enediolico. In presenza di ossigeno e metalli l'acido ascorbico tende ad ossidarsi ed a formare acido deidroascorbico ed acqua ossigenata. Grazie alla forte azione riducente, la vitamina C è utilizzata in molte reazioni di ossidoriduzione. In particolare la vitamina è in grado di donare un elettrone, formando così l'acido semideidroascorbico il quale può donare un secondo elettrone, generando così l'acido deidroascorbico. I potenziali redox di tali reazioni sono:
1- acido semiidroascorbico/acido ascorbico 0,28 Volt,
2- acido deidroascorbico/acido semiidroascorbico -0,17 Volt.
Ciò fa della vitamina C un valido donatore di elettroni. Il prodotto finale delle reazioni descritte, l'acido deidroascorbico, può venir ridotto ad opera di un enzima dipendente dal glutatione, la deidroascorbato reduttasi, rigenerando, così, l'acido ascorbico. Solamente l'enantiomero L è biologicamente attivo. La spiccata azione antiossidante della vitamina C e la sua capacità di mantenere stabili le vitamine A, E, l'acido folico e la tiamina, viene utilizzata dalle industrie che la usano (come tale o sotto forma di sale sodico, potassico e calcico) come additivo nei cibi.
Azione fisiologica - Oltre a partecipare a numerose reazioni metaboliche e alla biosintesi di collagene, di alcuni aminoacidi e ormoni, la vitamina C è anche un antiossidante, interviene nelle reazioni allergiche potenziando la risposta immunitaria, neutralizza i radicali liberi e svolge una funzione protettiva a livello di stomaco, inibendo la sintesi di sostanze cancerogene.Regola il potenziale di ossidazione della cellula per la sua capacità di passare da forma ridotta (acido ascorbico) a forma ossidata (acido deidroascorbico) in equilibrio reciproco e con processo reversibile. Favorisce la formazione del collagene, di adrenalina, regola la resistenza e la permeabilità dei capillari. Interviene nei processi di difesa cellulare inattivando i radicali liberi dell'ossigeno favorendo l'azione antiradicalica della vitamina E. Favorisce l'assorbimento intestinale del ferro.
Fonti Alimentari - la vitamina C è contenuta soprattutto negli alimenti freschi, come frutta e verdura, in particolare kiwi, agrumi, pomodori e peperoni. La vitamina viene però facilmente deteriorata durante i trattamenti di conservazione e cottura, si perde facilmente durante i lavaggi e la cottura in acqua e viene danneggiata anche dall’ossigeno e dal calore. Per assicurare un buon apporto di vitamina C è quindi necessario consumare frutta e verdura freschissime e crude o poco cotte. Il fabbisogno di vitamina C è di 60 mg al giorno (70 in gravidanza).
Carenze - La sua carenza provoca una condizione definita scorbuto, una malattia che in passato era molto diffusa tra i marinai che assumevano poca frutta e verdura, i cui primi sintomi sono apatia, anemia e inappetenza e poi, proprio per la mancata sintesi di collagene, sanguinamento delle gengive, caduta dei denti, dolori muscolari, fragilità dei capillari e emorragie sottocutanee. La vitamina C, presente nell'adulto in quantità di circa 1500 mg., è assorbita nella mucosa dello stomaco e dell'intestino. La carenza di vitamina C, praticamente inesistente nei paesi industrializzati, quando è in forma grave determina lo "scorbuto", quadro morboso caratterizzato da fragilità capillare diffusa con possibilità di emorragie. Un livello plasmatico ottimale di vitamina C garantisce una buona protezione dell' organismo contro gli attacchi ossidativi. In caso di ipervitaminosi si hanno disturbi a livello gastrointestinale dovuti all'acidità.
Ipervitaminosi - l'unico effetto noto per sovraddosaggio di vitamina C è la diarrea, e viene utilizzato in medicina ortomolecolare come metro per valutare il livello di tolleranza soggettiva a tale vitamina. Dosi superiori ai 10 g/die di vitamina C, assunta sotto forma di acido ascorbico, in rari casi possono indurre la comparsa di disturbi gastrointestinali. Tale effetto sembra, comunque, dovuto all'acidità del composto, in quanto si è visto che sali ascorbici tamponati (per esempio, con bicarbonato di sodio) non danno un tale effetto. Secondo alcuni studi, inoltre, sembra che venga aumentata l'eliminazione, tramite le urine, di ossalati, che potrebbero facilitare la formazione di calcoli renali in un numero limitato di soggetti: il fenomeno sarebbe comunque evitabile assumendo vitamina C sotto forma di ascorbato di sodio, oppure miscelando acido ascorbico con ascorbato di sodio.
VITAMINE LIPOSOLUBILI
RETINOLO (VITAMINA A)
è una vitamina liposolubile, in natura si trova in diverse forme. Con il termine di vitamina A vengono indicati sia il retinolo che i suoi analoghi, detti retinoidi, di cui si conoscono almeno 1500 tipi diversi, tra naturali e sintetici. Anche i carotenoidi posseggono l'attività biologica della vitamina A in quanto possono fungere da provitamine (se ne conoscono almeno 600 tipi diversi, di cui solo il 10% possiede una simile attività). Nel 1913 venne dimostrato, da Elmer V. McCollum e M. Davis, che nel tuorlo d'uovo e nel burro esiste un fattore liposolubile importante per la crescita di ratti e nel 1916 esso venne indicato con la lettera A al fine di distinguerlo dai composti del gruppo B, idrosolubili. Nel 1917, Jack Cecil Drummond riuscì a correlare la mancanza di tale fattore nella dieta con la comparsa di disturbi visivi e della crescita nei bambini. Nel 1920 si evidenziò che il β-carotene possiede attività vitaminica A ma non se ne riuscì a comprendere il motivo fino al 1929 allorché si comprese che tale fattore viene trasformato, nelle cavie, in vitamina A. La struttura della vitamina A e del β-carotene venne identificata nei primi anni '30. Tra il 1934 e il 1935, ad opera di George Wald, venne ottenuta dalla retina una sostanza, coinvolta nei meccanismi della visione, che venne riconosciuta, nel 1944, come la forma aldeidica della vitamina A ed essa venne denominata retinaldialdeide. Un'altra forma della vitamina A (l'acido retinoico) venne sintetizzata nel 1946.
Biochimica e Meccanismo d’azione - la vitamina A si presenta in tre diverse forme: alcolica (retinolo), aldeidica (retinaldeide) ed acida (acido retinoico). Esse sono derivati isoprenoici, costituiti dall'unione di 4 catene di isoprene. Tra i carotenoidi, pigmenti vegetali, si trovano nell'organismo soprattutto: α-carotene, β-carotene, luteina, zeaxantina, criptoxantina e licopene. Gli alimenti di origine animale contengono soprattutto retinolo e suoi esteri (specie retinolo palmitato), mentre nei vegetali si trovano soprattutto carotenoidi. Gli esteri del retinolo prima di essere assorbiti, vengono idrolizzati da diversi enzimi: lipasi, carbossilestere-lipasi di origine pancreatica e da una retinilestere idrolasi che si trova sulle membrane degli enterociti. L'assorbimento del retinolo avviene tramite un processo di diffusione facilitata ma, qualora la concentrazione di retinolo sia elevata, possono intervenire anche meccanismi di diffusione passiva. L'assorbimento del retinolo dipende dalla presenza di lipidi e di sali biliari.
I carotenoidi vengono assorbiti, per un quantitativo variabile dal 5 al 50%, tramite un meccanismo di trasporto passivo, anch'esso influenzato dalla presenza di lipidi. Parte dei carotenoidi che si trovano negli enterociti viene trasformata in retinoidi tramite due differenti meccanismi. Il β-carotene, per esempio, viene trasformato in retinaldeide, tramite rottura della parte centrale della molecola, la quale viene convertita in retinolo tramite una riduttasi dipendente da NADH o NADHP. La rottura della parte periferica, invece, dà origine ad un apo-carotinale che viene trasformato in acido retinoico o retinolo. All'interno delle cellule dell'epitelio intestinale, parte dei carotenoidi viene trasformata in retinaldialdeide. Il retinolo ed i suoi metaboliti vengono legati ad una specifica proteina, la proteina legante il retinolo cellulare (cellular retinol binding protein, CRBP). Successivamente il retinolo viene coniugato con palmitato, stearato o oleato attraverso due enzimi: l'acil-coenzima A-retinolo aciltransferasi e la lecitina-retinolo aciltransferasi. Gli esteri del retinolo così formati e i carotenoidi ancora non metabolizzati vengono incorporati nei chilomicroni e da essi vengono trasportati nel fegato. A questo punto gli esteri del retinolo vengono idrolizzato mentre i carotenoidi possono venir trasformati in retinolo od essere secreti dalla cellula all'interno delle VLDL. Il retinolo intracellulare viene portato nel reticolo endoplasmatico e lì si lega ad una proteina legante il retinolo (retinol binding protein, RBP). Il complesso retinolo-proteina viene trasportato nelle cisterne del complesso di Golgi e da lì viene espulso dall’epatocita e trasferito alle cellule di Ito od alle cellule stellate, deputate all'immagazzinamento dei lipidi, le quali trattengono il retinolo, dopo averlo esterificato, nel citoplasma. I livelli plasmatici di vitamina A sono sottoposti a meccanismi omeostatitici molto precisi tali per cui la sua concentrazione plasmatica viene mantenuta tra 40 ed 80 μg/dl. In caso di necessità infatti, il retinolo viene rilasciato dagli epatociti legato alla RBP e dalle cellule di immagazzinamento, dopo idrolisi del legame esterico. Nel plasma il complesso retinolo-PRB si lega alla transtiretina, deputata anche al trasporto degli ormoni tiroidei, mentre il retinolo viaggia coniugato a varie proteine plasmatiche. I carotenoidi vengono trasportati tramite lipoproteine. L'ingresso del retinolo nelle cellule è un fenomeno ancora poco chiaro. Nel plasma, infatti, esiste un quantitativo di retinolo libero che pare sia in equilibrio con quello legato alla RBP. Si suppone che esso possa penetrare nelle cellule tramite un meccanismo non mediato da recettori. Si è visto, tuttavia, che alcune linee cellulari esprimono un recettore per la RBP la quale, legandosi, trascina con sé il retinolo trasportato. Si suppone, infine, che i carotenoidi entrino nelle cellule utilizzando i recettori per le lipoproteine. Una volta entrato nella cellula, il retinolo si lega alla proteina CRBP e parte di esso viene esterificata, al fine d’immagazzinarlo, o convertita nelle due forme attive: acido retinoico e retinaldeide. La maggior parte del retinolo penetrato non subisce modifiche e ritorna nel plasma. I carotenoidi entrati nelle cellule vengono trasformati in retinoidi con un meccanismo analogo a quello che avviene negli enterociti.
Azione fisiologica - La vitamina A nell'organismo presenta numerose funzioni biologiche che riguardano soprattutto la visione e la differenziazione cellulare. La retinaldeide, che si può formare anche dal retinolo tramite una alcol deidrogenasi, fa parte del meccanismo della visione. La retinaldeide (detta anche retinale) nella forma 11-cis, infatti, è unita ad una proteina retinica, l'opsina, tramite un legame covalente con il residuo di lisina numero 296, formando la rodopsina. Quando un fotone colpisce la rodopsina, il retinale isomerizza nella forma tutta trans e ciò determina un cambiamento conformazionale della rodopsina ed attivazione di una cascata molecolare mediata da una proteina G che determina la generazione di impulsi elettrici. Il retinale tutto trans si stacca dall’opsina e viene ridotto, ad opera di una deidrogenasi dipendente da NADPH, a retinolo tutto trans che viene poi ricaptato dal’epitelio della retina ed immagazzinato, dopo essere stato esterificato. Il retinolo tutto trans viene successivamente riconvertito in retinaldeide 11-cis tramite reazioni di ossidazione ed isomerizzazione. L'acido retinoico sembra partecipare alla maturazione embrionale ed alla differenziazione di alcune linee cellulari. I recettori per l’acido retinoico fanno parte di una famiglia di recettori nucleari che comprende anche quelli per la vitamina D. L’acido retinoico penetrato nella cellula viene portato al recettore tramite specifiche proteine cellulari di trasporto ed, una volta legatosi, determina regolazione dell’espressione di alcuni geni. Un altro derivato del retinolo biologicamente attivo è il retinol-fosfato. Pare che esso agisca come donatore di zuccheri nella formazione delle glicoproteine.
I carotenoidi presentano diverse azioni biologiche. Alcuni di essi sono provitamine, specie il β-carotene, altri (specie luteina e zeaxantina) sembrano importanti per una buona funzionalità della macula della retina, ed altri ancora agiscono da composti antiossidanti.
Fonti alimentari - Attualmente i livelli di assunzione di vitamina A vengono espressi in termini di retinolo equivalenti (RE) secondo le seguenti relazioni:
1 RE = 1 μg di retinolo = 6 μg di β-carotene = 12 μg di altri carotenoidi
Talvolta si può trovare una vecchia indicazione che utilizza le unità internazionali (IU):
1 UI = 0,3 μg di retinolo = 1,8 μg di β-carotene = 3,6 μg di altri carotenoidi
1 RE = 3,33 UI
Attualmente si consiglia un introito giornaliero di 700 RE per l’uomo e 600 RE per la donna. Nel caso di donne in gravidanza l'assunzione dovrebbe essere aumentata di circa 100 RE/die per un totale di 700 RE/die. In caso di allattamento la quantità di base va aumentata di circa 350 RE/die. La vitamina A è maggiormente presente negli alimenti di origine animale, soprattutto nel fegato e nella milza, seguiti poi da latte e derivati ed uova. Dato che carne, latte e uova sono però ricchi in colesterolo LDL, si consiglia di assumerla principalmente tramite pesce e derivati, e tramite fonti vegetali. I carotenoidi, da cui l'organismo ricava la vitamina A, sono particolarmente presenti nei tessuti vegetali e nei microorganismi fotosintetici. Tra i tessuti vegetali, ne sono particolarmente ricchi quelli a colorazione giallo-arancione (visto che questi fattori sono direttamente responsabili di questo tipo di colorazione) e quelli a foglia.
Carenza - la carenza di vitamina A determina inibizione della crescita, deformazione delle ossa e serie modifiche delle strutture epiteliali e degli organi riproduttivi .La vitamina A infatti regola la differenziazione degli epiteli mucosi ed una sua carenza causa cheratinizzazione degli epiteli con un processo detto metaplasia squamosa. Un'altra importante alterazione riguarda la funzione visiva. Una bassa quantità di rodopsina determina anche necessità di una maggior stimolazione luminosa. Pertanto la quantità minima di luce necessaria per innescare i meccanismi della visione aumenta. Questo fenomeno determina una diminuzione dell'adattamento alla bassa illuminazione (cecità crepuscolare o notturna). Nei casi più seri di deficit vitaminico può anche comparire secchezza della congiuntiva e della cornea che possono portare danni oculari permanenti fino alla cecità completa.
La carenza di vitamina A può portare anche ad un aumento della mortalità materna in gravidanza.
Ipervitaminosi - l'assunzione di dosi di vitamina A ≥300 mg può determinare la comparsa di un'intossicazione acuta con nausea, vomito, emicrania, perdita di coordinazione e disturbi visivi. In casi estremi, la morte (il fegato dell'orso polare è immangiabile proprio per l'elevata concentrazione di retinolo). Rispetto ai casi di tossicità acuta, quelli di tossicità cronica sono più frequenti in quanto è sufficiente assumere dosi giornaliere superiori alle capacità di immagazzinamento ed eliminazione del fegato sia tramite consumo frequente di alimenti ricchi in vitamina A sia per mezzo di integratori. Ciò può comportare la comparsa di una sintomatologia caratterizzata da inappetenza, dolori muscolari, anemia, perdita dei capelli e varie alterazioni neurologiche. Per evitare ciò si consiglia di non superare l'assunzione di 9 mg/die per l’uomo e 7,5 mg/die per la donna. In gravidanza si consiglia di non superare i 6 mg/die in quanto più predisposte alla comparsa di sintomi da iperdosaggio. Dosi giornaliere superiori ai 30 mg/die sembra che possano avere un effetto teratogeno sul feto per cui si consiglia di non assumere MAI integratori di vitamina A in gravidanza se non dietro prescrizione medica, la quale, tuttavia, non deve superare i 6 mg/die.
La tossicità da carotenoidi è più contenuta in quanto il loro assorbimento è modesto e diminuisce ancora in caso di alte dosi. In caso di sovradosaggio si può verificare la comparsa di pigmentazione giallo-arancione della pelle e delle mucose, fenomeno che regredisce in poco tempo una volta che la dose di carotenoidi venga ridotta. Secondo un articolo su FASEB journal di Ulrich Hammerling, del Sloan-Kettering Institute for Cancer Research di New York, i danni da eccesso di retinolo sarebbero legati a tossicità sui mitocondri.
CALCIFEROLO (VITAMINA D)
la vitamina D è un gruppo di pro-ormoni liposolubili costituito da 5 diverse vitamine: vitamina D1, D2,D3, D4 e D5. Le due più importanti forme nella quale la vitamina D si può trovare sono la vitamina D2 (ergocalciferolo) e la vitamina D3 (colecalciferolo), entrambe le forme dall'attività biologica molto simile. Il colecalciferolo (D3), derivante dal colesterolo, è sintetizzato negli organismi animali, mentre l'ergocalciferolo (D2) è di provenienza vegetale. La vitamina D ottenuta dall'esposizione solare o attraverso la dieta è presente in una forma biologicamente non attiva e deve subire due reazioni di idrossilazione per essere trasformata nella forma biologicamente attiva, il calcitriolo. La storia della scoperta della vitamina D parte nel 1919 quando venne evidenziato, da Huldschinsky, che bambini affetti da rachitismo guarivano se esposti alla luce ultravioletta. Un risultato simile lo si ottenne nel 1922 da A.F. Hess e H.B. Gutman usando, però, la luce solare e nello stesso periodo venne ipotizzata da Mc Collum l’esistenza di un composto liposolubile essenziale per il metabolismo delle ossa, studiando l’azione antirachitica dell’olio di fegato di pesce dal quale riuscì ad identificare una componente attiva. Già nel 1919-1920 Sir Edward Mellanby era pervenuto ad un’ipotesi simile studiando cani cresciuti sempre al chiuso. Nel 1923 Goldblatt e Soames riuscirono a dimostrare che quando il 7-deidrocolesterolo, presente nella pelle, viene colpito dai raggi ultravioletti esso dà origine ad un composto avente la stessa attività biologica del composto lipofilo di Mc Collum. La struttura della vitamina D venne identificata nel 1930 da A. Windaus.
Biochimica e Meccanismo d’azione - Gli studi strutturali hanno permesso di identificare le due forme della vitamina D e che l'ergocalciferolo viene formato quando i raggi ultravioletti colpiscono la sua forma provitaminica di origine vegetale, l'ergosterolo, mentre il colecalciferolo si produce, come detto precedentemente, dall'irradiazione del 7-deidrocolesterolo.
L'assorbimento della vitamina D segue gli analoghi processi cui le altre vitamine liposolubili sono sottoposte. Essa, infatti, viene inglobata nelle micelle formate dall'incontro dei lipidi idrolizzati con la bile, entra nell'epitelio intestinale dove viene incorporato nei chilomicroni i quali entrano nella circolazione linfatica. In vari tessuti il colecalciferolo subisce una reazione di idrossilazione con formazione di 25-idrossicolecalciferolo [25(OH)D] il quale passa nella circolazione generale e si lega ad una proteina trasportatrice specifica (vitamin D binding protein, DBP). Arrivato nel rene, il 25 (OH)D può subire due diverse reazioni di idrossilazione, catalizzate da differenti idrossilasi (la 1-idrossilasi e la 24-idrossilasi), che danno origine, rispettivamente, all'1,25-diidrossicolecalciferolo [1,25(OH)D] (calcitriolo), la componente attiva, ed al 24,25-diidrossicolecalciferolo [24,25(OH)D], una forma inattiva. A livello della cute si forma l’altra forma attiva della vitamina D, l'ergocalciferolo, tramite trasformazione dell’ergosterolo. I raggi ultravioletti favoriscono la conversione del 7-deidrocolesterolo che può dare origine al colecalciferolo ma anche a due prodotti inattivi: il lumisterolo ed il tachisterolo. La quantità di D3 e D2 prodotti dipende dalle radiazioni ultraviolette (sono più efficaci quelle comprese tra 290 e 315 nm), dalla superficie cutanea esposta, dal suo spessore e pigmentazione e dalla durata della permanenza alla luce.
Nei mesi estivi la sovrapproduzione di vitamina D ne consente l’accumulo, così che la si possa avere a disposizione anche durante il periodo invernale.
La vitamina D favorisce il riassorbimento di calcio a livello renale, l'assorbimento intestinale di fosforo e calcio ed i processi di mineralizzazione dell’osso ed anche di differenziazione di alcune linee cellulari e in alcune funzioni neuromuscolari (anche se questi due ultimi punti devono ancora essere chiariti). Il funzionamento dell' 1,25(OH)D è alquanto anomalo per una vitamina in quanto agisce secondo le caratteristiche proprie degli ormoni steroidei: entra nella cellula e si va a legare ad un recettore nucleare che va a stimolare la produzione di varie proteine, specie trasportatori del calcio. La regolazione dei livelli di calcio e fosforo nell’organismo avviene insieme all’azione di due importanti ormoni: la calcitonina ed il paratormone. La calcitonina ha azioni opposte a quelle della vitamina D, favorendo l’eliminazione urinaria e la deposizione di calcio nelle ossa. Ciò si traduce in una diminuzione dei livelli plasmatici di calcio. Il paratormone, invece, inibisce il riassorbimento renale dei fosfati, aumenta quello del calcio e stimola il rene a produrre 24,25(OH)D. A livello dell'osso, esso promuove il rilascio di calcio.
La produzione di questi ormoni e di vitamina D è strettamente dipendente dalla concentrazione plasmatica di calcio: una condizione di ipocalcemia stimola la produzione di paratormone e di 24,25(OH)D. Un aumento del calcio plasmatico, invece, favorisce la sintesi di calcitonina.
Il delicato equilibrio che si viene a creare determina una buona regolazione dei processi di mineralizzazione. Sembra, infine, che la vitamina D possa promuovere la differenziazione dei cheratinociti dell’epidermide e degli osteoclasti ossei e, forse, detiene anche un’azione antiproliferativa.
Queste le forme principali che costituiscono il gruppo vitaminico D:
vitamina D1 : composto costituito in parti 1:1 di ergocalciferolo e lumisterolo
vitamina D2 : calciferolo
vitamina D3 : colecalciferolo
vitamina D4 : diidroergocalciferolo
vitamina D5 : sitocalciferolo
Azione fisiologica - La vitamina D, trasportata dal sangue al fegato, li si trasforma in funzione del fabbisogno di calcio e fosforo dell'organismo. La vitamina D è un regolatore del metabolismo del calcio e favorisce dunque anche una corretta mineralizzazione dello scheletro. La maggior parte della vitamina D viene sintetizzata dall’organismo, per azione dei raggi del sole, a partire da derivati del colesterolo presenti nella pelle. La funzione della vitamina D è di stimolare l'assorbimento a livello intestinale del calcio e del fosforo, il riassorbimento renale e dall'osso del calcio e contribuisce, con l'ormone paratiroideo, a regolare i livelli plasmatici del calcio. Degli studi recenti hanno suggerito che la vitamina D potrebbe avere un ruolo nella regolazione della risposta immunitaria di tipo innato contro gli agenti microbici. Da esperimenti in vitro si è evidenziato come l'1,25(OH)D possa stimolare la produzione di catelicidina umana (human cathelicidin antimicrobial peptide, CAMP), un peptide con azione antimicrobica, in differenti culture cellulari. L'espressione genica della catelicidina sembra essere regolata da un promotore del gene CAMP contenente un elemento rispondente alla vitamina D (vitamin D response element, VDRE) cui si va a legare il recettore per la vitamina D. Secondo Wang e colleghi, l'1,25(OH)D è in grado di stimolare la produzione di altri peptidi antimicrobici: la defensina β di tipo 2 (defensin β2, defβ2) la lipocalina associata alla gelatinasi neutrofila (neutophil gelatinase-associated lipocalin, ngal).
Simili dati permettono di dare un sostegno, almeno iniziale, allo studio di Cannel e colleghi i quali, riprendendo un'ipotesi già sostenuta di Edgar Hoper-Simpson nel 1981, sostengono che i picchi invernali di sindrome influenzale potrebbero essere dovuti ad una carenza di vitamina D a seguito d'una minor esposizione alla luce solare. L' 8 giugno 2007 sulla rivista americana "American Journal of Clinical Nutrition" sono stati pubblicati i risultati di una ricerca condotta da Joan Lappe, professore di medicina nella Creighton University, secondo la quale l'assunzione di vitamina D (1100 UI/die) e calcio (1400-1500 mg/die) da parte di donne in menopausa ha determinato una diminuzione statisticamente significativa del rischio d'insorgenza di carcinomi.
Fonti Alimentari - La normale esposizione ai raggi del sole è sufficiente a coprire il fabbisogno di vitamina D negli adulti, e va quindi assunta solo durante la fase di accrescimento e durante la gravidanza e l’allattamento. In questi casi l’assunzione dovrebbe essere di 10μg al giorno come integratore, vista la scarsa presenza di vitamina D negli alimenti, con l’eccezione dell’olio di fegato di merluzzo. In caso di assunzione esterna di vitamina D si consiglia di non superare il livello massimo di 50 microgrammi/giorno.
Ipervitaminosi - Un eccesso di vitamina D, al contrario, può causare calcificazioni diffuse negli organi, contrazioni e spasmi muscolari, vomito, diarrea.
Carenze - La carenza di vitamina D comporta il rischio di rachitismo nei bambini, con conseguente deformazione delle ossa e arresto della crescita, e di osteomalacia negli adulti, una intensa forma di decalcificazione ossea. In forma lieve si evidenza una diminuita concentrazione nel siero di calcio e fosforo, in forme gravi si può arrivare al rachitismo, debolezza muscolare e deformazioni delle ossa.
TOCOFEROLO (VITAMINA E)
è un nutriente vitaminico essenziale e vitale per l'uomo, un potente antiossidante liposolubile, presente in molti vegetali, ad esempio nella frutta, nell'olio di canapa, nell'olio d'oliva e soprattutto nell'olio di germe di grano. Il tocoferolo è uno dei principali composti detti vitamina E, e per questo ne viene comunemente usato interscambiabilmente il nome.
La vitamina E venne scoperta nel 1922, dall'embriologo Herbert Evans e dalla sua assistente Katherine Bishop, quale fattore liposolubile in grado di prevenire la morte fetale animale. Inizialmente chiamata fattore X, venne successivamente denominata vitamina E (in quanto venne scoperta dopo la vitamina D) e nel 1927 si vide che essa era un nutriente essenziale per mantenere fertili i ratti di laboratorio. Nel 1936, dall’olio di germe di grano venne isolato un fattore possedente la stessa attività biologica della vitamina E; la sua struttura venne determinata da Erhard Fernholz nel 1938 ed esso venne denominato α-tocoferolo. Nello stesso anno Paul Karrer realizzò la sintesi di una miscela racemica di α-tocoferolo Successivamente da molti oli vegetali vennero isolati altri composti aventi una simile attività: i tocotrienoli e il β, γ, δ-tocoferolo. La scoperta che la vitamina E è un fattore essenziale anche per l’uomo avvenne solamente nel 1968.
Biochimica e Meccanismo d’azione - Tipi di vitamina E sono 8:
1- i tocotrienoli (α, β, γ e δ, in un primo tempo detti vitamina T)
2- i tocoferoli (α, β, γ e δ)
Esistono, in natura, otto composti, derivati del 6-cromanolo con quattro gruppi metilici legati all’anello aromatico e con una catena laterale isoprenoide a 16 atomi di carbonio, satura od insatura, in posizione 2, dotati di struttura chimica comune, aventi l’attività biologica della vitamina E.
A seconda della presenza di una catena satura od insatura, questi composti vengono divisi in due gruppi: i tocoferoli (α, β, γ, δ) ed i tocotrienoli (α, β, γ, δ). Quest’ultimi, infatti, presentano tre doppi legami sulla catena isoprenoide. La disposizione dei gruppi metilici permette di distinguere i singoli composti delle due classi. Biologicamente l' alfa tocoferolo è la forma più potente ed attiva.
I tocoferoli presentano tre centri di chiralità (su C2, C4 e C8) ed i tocotrienoli uno solo (C2). Il tocoferolo naturale, usato come termine di confronto per la valutazione dell’attività biologica delle altre sostanze, essendo il più attivo, presenta i tre atomi chirali nella configurazione R (per cui viene detto anche RRR-tocoferolo). I tocoferoli sono composti oleosi, insolubili in acqua e solubili nei solventi apolari. Sono facilmente degradati dall’ossigeno e dai raggi UV e sono abbastanza resistenti al calore. L’assorbimento della vitamina E è conosciuto bene solo per quel che riguarda i tocoferoli. Essi vengoni assorbiti a livello dell’intestino tenue previa precedente idrolisi, qualora presenti sotto forma di esteri. La buona funzionalità delle vie di idrolisi ed assorbimento dei lipidi sono essenziali anche per i tocoferoli in quanto essi vengono inclusi in micelle formate dagli acidi biliari e dai prodotti dell’idrolisi lipidica avvenuta per azione del succo pancreatico. Generalmente l’assorbimento dei tocoferoli varia tra il 20 ed il 40% di quello assunto con i cibi.
I tocoferoli vengono assorbiti dagli enterociti e vengono poi rilasciati, inglobati nei chilomicroni, nella circolazione linfatica e da lì rilasciati in quella sistemica. Nel flusso ematico, essi vengono trasportati inclusi nelle lipoproteine. Nel fegato viene attuata una selezione preferenziale del RRR-tocoferolo che viene incorporato nelle lipoproteine epatiche, mentre gli altri composti con azione vitaminica simile non vengono accettati. Questo processo avviene grazie ad una specifica proteina legante l’α-tocoferolo (α-tocopherol binding protein: a TBP) che lo lega, lo trasporta agli scompartimenti cellulari e ne permette l’inclusione nelle lipoproteine.
La maggior parte della vitamina E plasmatica viene rinvenuta nelle lipoproteine a bassa densità (LDL), ma se ne trova anche a livello delle VLDL e delle lipoproteine ad alta densità (HDL). La vitamina viene scambiata tra le diverse lipoproteine, ma è anche ceduta agli eritrociti ed a vari tessuti (specialmente adiposo e muscolare) tramite l’azione di lipasi che, scindendo i trigliceridi, permettono anche la liberazione del tocoferolo.
Il metabolismo del tocoferolo è assai lento ed esso viene eliminato nelle feci, sotto forma di α-tocoferilidrochinone e α-tocoidrochinone, e nelle urine sotto forma di acido tocoferonico, tutti composti che vengono coniugati con acido glucuronico.
Azione fisiologica - Non sono ancora del tutto chiari le azioni ed i meccanismi con cui la vitamina E agisce nell’organismo. La vitamina ha un ruolo importante, quale fattore antiossidante, nella prevenzione dell’ossidazione degli acidi grassi polinsaturi, evento chiave nello sviluppo del processo di perossidazione lipidica. Tale evento, scatenato dall’azione di radicali liberi, si sviluppa attraverso delle reazioni a catena che continuano il processo. La vitamina E è in grado di bloccare questo fenomeno donando un elettrone ai radicali perossilipidici, rendendoli in tal modo meno reattivi e bloccando di fatto la perossidazione lipidica. Tale reazione redox trasforma la vitamina E in un radicale α-tocoferossilico che è piuttosto stabile, grazie allo sviluppo di fenomeni di risonanza, e che può reagire con la vitamina C o con il glutatione o con il coenzima Q10 per riformare l’α-tocoferolo. Poiché lo sviluppo della perossidazione lipidica può determinare profonde alterazioni delle membrane cellulari, si comprende il motivo per cui alla vitamina E è riconosciuto un ruolo importante nel mantenere tali strutture indenni. Ciò è verificato anche dal fatto che gli eritrociti, che sono particolarmente sottoposti a stress ossidativo, risentono abbastanza presto di stati carenziali di vitamina E divenendo più sensibili all’emolisi. La vitamina E, inoltre, sembra regolare l’attività della lipossigenasi e della cicloossigenasi. Tali enzimi sono coinvolti nella formazione di prostanoidi, composti capaci di mediare i fenomeni d’aggregazione piastrinica i quali vengono accentuati dalla mancanza della vitamina. Si sopetta, inoltre, che la vitamina E possa regolare l’attività della protein-chinasi C e stabilizzare le membrane cellulari per suo diretto inserimento in tali strutture. Poco chiaro è l’effetto sul colesterolo e sul cuore. Sebbene sugli animali l’uso di tale composto si sia rivelato utile nel prevenire i danni cardivascolari, gli studi clinici sull’uomo hanno fornito risultati dubbi. Un recente meta-analisi ha addirittura concluso che l’uso di alte dosi di vitamina E determinerebbe un aumento della mortalità.
Fonti alimentari - Al momento non si è in grado di stabilire un valore preciso di assunzione giornaliera di vitamina E in quanto esso dipende dello stato delle difese antiossidanti dell’organismo e dalla quantità di acidi grassi poliinsaturi presenti nella dieta. Al momento, per la popolazione italiana, si consiglia un’assunzione di 8 mg/die o comunque un apporto non inferiore ai 3 mg/die per le donne e 4 mg/die per gli uomini. Sono ricchi di vitamina E gli alimenti di origine vegetale: in primis semi (e di conseguenza gli olii da essi derivati, fra i quali l'olio di canapa), seguiti da cereali, frutta ed ortaggi. Il contenuto vitaminico viene ridotto dai processi di cottura, soprattutto dalla frittura e dalla cottura al forno. La vitamina E può perdersi anche stando a contatto con l’ossigeno e tale fenomeno viene accentuato dalla contemporanea presenza di metalli e acidi grassi poliinsaturi e ridotto dalla presenza di antiossidanti.
Carenza - sviluppare carenza di vitamina E è complicato in quanto i suoi depositi nell’organismo sono ingenti (soprattutto nel fegato). Il neonato prematuro, invece, ha depositi scarsi di questo composto per cui può sviluppare fenomeni carenziali caratterizzati da: anemia emolitica e talvolta edema degli arti inferiori. Nell’adulto può comparire deficit di vitamina E solo in casi di malassorbimento od abetalipoproteinemia e ciò comporta l’insorgenza di una sindrome neurodegenerativa con neuropatia periferica, miopatia ed atassia cerebellare.
Ipervitaminosi - Poiché la vitamina E è presente in otto forme, per poter effettuare valutazioni comparative tra esse si ricorre all’uso dei Tocoferolo Equivalenti o delle Unità Internazionali (UI).
1 Tocoferolo Equivalente = 1 mg RRR-Tocoferolo = 1,5 UI = 2 mg β-Tocoferolo = 3 mg γ-Tocotrienolo = 10 mg γ-Tocoferolo
La vitamina E non sembra dare problemi di tossicità. Si è visto che possono comparire disturbi intestinali per dosi superiori ai 2000 mg/die e che assumere alte dosi giornaliere per anni può aumentare il rischio di tumore al polmone del 7% nei forti fumatori (20 o più sigarette).
NAFTOCHINONE (VITAMINA K)
Per vitamina K s’intende una serie di composti che derivano dal 2-metil-1,4-naftochinone. Il nome di vitamina K deriva dal nome Koagulation vitamin con cui fu nominato uno di questi fattori allorché venne identificato nel 1926. Negli anni successivi tale composto risultò essenziale nel mantenere i livelli di alcuni fattori della coagulazione. Negli anni successivi, vennero identificati altri derivati dotati anch’essi della stessa azione biologica. Nel 1974 venne scoperto il meccanismo di funzionamento della vitamina K.
Biochimica e Meccanismo d’azione - Le vitamine K vengono suddivise in tre gruppi:
1- Vitamina K1 o fillochinone (2-metil-3-fitil-1,4-naftochinone) di origine vegetale e che costituisce la forma più presente nella dieta,
2- Vitamina K2 o menachinoni di origine batterica(sintetizzata dai batteri simbionti normalmente presenti nella flora intestinale umana, come quelli appartenenti al genere Escherichia (come E.Coli); i menachinoni differiscono per il numero di unità isopreniche che si trovano nella catena laterale),
3- Vitamina K3 o menadione, liposolubile, di origine sintetica ed il suo derivato bisolfitico, idrosolubile.
Le diverse forme della vitamina K vengono assorbite in tratti differenti dell'intestino.
La vitamina K1 viene assorbita a livello dell'ileo con un meccanismo energia-dipendente mentre i menachinoni pare che vengano assorbiti nel colon. In entrambi i casi il corretto assorbimento dipende dalla normalità delle funzioni biliare e pancreatica e viene favorito dalla presenza di grassi. Successivamente la vitamina K viene inserita nei chilomicroni e da qui passata alle VLDL ed alle lipoproteine a bassa densità (LDL) da cui viene ceduta ai tessuti. La vitamina K viene immagazzinata assai poco e per di più presenta un tempo di emivita di circa 17 ore, il che ne rende necessario un continuo apporto ottenuto dalla dieta e dai batteri sintetizzatori che si trovano nell'intestino(E.Coli). La vitamina K2 e la K1 vengono sottoposte, poi, a β-ossidazione ed escrete con le urine come tali o coniugate con acido glucuronico. Il menadione viene eliminato con le urine agganciato ad un gruppo solfato, fosfato o glucuronide.
Meccanismo d’azione - La vitamina K agisce come coenzima di una carbossilasi che determina carbossilazione di residui di acido glutammico per formare l'amminoacido acido γ-carbossiglutammico (Gla). Ciò fa sì che possano venir rese attive alcune proteine:
la protrombina ed i fattori VII, IX ed X della coagulazione,
le proteine C, M, S, Z plasmatiche,
l'osteocalcina e la proteina Gla della matrice a livello dell'osso.
In particolare, i due residui carbossilici che si trovano nel Gla, che in condizioni fisiologiche sono ionizzati, sono in grado di legare il Ca2+ o due molecole di Gla di una stessa proteina.
La forma attiva della vitamina K è l'idrochinone (KH2), ottenuto da una reazione di riduzione catalizzata da una riduttasi dipendente da NADPH e da gruppi sulfidrilici. Durante la reazione di carbossilazione per generare Gla, l'drochinone viene trasformato in epossido, il quale, ad opera di una epossido riduttasi, viene convertito in vitamina K.
Alcuni farmaci anticoagulanti (come il warfarin) svolgono la loro azione andando ad inibire le reduttasi, bloccando la formazione di vitamina KH2 e determinando una diminuzione di alcuni fattori della coagulazione.
Fonti alimentari - È difficile valutare il quantitativo raccomandabile di vitamina K in quanto non si riesce ancora a valutare bene la concentrazione di tale composto nei cibi e non si è in grado di calcolare il contributo della sintesi batterica. Attualmente si suggerisce di assumerne 1 μg per Kg di peso corporeo, quantitativo facilmente ottenibile da una buona dieta. La vitamina K si trova sia negli alimenti vegetali che in quelli animali ed in più viene sintetizzata dai batteri intestinali. Tra i vegetali, i più ricchi sono quelli a foglie verdi (spinaci, lattuga, broccoli, cavolo, cavolini di Bruxelles, cime di rapa, ecc...), Contengono vitamina K pure la soia, i piselli, i ceci, il the verde, le uova, il fegato di maiale e di manzo. I latticini, la carne, la frutta ed i cereali ne hanno ma in quantità inferiori.
Carenza - vista la diffusione della vitamina K nei cibi e la produzione batterica, è difficile avere quadri carenziali. Negli adulti si può avere carenza di tale vitamina a seguito di trattamenti con antagonisti o a patologie recanti malassorbimento o alterazioni della bile. Particolarmente importante, invece, può essere la carenza nei neonati, fenomeno che si può verificare per vari motivi: la vitamina K passa poco attraverso la placenta, il latte materno non ne presenta grandi livelli, il fegato produce un inadeguato quantitativo di fattori della coagulazione e l'intestino, nei primi giorni di vita, è sterile. La carenza si manifesta all'inizio con aumento del tempo di coagulazione e diminuzione della protrombina, poi con segni clinici che vanno dalle petecchie sino a grandi emorragie. La carenza di vitamina K nella dieta di animali da allevamento, pollami, ovini e bovini, comporta evidenti patologie legate a fattori emorragici. Per tale motivo, viene utilizzata la vitamina K3 msb (menadione sodio bisolfito), forma idrosolubile, come additivo nei mangimi. Non sono noti effetti tossici da assunzione di elevate quantità di fillochinone o menachinoni mentre alti livelli di menadione possono portare a stress ossidoriduttivo con diminuzione dei livelli di glutatione ed emolisi.
Nessun commento:
Posta un commento
Sentitevi liberi di commentare l'articolo. Si richiede gentilmente il rispetto delle norme di netiquette esistenti su internet. I commenti sono moderati e verranno pubblicati dopo approvazione del blogger (limite di 24 ore). Il blogger si riserva il diritto di non pubblicare e/o cancellare i commenti che ritiene non adeguati alle regole di netiquette. Buona scrittura e grazie per il messaggio.