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AFORISMA DEL GIORNO

12 luglio, 2018

Specializzazione: uno studio dell'associazione ALS-F2A calcola ben 510 borse di studio "sprecate" per rinuncia (e i fondi per finanziarle non sono più reimpiegati)

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Secondo lo studio dell’Associazione Liberi Specializzandi - fattore 2a, nel prossimo concorso di specializzazione una buona parte dei medici che hanno vinto una borsa di studio lo scorso anno ritenterà il concorso per una nuova specialità (la propria prima scelta)  e chi riuscirà, chi si iscriverà alla nuova specializzazione abbandonerà la prima, di fatto sprecando una borsa. Con questo meccanismo si verifica una "fuga"  di 350 borse del concorso di specializzazione del 2016. Le altre 160 sono state sprecate per l'asincronia dei due concorsi tra Scuole di specialità e corsi per la Medicina generale.

Tra il 2016 e il 2017 sono state perse, per rinuncia, 510 borse di specializzazioni. Nel prossimo concorso di specializzazione una buona parte dei medici che hanno vinto una borsa di studio lo scorso anno ritenterà il concorso per una nuova specialità (la propria prima scelta)  e chi riuscirà, chi si iscriverà alla nuova specializzazione abbandonerà la prima, di fatto sprecando una borsa.

Con questo meccanismo, incrociando i dati delle graduatorie si sottolinea una "fuga"  di 350 borse del concorso di specializzazione del 2016. Le altre 160 invece sono state sprecate semplicemente per l'asincronia dei due concorsi tra Scuole di specialità e corsi per la Medicina generale.

Il dato è illustrato in uno studio realizzato dai giovani medici di una nuova associazione, l’”Associazione Liberi Specializzandi - fattore 2a”, che conta al momento più di 1200 iscritti e ha come obiettivo dichiarato quello di sensibilizzare gli organi competenti a monitorare queste “emorragie” di borse per poterle recuperare.

Secondo lo studio, il saldo totale fra i medici che si abilitano ogni anno dal 2013 e il numero di borse erogate (SSM, le specializzazioni mediche classiche + MMG, i corsi in medicina generale) dal 2013 registra un saldo negativo di 930 unità, per una media di 233 all’anno. Significa, spiegano gli autori, che dal 2013 ogni anno vengono erogate 233 borse in meno del fabbisogno di medici abilitati, che quindi ritentano il concorso gli anni successivi aumentando progressivamente il numero di candidati e di esclusi alla formazione. Un numero che, commenta lo studio, non rende chiarezza dell’aumento progressivo di medici candidati ai concorsi SSM che crescono di 756 unità all’anno.

Se in media, ogni anno, i candidati alle specializzazioni in medicina crescono di 756 unità a fronte delle sole 233 borse non erogate dal MIUR e dalle Regioni, chi sono quei 520 medici che – ogni anno – si accumulano ai concorsi? Secondo l’associazione lo spreco di risorse pubbliche che annualmente vede “bruciare” più di 500 posti circa tra SSM e MMG si può quantificare specializzazione per specializzazione e sede per sede. Lo studio ricorda che questi 500 posti sono “soldi” messi a bilancio dallo Stato e che vengono in una qualche misura non recuperati e rimessi a bando, andando quindi a definanziare la formazione di 500 futuri specialistici all’anno.

I meccanismi per cui si “sprecano” queste 500 borse di studio finora individuati sono stati principalmente due. Il primo è banale, sottolinea l’associazione: un medico che ha partecipato e vinto una borsa di studio al concorso SSM o MMG nell’anno 2016, entrando magari in una sua seconda o terza scelta, ritenta e vince il concorso l’anno successivo e “spreca” una borsa di studio, bruciando un anno di finanziamento (25.000 euro circa), ma soprattutto non essendoci un meccanismo di recupero “brucia” un futuro specialista in quella branca. Il secondo meccanismo è più sottile. Nel concorso appena passato (SSM ed MMG 2017), le due graduatorie si sono accavallate per un periodo in quanto i due concorsi sono stati molto ravvicinati. I concorrenti SSM 2017, appena sbloccato il proprio scaglione di 1000 posti, avevano 26h circa per poter decidere quale specializzazione e in quale sede andarsi a formare. Molti, soprattutto negli ultimi scaglioni, si sono dovuti accontentare dei posti liberi rimasti e nella paura di non poter avere un posto libero hanno scelto una specializzazione parallelamente aspettando lo scorrimento della graduatoria MMG (che si era accavallata). Nel momento in cui la Regione dove aveva fatto il concorso MMG andava a chiamare il concorrente per assegnare la borsa di studio MMG è capitato che molti accettassero quest’ultima di fatto “sprecando” una borsa SSM senza aver messo mai piede neanche un giorno in reparto. Questo meccanismo è stato possibile in quanto come già detto le due graduatorie si sono accavallate ma anche perché la borsa SSM, da regolamento MIUR non veniva rimessa subito a disposizione.

Lo studio ha poi analizzato la graduatoria degli ammessi e iscritti al concorso SSM 2016 con la graduatoria unica SSM 2017 e gli iscritti al primo anno di corso in medicina generale del triennio 2017/2020. Dei 6738 iscritti alle specializzazioni 2016, hanno ritentato il concorso verso una nuova specializzazione medica (SSM 17), 822 pari al 12.2% del totale. Di questi, 321 hanno ottenuto una borsa SSM 2017, di fatto sprecando 321 borse 2016, pari a quasi il 5% delle borse totali. Un’altra “fuga” dalle specializzazioni 2016 (SSM16) è avvenuta verso la medicina generale 2017 (MMG 17), ovvero gli iscritti alle scuole di specializzazione 2016 hanno ritentato il concorso MMG 2017. In questo caso hanno ritentato il concorso verso la medicina generale in 290 e si sono iscritti in 30, pari allo 0.45% del totale borse SSM 2016. Nelle tabelle che seguono si evidenzia l’elenco delle fughe da SSM 2016 a SSM 17 e MMG 17.

Per le specializzazioni che verranno  - i nuovi concorsi SSM 2018 ed MMG 2018 - quello che succederà sarà una ingente perdita di borse SSM 2017 per i due meccanismi fin qui descritti, ovvero:

1) alcuni specializzandi che hanno partecipato e vinto una borsa SSM 2017, magari non soddisfatti della scelta o dell’offerta formativa della scuola di specializzazione, ritenteranno il concorso di specializzazione 2018 e se accetteranno una nuova borsa si instaurerà il “meccanismo fuga” per passaggio da SSM 17 a SSM 2018;

2) altri che faranno sia il concorso SSM18 che MMG18, sceglieranno prima una specializzazione medica e poi, se vincitori, saranno chiamati a scegliere dalle regioni se accettare o meno una borsa MMG 2018.

Si instaurerà così il meccanismo “borse perse” per passaggio nello stesso anno, a distanza di pochi mesi, da una specializzazione a una medicina generale.

L’emorragia di 500 borse l’anno ha ripercussioni a più livelli:

1) sociale: per mancanza di specialisti formati nei prossimi anni a ridosso del ricambio generazionale;

2) imbuto formativo: aggravarsi dell’imbuto formativo per un giovane medico e aumento progressivo dei concorrenti;

3) università: riduzione di specializzandi impiegati nel Ssn e riduzione delle entrate universitarie per le tasse;

4) ministero: spreco e sperpero di risorse.

“Nei prossimi mesi con i nuovi concorsi 2018 – conclude lo studio - la nostra associazione monitorerà i contratti del 2017 che verranno persi per passaggio degli specializzandi da una specializzazione presa nel 2017 a una del 2018. Al termine delle graduatorie del concorso MMG 2018, individuati gli iscritti ai corsi di formazione, sarà possibile quantificare anche le borse perse del 2017 per passaggio da una specializzazione 2017 al corso MMG 2018, e le borse perse 2018 per iscrizione, lo stesso anno, ad una specialità medica e conseguentemente a un corso regionale in medicina generale”. Secondo l’associazione poi la nuova “laurea abilitante” creerà ulteriori disagi vedendo diminuire gli abilitati ogni anno per una nuova tipologia, più selettiva, del test di abilitazione. “Questo inasprimento ingiustificato – conclude l’associazione – creerà un ulteriore collo di bottiglia o imbuto formativo a monte che ridurrà ulteriormente il contingente di specializzandi in un momento storico, a ridosso del ricambio generazionale, dove quello di cui più il nostro Ssn ha bisogno è di medici formati e specializzati pronti a subentrare e garantire la continuità di cure e di eccellenza negli ospedali già pesantemente sotto organico in molte realtà”.

Nota a margine: i fondi derivanti dalle borse "perdute" non vengono più reimpiegati per l'anno successivo, essendo stati bloccati dal Ministero ad autotutela verso i numerosi ricorsi di coloro che hanno partecipato e vinto al concorso pur non essendo abilitati (entrando quindi in graduatoria ma non ottenendo il posto). Un altro "errore di procedura" che corrode ulteriormente i pochi fondi erogati per il sistema di formazione medica post laurea.





FONTE: Quotidiano Sanità
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11 luglio, 2018

Anaao Assomed lancia l'allarme: troppi medici in fuga per mancata formazione post laurea e troppi tagli a carico del settore pubblico

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Liste d’attesa? Ospedali sotto organico? A meno di non cambiare modello sanitario, il peggio potrebbe non essere ancora arrivato. Nel 2028, secondo una stima del sindacato dei medici dirigenti Anaao, per effetto dei pensionamenti il Servizio sanitario nazionale perderà oltre 47mila specialisti. In corsia i camici bianchi saranno sempre più una rarità non solo per le uscite, ma anche perché – a causa del numero contingentato di posti nei percorsi di formazione post laurea – gli ingressi non sono sufficienti a pareggiare i conti. Gli stranieri? Gli stipendi italiani non sono competitivi con quelli degli altri Paesi europei. «Dal 2009 al 2016 abbiamo perso 9mila medici dipendenti, cioè ospedali e territorio (la maggioranza sono ospedalieri) – dice Carlo Palermo, vice segretario nazionale vicario Anaao Assomed – e a partire da quest’anno si marcerà al ritmo di 5.600 pensionamenti l’anno. Così che in un decennio andranno via 55.500 medici, 47.300 specialisti ospedalieri, più 8.200 universitari e specialisti ambulatoriali». A parlare sono le date di nascita e la curva pensionistica, con l’esodo dei figli del baby-boom. La maggior parte dei medici attivi attualmente è nata tra il 1952 e il 1962. La Riforma Fornero ne ha ritardato il pensionamento, ma adesso i nati dal 1952-53 hanno acquisito i criteri previdenziali dal 2017. E via via andranno in pensione anche gli altri.

«Ogni anno – precisa Palermo - circa 7mila medici sono pensionabili: facendo un semplice calcolo, nel 2022 matureranno il diritto a uscire 30mila medici». Ma potrebbero essere di più se davvero il governo metterà mano alla Legge Fornero e allenterà i criteri, introducendo per esempio quota 100. «Il che sarebbe un bene, perché fare le guardie a 65 anni non va bene - dice Palermo - ma si aggraverà la carenza di personale». Il calcolo rischia di essere sottostimato anche per altri motivi. Il primo fra questi è il modello (tutto italiano, senza eguali nel resto d’Europa) della formazione specialistica. «Da noi è appannaggio delle università, che però non offrono posti sufficienti», spiega Palermo. «Attualmente i laureati in medicina e chirurgia sono 9mila all’anno a cui si aggiungerà la quota di studenti che hanno fatto ricorso perché esclusi dalle selezioni (circa 15mila in totale da oggi al 2027). Da oggi al 2027 avremo oltre 95mila laureati: l’offerta formativa è di 6.200 contratti di specializzazione post laurea e 1.000 borse per diventare medici di base. Totale: 7.200 all’anno, 72mila in dieci anni. Circa 30mila medici non avranno uno sbocco formativo post laurea».

Andranno all’estero e l’Italia farà un autogol perché un laureato in medicina costa all’università italiana circa 150mila euro. Il risultato – oltre allo spreco di risorse – è la carenza di specialisti: già oggi mancano pediatri, anestesisti, cardiologi, chirurghi generali. «Alcuni medici lasciano il pubblico per andare nel privato a causa del disagio lavorativo – analizza il sindacato – perché con i tagli sono aumentati i turni di guardia, la reperibilità. Tutto il settore delle urgenze è in grandissima difficoltà, oltre ai reparti. Soprattutto nelle zone periferiche». Secondo Anaao il 10 per cento delle uscite in Veneto, Piemonte e Lombardia non è legato alla pensione. I tagli, ecco. Ci sono veramente? «È scritto nella Legge che un tempo si chiamava Finanziaria», dice Francesco Longo, dell’Osservatorio sul Sistema Sanitario Nazionale del Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale (Cergas) dell’Università Bocconi. «L’Italia nel 2020 dovrà spendere l’1,4 per cento in meno per il personale della sanità rispetto al 2004 e questo mentre gli altri Stati invece la aumentano per andare incontro alle esigenze della popolazione».Già adesso, per dirla con i numeri, lo Stato italiano spende 1.800 euro ad abitante per l’assistenza sanitaria, mentre tedeschi e francesi hanno a disposizione 2.600 euro. «Abbiamo un Servizio sanitario sobrio, per non dire povero - commenta Longo - che spende più o meno ogni anno la stessa cifra, mentre nel resto del mondo occidentale aumenta perché aumentano i bisogni della popolazione».

Dobbiamo rassegnarci a un inesorabile peggioramento della sanità pubblica? «Se non cambieremo il modello sì - dice Longo – ma possiamo invece riorganizzare il Ssn per renderlo più adatto alle esigenze di cura e alla scarsità di risorse, allocandole in modo diverso. Oggi gli specialisti passano la metà del tempo a fare burocrazia. Il modello possibile ed efficace oggi è fatto con meno medici specialisti, che però fanno solo i medici, e più personale para-sanitario (che costa meno) come tecnici di laboratorio, infermieri e fisioterapisti. Serve un nuovo governo di allocazione del personale, che del resto è anche più adatto all’epidemiologia attuale e futura, sempre più fatta da malattie croniche».Anche in Italia un cambiamento in questo senso è già stato adottato da alcuni ospedali organizzati non più in reparti ma per intensità di cura, dove il controllo dei pazienti in corsia, salvo emergenze, è affidato agli infermieri. E per sopperire alla mancanza di specialisti la soluzione esiste: «Basta fare come nel resto d’Europa – dicono sia Palermo sia Longo - cioè formare gli specialisti all’interno del Servizio sanitario individuando strutture che possano essere teaching hospital».

FONTE: Corriere.it
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06 luglio, 2018

AIFA ritira alcuni lotti di farmaci a base di Valsartan (farmaco anti ipertensivo) per rischio contaminazione

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L’Agenzia Italiana del Farmaco ha disposto il ritiro immediato di diversi lotti di farmaci a base del principio attivo valsartan. Un difetto di qualità alla base della decisione. Un’impurità, classificata come «potenzialmente cancerogena», presente nel principio attivo valsartan, usato per trattare l’ipertensione e l’insufficienza cardiaca, ha fatto infatti scattare un imponente provvedimento precauzionale di ritiro, disposto non solo dall’Agenzia italiana del farmaco e dalle altre agenzie europee, ma anche da tutte le farmacie e da tutta la catena della distribuzione. Il ritiro, è bene sottolineare, riguarda solo alcuni lotti: se i cittadini hanno in casa medicinali a base di valtarsan che non fanno parte di questi lotti ritirati, possono continuare ad usarli senza correre alcun rischio.

Si tratta di 748 lotti di farmaci prodotti da 15 diverse aziende farmaceutiche contenenti il principio attivo valsartan. Sono state riscontrate alcune impurità durante la produzione nello stabilimento della Zhejiang Huahai Pharmaceuticals, nel sito di Chuannan in Cina. Attualmente risulta che l’impurezza sia presente solo nei prodotti del sito citato. Il principio attivo cinese è stato poi utilizzato da diverse aziende farmaceutiche, quelle per le quali è scattato il provvedimento di sospensione. Si tratta di medicinali - in commercio con diversi nomi, posologia e numero di compresse per scatola: Valpression e Combisartan (Menarini), Valsodiur (Ibn Savio), Validroc e Pressloval (So.Se. Pharm), Valbacomp (Crinos), Valsartan Doc e Cantensio (Doc Generici), Valsartan Almus (Almus), Valsartan (Zentiva), Valsartan e Hct (Eurogenerici), Valsartan e Idroclortiazide (Pensa Pharma, Ranbaxy Italia, Teva, Doc Generici e Sandoz), Film (Sandoz), Valsartan Hctz (Tecnigen). I farmaci sono utilizzati per il trattamento dell’ipertensione arteriosa e dell’insufficienza cardiaca e nei pazienti che hanno subito un infarto.

La sostanza sotto accusa è la N-nitrosodimetilamina (NDMA), classificata come «probabilmente cancerogena» per l’uomo. Sarebbe presente nei lotti di materia prima utilizzati per produrre i medicinali contenenti valtarsan oggetto del ritiro. Valsartan è un antagonista del recettore dell’angiotensina II ed è usato come detto per trattare l’ipertensione e l’insufficienza cardiaca. L’Aifa ha diffuso la lista dei prodotti ritirati sul proprio sito, e come sempre in questi casi rivolge una serie di consigli ai cittadini. I pazienti che sono in cura con farmaci a base di valsartan devono verificare se il medicinale che assumono sia presente nella lista dei medicinali coinvolti dal ritiro a scopo precauzionale. La preoccupazione è quella di evitare che i malati che ne hanno bisogno interrompano una cura delicata.

I farmaci in elenco non devono essere assunti, anche se già acquistati. «Se il farmaco che assumi non è tra quelli indicati nell’elenco - presente sul sito - puoi continuare regolarmente il trattamento. Se sei in trattamento con uno dei prodotti sopra elencati, consulta il medico il prima possibile per passare ad altri farmaci». «Non dovresti interrompere il trattamento senza aver parlato con il tuo medico - prosegue l’Aifa -, con il quale potrai concordare un trattamento alternativo (con altro medicinale a base di valsartan non interessato dal ritiro o con altro medicinale appropriato)». «Se stai prendendo parte a una sperimentazione clinica con valsartan e hai dei dubbi, rivolgiti al clinico responsabile dello studio», conclude l’agenzia.

L'elenco dei lotti e del nome dei farmaci ritirati è consultabile QUI.

FONTE: Corriere.it
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