Ogni anno a 38mila italiani sopra i 70 anni d’età viene diagnosticato un tumore urologico. Il più frequente è quello alla prostata, che ha però un minore impatto clinico perché in una percentuale non trascurabile dei casi è in forma latente asintomatica, specie negli ultra 80enni.Più rilevanti sono invece il carcinoma del rene e quello della vescica, i cui casi negli ultimi anni sono aumentati, in particolare nelle persone d’età avanzata. Per curare al meglio questi pazienti, che non di rado soffrono di altre patologie legate all’invecchiamento, è necessario intensificare la collaborazione tra urologi, oncologi e geriatri che, insieme ad altri specialisti, devono elaborare nuovi percorsi di assistenza e cura a misura del malato anziano. Proprio la multidisciplinarietà al servizio della terza età è uno dei temi al centro del Congresso Nazionale della Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO), che si apre oggi a Milano e riunisce oltre 600 esperti da tutta la penisola.
«Le neoplasie uro-genitali rappresentano un quinto di tutte le diagnosi di cancro registrate nel nostro Paese - dice Riccardo Valdagni, Presidente Nazionale della SIUrO -. Sono patologie tipiche degli over 70 che spesso e volentieri soffrono anche di ulteriori gravi problemi di salute come diabete, ipertensione o insufficienza renale. Per questi pazienti è ancora più importante e fondamentale essere assistiti da un team multidisciplinare. Attraverso il “lavoro di squadra” è possibile, infatti, favorire l’appropriatezza diagnostica e terapeutica, ridurre gli sprechi legati a cure ed esami superflui, garantire il tempestivo accesso a programmi di riabilitazione e supporto. La multidisciplinarietà deve quindi essere considerata non più un’opzione ma, piuttosto, come una modalità di gestione necessaria. I vari specialisti devono imparare a cooperare insieme per acquisire gli uni parte degli strumenti degli altri. A questo tema, ormai imprescindibile, abbiamo dedicato il nostro appuntamento nazionale più importante».Il numero di casi di tumore del rene è aumentato del 7% nell’ultimo quinquennio. E per quello della vescica per il 2020 sono previste oltre 30.300 nuove diagnosi l’anno contro le attuali 27mila.
«Negli anziani il rischio di ammalarsi di cancro è di 40 volte più alto rispetto agli under 40 – aggiunge Alberto Lapini, presidente eletto della SIUrO -. Secondo le ultime previsioni demografiche già nel 2025 un quarto della popolazione italiana avrà più 65 anni. Vanno quindi presi dei provvedimenti a livello politico e sanitario per evitare un vero e proprio boom di patologie oncologiche nei prossimi anni. Per quanto riguarda i tumori del tratto urinario esiste un problema oggettivo nell’individuarli ai primi stadi. Il cancro del rene o della vescica, per esempio, non si manifestano attraverso sintomi specifici e inoltre non abbiamo a disposizione programmi di screening efficaci. Esiste poi l'annosa e irrisolta questione dell’esame del PSA per il tumore della prostata: il test non può essere utilizzato in maniera indiscriminata o diventare un esame di massa. Va limitato solo alle persone considerate a rischio, correttamente informate sul significato del PSA e sull’iter diagnostico che un PSA non “normale” comporta. Altrimenti otterremmo come unico risultato un aumento di trattamenti eccessivi o inutili con conseguenze non indifferenti sulla qualità della vita dei pazienti».
«Una possibile soluzione è favorire il più possibile gli stili di vita sani - sottolinea Giario Conti, Segretario Nazionale della SIUrO -. Comportamenti pericolosi come il tabagismo o i chili di troppo sono ancora eccessivamente diffusi tra gli over 65. In particolare il 57% degli anziani italiani risulta in eccesso di peso e questo determina un aumento del rischio soprattutto del tumore del rene. Dieta corretta e attività fisica vanno quindi promossi tra tutta la popolazione senza distinzione d’età». Ampio spazio, durante il congresso SIUrO di Milano, viene dedicato al tema delle nuove terapie. «Negli ultimi anni è cambiata la strategia contro queste patologie - prosegue Sergio Bracarda, Vice Presidente SIUrO -. Emblematico è il caso del cancro della prostata che è il più frequente tra gli italiani: un caso su tre viene considerato come non aggressivo e quindi è trattato con la sorveglianza attiva, che consiste in controlli periodici da svolgere per tenere la malattia sotto osservazione, senza intervenire. Grosse novità sono state introdotte quando la malattia arriva alla fase metastatica. Innovativi farmaci chemioterapici o ormonali sono in grado di allungare la significativamente la sopravvivenza. Per quanto riguarda invece il tumore del rene e vescica, l’immunoterapia si sta dimostrando sempre più efficace e ben tollerata da parte di pazienti che storicamente hanno avuto limitate opzioni di cura. Per le tre neoplasie sono stati ottenuti buoni risultati, sempre in termini di sopravvivenza, anche con farmaci ormonoterapici e chemioterapia nella patologia prostatica: da 3 a 16 mesi in più. Nella patologia renale e vescicale invece sono stati riscontrati progressi con l’utilizzo di farmaci immunoterapici sia da soli che in combinazione. Grazie a tutte queste innovazioni terapeutiche in Italia l’80% dei pazienti colpiti da una neoplasia genito-urinaria riesce a sconfiggere la malattia».
FONTE: Corriere.it
AUTRICE: Vera Martinella
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