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21 aprile, 2018

Diabete di tipo 1 e molecola BL001, prospettive (ancora lontane) di terapie di rigenerazione delle cellule beta

In uno studio pubblicato su Nature Communications il gruppo di studio spagnolo del Centro andaluz de Biologia Molecular y Medicina Regerativa (Cabimer) ha sperimentato sui topi una molecola (già brevettata) che riesce a combinare due effetti: riduce l'attacco che il sistema immunitario dei malati scaglia contro il pancreas distruggendo le cellule che producono insulina e reintegra la popolazione di beta-cellule distrutte. "Per curare il diabete devi agire su entrambi gli aspetti: creare cellule che sostituiscano quelle che non funzionano e fermare la causa", spiega Bernat Soria, direttore del Dipartimento di rigenerazione e terapie avanzate di Cabimer e uno degli autori dello studio. Cosa che finora le terapie disponibili non erano state in grado di fare, riuscendo infatti ad agire soltanto su uno dei due problemi (immunosoppressione oppure stimolazione della rigenerazione delle betacellule).

I ricercatori hanno condotto delle analisi su topi e su cellule umane coltivate in vitro per testare l'azione della molecola in questione, la BL001: "Questa molecola è in grado di legarsi a un recettore molecolare - il Liver receptor homolog-1, Lrh1, (ndr) - situato sulla superficie del nucleo di alcune cellule del sistema immunitario e sulle cellule del pancreas", spiega Nadia Cobo-Vuilleumier, prima autrice dello studio.

Nei topi, la somministrazione a lungo termine di BL001 impedisce lo sviluppo del diabete attraverso il mantenimento combinato di cellule beta funzionanti e il rilascio di fattori anti-infiammatori. E nelle cellule umane - al momento lo studio ha riguardato il diabete di tipo 2 - la molecola agirebbe proteggendo le betacellule pancreatiche dalla morte cellulare (apoptosi) e migliorando la secrezione insulinica.

Ciò che resta da capire è come il legame tra il recettore e la molecola BL001 possa indurre la rigenerazione delle betacellule. Gli esperti dello studio hanno provato a spiegare questa evidenza: il "farmaco" agirebbe stimolando la trasformazione delle cellule alfa - un altro tipo di cellule presenti nel pancreas coinvolte nella produzione del glucagone, l'ormone che svolge la funzione opposta all'insulina -  in beta-cellule. Secondo gli esperti le cellule alfa, anch'esse caratterizzate dalla presenza del recettore al quale la molecola può legarsi, potrebbero andare incontro a un processo chiamato transdifferenziazione - un'ipotesi in realtà ancora da verificare. Se così fosse, tale trasformazione consentirebbe di rigenerare la popolazione di cellule beta da un campione inesistente o gravemente danneggiato.

Il composto brevettato, che ha avuto successo nella prevenzione e nel trattamento del diabete nei topi e nelle colture di tessuto pancreatico umano, ha ancora molta strada da fare prima di arrivare sul mercato - si devono ad esempio analizzare soglie di efficacia e tossicità al fine di renderlo sicuro e poi c'è bisogno di fondi perché "il costo previsto per lo sviluppo del farmaco si aggira attorno a 20 milioni di euro", conclude Benoit Gauthier, co-autore dello studio.


FONTE: Repubblica.it

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