Maria Teresa Romero, l’infermiera spagnola che ha contratto l’Ebola dopo aver assistito il missionario Manuel Garcia Viejo, si è sfregata il viso con un guanto nel momento in cui si sfilava la tuta isolante. Ecco come sarebbe avvenuto il contagio, secondo quando ammesso dalla stessa 44enne, primo caso di Ebola in Europa. «Credo che l’errore possa essere stato nel momento in cui mi sono tolta la tuta, lo vedo come il passaggio più critico nel quale può esserci stato il contagio» ha detto telefonicamente al quotidiano El Pais. L’infermiera ha avuto due contatti con il missionario ammalato: uno per cambiargli il pannolone e il secondo quando era già deceduto, per pulire la stanza. «Non so come sia potuto accadere - ha detto la donna -. Spero di riuscire a uscirne, devo uscirne».
È invece morto Thomas Eric Duncan, il primo caso di Ebola diagnosticato negli Stati Uniti. Era ricoverato a Dallas, nel Texas Health Presbyterian Hospital, dal 28 settembre. Duncan aveva contratto il virus a Monrovia, in Liberia, portando la figlia di amici in ospedale e il 20 settembre, quando ancora non aveva sintomi visibili, era arrivato negli Stati Uniti, per una visita ad alcuni parenti. Da diversi giorni era in condizioni molto critiche. Le autorità americane hanno deciso di intensificare le misure adottate per prevenire la diffusione del virus: in cinque dei principali aeroporti ai passeggeri in arrivo dall’Africa occidentale verrà misurata la temperatura. Inoltre, i passeggeri dovranno rispondere a un questionario. Le misure entreranno in vigore il prima possibile, forse già a partire da questo fine settimana. Gli aeroporti interessati sono il John F. Kennedy International di New York, il Washington Dulles International, l’O’Hare International di Chicago, l’Hartsfield-Jackson International e il Newark Liberty International.
Le condizioni dell’infermiera spagnola sono stazionarie: viene curata con trasfusioni di sangue di Paciencia Melgar, la suora guarita dopo aver contratto il virus in Liberia. Martedì Romero, sposata e senza figli, si era detta certa di aver seguito tutti i protocolli sanitari previsti. Il marito, anche lui ricoverato in isolamento per precauzione (ma non presenta sintomi), ha aggiunto che, dopo aver cominciato ad avvertire i primi sintomi (il 30 settembre) e prima del ricovero (lunedì 6 ottobre), la donna è rimasta soprattutto in casa. Per sei giorni la temperatura non è mai salita oltre i 38,6 gradi, che sono la soglia di allarme ufficiale per il riconoscimento di Ebola. L’uomo ha aggiunto di sentirsi bene, ma il periodo di incubazione della malattia è di 21 giorni. Dunque per i medici resta un soggetto fortemente a rischio per i contatti ravvicinati che ha avuto con la moglie. L’appartamento dove vive la coppia, in una zona residenziale di Alcorcon a Madrid, è stato disinfettato a fondo e il cane, Excalibur, sarebbe stato abbattuto per precauzione. Un gruppo di animalisti si è radunato di fronte all’abitazione tentando di salvare la vita all’animale.
Altre due persone sono ricoverate in isolamento nell’ospedale Carlo III come casi sospetti di Ebola: oltre alla Romero e a suo marito, ci sono altre due infermiere (una è sposata e ha due figli piccoli), che facevano parte della squadra che ha assistito Miguel Pajares e Manuel Garcia Viejo, i due missionari spagnoli rimpatriati dalla Sierra Leone e deceduti all’ospedale Carlo III il 12 agosto e il 26 settembre. Sono invece risultati negativi i test su una terza infermiera dell’ospedale e su un turista di origini nigeriane, passeggero di un volo internazionale proveniente dall’Africa occidentale. Adesso le autorità sanitarie spagnole stanno cercando di rintracciare le persone con cui Maria Teresa Romero è stata a contatto prima di essere ricoverata: sono sotto monitoraggio in 52, per lo più personale sanitario. Secondo il ministro della sanità spagnolo, Ana Mato, al momento nessuno di loro presenta sintomi di Ebola. Intanto la Procura di Madrid ha aperto un’inchiesta per accertare eventuali responsabilità penali nel primo caso di contagio europeo. La stessa Commissione europea ha chiesto «chiarimenti» al governo spagnolo per individuare la falla nel Sistema sanitario che ha permesso il contagio.
Intanto, è sempre più tragica la situazione nei Paesi africani colpiti dall’epidemia. In Sierra Leone i corpi delle vittime dell’Ebola sono stati lasciati per le strade a causa di uno sciopero del personale che si occupa delle sepolture (ora concluso), in protesta per il mancato pagamento dello stipendio. Proprio in Sierra Leone ci sono stati 121 morti e 81 nuovi casi nella sola giornata di sabato, una delle peggiori da quando è comparsa la malattia. Il numero totale di morti nel Paese è arrivato a quota 678. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, il bilancio complessivo delle vittime di Ebola (aggiornato all’1 ottobre) è di 3.439 morti su un totale di 7.492 casi. Il virus è comparso in Guinea a marzo, quindi si è diffuso in Liberia e in Sierra Leone. Focolai minori in Nigeria e Senegal sembrano essere invece sotto controllo.
Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha ribadito che l’Italia «non sta vivendo un allarme o un’emergenza» legata a Ebola, anche se «è molto preoccupante la situazione in Africa occidentale». «Ho chiesto che ci sia una riunione della Commissione salute in Europa per capire se possiamo immaginare nuovi tipi di tracciabilità per i passeggeri che vengono da questi Paesi, soprattutto per gli operatori nel caso siano stati in contatto con i malati - ha aggiunto il ministro -. Noi stiamo provvedendo a delle misure più alte in previsione di un aumento dell’epidemia in Africa. Ho anche chiesto 5 milioni in più nella legge di stabilità proprio per intensificare la sorveglianza. Bisogna predisporsi ad ipotesi che possono essere anche diverse da quelle attuali. Ma Ebola - ha concluso - è un virus che in un Paese con il sistema sanitario e igienico come il nostro si trasmette molto difficilmente». Lorenzin, che ha elogiato i cooperanti italiani impegnati nei Paesi africani colpiti («sono persone eroiche»), ha poi ricordato i due ospedali impegnati nel contrastare il virus: «Lo Spallanzani di Roma e il Sacco di Milano sono di altissimo livello e vengono presi come esempio e interpellati dall’Oms».
FONTE: Corriere.it
AFORISMA DEL GIORNO
08 ottobre, 2014
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