Il 35%
dei cittadini italiani che va all'estero per curarsi, lo fa per
sottoporsi a interventi chirurgici di alta specializzazione, il 29% per
accedere a terapie innovative, il 18% per avere diagnosi certa, il 13%
per effettuare visite specialistiche, il 5% per sottoporsi ad un
trapianto.
Cercare il migliore specialista per
un'operazione chirurgica a Berlino o a Stoccolma. Puntare su una terapia
all'avanguardia a Barcellona o ad Amsterdam. Scelte che in Europa
dovrebbero diventare più semplici nei prossimi mesi. La direttiva
24/2011 sulle cure transfrontaliere, doveva essere recepita il 25
ottobre, ma il decreto per renderla operativa in Italia è slittato al 4
dicembre. Si tratta di una rivoluzione per 600 milioni di cittadini, 2
milioni di medici e 20 milioni di infermieri. Cittadinazattiva-Tribunale del malato segnala però i punti deboli di questo cambiamento. Lo fa nell'ambito del convegno 'Cure senza frontiere: da oggi si può?', che si è tenuto oggi a Roma.
Due
gli elementi che potrebbero creare difficoltà al Servizio sanitario
nazionale in questo 'Schengen della salute'. "Veniamo da un sistema di
rimborso che dà assistenza diretta a tutti quelli che scelgono di
andare all’estero. In alcune Regioni copre tutte le spese. Con la
direttiva si rischia un rimborso solo dopo aver sostenuto la
prestazione all’estero. Potrebbe essere parziale, senza spese di
soggiorno e con eventuali differenze tra il costo della cura in Italia e
nell’altro stato", spiega Tonino Aceti del Tribunale del
malato-Cittadinanzattiva. Spero - aggiunge "che il decreto legislativo
di attuazione garantisca l'assistenza diretta ai cittadini per evitare
che la Direttiva diventi una opportunità solo per ricchi".
C’è
inoltre preoccupazione per un aumento di ricoveri inappropriati e per
l'aumento di contenzioso dovuti all’applicazione dell’assistenza
indiretta. "Soprattutto i pazienti con malattie croniche e rare
potrebbero scegliere i paesi all’avanguardia nella prescrizione di
farmaci innovativi - aggiunge Aceti - . Ciò provocherebbe ricoveri
inappropriati negli Stati “virtuosi” e la perdita di risorse negli
Stati meno all’avanguardia o più lenti nella messa a disposizione dei
medicinali innovativi. In entrambi i casi, l’Italia è un paese a
rischio". Il cambiamento potrebbe essere l’occasione per attrarre
pazienti dall’estero. Il Servizio sanitario italiano, nonostante i
conti in difficoltà, cercherà di promuovere le sue strutture migliori.
Gli Stati
membri stanno cercando di recepire la direttiva ponendo alcuni limiti
per evitare un afflusso eccessivo di pazienti con conseguenze sulle
liste d’attesa. Fino ad oggi le cure all'estero venivano rimborsate solo
dopo aver ricevuto il consenso dalla propria regione. In genere, per
quanto riguarda le attività programmate, la cosa avviene in caso di
prestazioni di alta specialità che non sono presenti in Italia.
Un
sistema che già in passato era caratterizzato da punti deboli: eccesso
di burocrazia, carenza delle informazioni sulle procedure da seguire e
problemi con i rimborsi delle. Nel 2012 al Tribunale per i diritti del
malato sono arrivate 269 segnalazioni. Oltre un terzo dei pazienti (36%)
ha lamentato la mancata o ritardata autorizzazione da parte dell'Asl di
provenienza, mentre il 27% ha segnalato l'eccessiva burocrazia o la
carenza di informazioni sulle procedure da seguire.
In
vista delle nuove norme, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, ha
detto di "sperare di poter attrarre i cittadini europei a curarsi nel
nostro paese: abbiamo tutto il potenziale per farlo - ha aggiunto -
perchè le nostre strutture forniscono livelli di assoluta eccellenza,
farmaci innovativi, trattamenti e linee di ricerca fra le più avanzate
nel mondo", sottolineando però l'esigenza di "cominciare a fare
marketing per l'Italia".
Quando
la direttiva 24/2011 entrerà in vigore in Italia l'iter burocratico
dovrebbe essere più semplice. Ma per il recepimento della norma in
Italia c'è ancora da attendere. Secondo il Tribunale per i diritti del
malato "per il decreto legislativo è stato attivato il Punto di contatto
nazionale al ministero della Salute, che però nei fatti non è ancora
attivo. Accade la stessa cosa per i punti di contatto regionali, che
sembrerebbero previsti in Veneto, Liguria, Trento e Valle d'Aosta.
Inoltre le associazioni di pazienti e cittadini non sono state, al
momento, coinvolte e non sono stati individuati i centri di eccellenza
del nostro Paese". Dalla rilevazione effettuata tramite le associazioni
europee aderenti alla rete europea di Cittadinanzattiva, Acn (Active citizenship network),
risulta che le leggi di recepimento della direttiva sono in discussione
in Austria, Croazia, Estonia, Francia, Malta, Norvegia. La Germania ha
fatto sapere che non farà una legge 'ad hoc', perchè molte delle
previsioni della Direttiva sono già contenute in altre leggi o atti
vigenti.
AUTRICE: Valeria Pini
FONTE: Corriere.it
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