È sempre più "global" la classe medica in Italia: negli ultimi dieci anni il numero di "camici bianchi" stranieri, fra medici e dentisti, è cresciuto del 30%, dai 10.900 del 2001 fino a sfiorare quota 15mila (14.737).
Sono i dati presentati sul sito del AMSI, "Associazione dei medici di origine straniera in Italia", presieduta dal palestinese Foad Aodi. Una progressiva globalizzazione della categoria sanitaria dunque che annovera arrivi da Paesi membri Ue, come Germania (oltre mille) e Grecia (864). E poi dalla Svizzera (868), dall’Iran (756), fino a singoli casi di medici della Jamaica, Taiwan, Gibuti, Nuova Zelanda, e altri.
Tutti nati all’estero, ma iscritti all’Ordine dei medici e degli odontoiatri italiani. «Nel giro di sette anni - stima il presidente Amsi Foad Aodi - il numero dei medici stranieri è destinato ad aumentare di un altro 40%. Un bene, vista la prevista carenza di camici bianchi nel nostro Paese». Nella geografia nazionale, dall’analisi del servizio studi previdenziali e documentazione dell’Enpam emerge che i quasi 15 mila medici stranieri lavorano principalmente al Nord. Si concentrano soprattutto in Lombardia (2.588), Veneto (1.425) Emilia Romagna (1.408) e Piemonte (1.019). Tanti anche gli iscritti agli ordini professionali del Lazio (2.303). I medici di origine straniera iscritti in Toscana sono invece 927, divisi a metà: 464 uomini e 463 donne. Le regioni `fanalino di coda´ per numero di camici bianchi nati all’estero sono Basilicata (71), Molise (63) e Valle D’Aosta (37). Curioso - per numero di residenti - il dato relativo al Trentino Alto Adige, dove esercitano ben 543 medici stranieri. Tanti se si prendono come parametro altre regioni. In Campania ad esempio - dove risiedono oltre 3 milioni di persone - i medici e i dentisti nati all’estero sono 677.
Gli ordini provinciali più poliglotti sono naturalmente nelle grandi città: Roma (2.038) e Milano (1.116) su tutte. Segue Torino con 647 professionisti iscritti. I professionisti stranieri, precisa ancora Amsi, sono soprattutto pediatri, medici di famiglia, ginecologi e specialisti che operano nell’area dell’emergenza. «Il 65-80% lavora nel privato» sottolinea Aodi perché, spiega, «senza la cittadinanza i medici extracomunitari non possono fare concorsi pubblici e questo ha impedito a molti di inserirsi veramente. Noi - conclude il presidente Aodi - siamo per un’immigrazione qualificata, e chiediamo che dopo cinque anni di lavoro legale in Italia si possa finalmente accedere ai concorsi pubblici, anche senza cittadinanza. A lavorare nel pubblico sono soprattutto gli stranieri arrivati negli anni `60, ´70 e `80 - provenienti soprattutto da Iran, Grecia, Palestina, Giordania - che si sono laureati e specializzati in Italia. E che in buona parte, nel frattempo, hanno ottenuto la cittadinanza».
FONTE: Il secolo XIX
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