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AFORISMA DEL GIORNO

01 giugno, 2018

Università, si va ancora una volta verso lo "sciopero degli esami"

Ultimo disperata chiamata degli studenti ai prof affinché sospendano lo sciopero degli esami. Domani si apre la sessione estiva (1°giugno-31 luglio) e i docenti che hanno aderito alla protesta potrebbero far saltare i primi appelli con il rischio - dicono gli studenti in una petizione che ha raggiunto le 46 mila firme - di danneggiare soprattutto coloro che hanno bisogno di raggiungere un certo numero di esami per poter ottenere borse di studio e esoneri o sgravi dalle tasse universitarie. Spiega Andrea Torti di Link: «Oggi inviamo ai singoli docenti un ultimo appello per chiedere loro di desistere dallo sciopero, considerata la mancanza di un Governo a cui poter portare le proprie rivendicazioni». Un tentativo di richiamare la necessità di fare fronte comune nella lotta contro il drammatico sotto finanziamento dell’università che colpisce tanto i professori quanto gli studenti: il Fondo di finanziamento ordinario è fermo a 7 miliardi contro i 7,5 di dieci anni fa: lo 0,5 per cento del Pil, la metà di quanto investono francesi e tedeschi. E i più colpiti sono proprio coloro che avrebbero diritto a un aiuto economico ma spesso non lo ottengono perché le casse sono vuote (i cosiddetti «idonei non beneficiari», anomalia tutta italiana). Ma mentre gli studenti si chiedono che senso abbia portare avanti lo sciopero in assenza di un esecutivo con il quale trattare, i professori replicano di voler mandare un messaggio chiaro e forte al prossimo governo, qualunque esso sia.

Le ragioni della protesta dei docenti universitari sono le stesse del primo sciopero proclamato l’autunno scorso e riguardano la cosiddetta vertenza degli scatti stipendiali congelati nel quinquennio 2011-2014. Il governo Gentiloni ha stanziato nella legge di Bilancio le risorse necessarie per lo sblocco ma ha postdatato di un anno lo scongelamento rispetto agli altri dipendenti pubblici (da gennaio 2015 al 2016). I firmatari dello sciopero proclamato dal Movimento per la dignità della docenza universitaria (6.857 professori e ricercatori di 79 università e istituti i ricerca italiani guidati dal professor Carlo Ferraro del Politecnico di Torino) non pretendono la restituzione degli arretrati (che sarebbe insostenibile per le casse dello Stato) ma chiedono che gli scatti mancati siano almeno riconosciuti a livello giuridico: altrimenti, ai fini dell’anzianità di servizio, è come se in quel periodo non avessero proprio lavorato. Il governo invece ha deciso di stanziare nuove risorse (150 milioni l’anno) per passare da un regime di scatti triennali a uno biennale. In questo modo si favoriscono i docenti più giovani ma per tutti gli assunti prima del blocco c’è un buco nero nella loro carriera universitaria.

I promotori rivendicano di aver adottato una modalità pensata per tutelare i diritti dei ragazzi: i professori infatti si asterranno solo dal primo appello mentre assicurano lo svolgimento regolare del secondo - e qualora non fosse stato previsto s’impegnano comunque a garantirne almeno uno. In più l’autorità di Garanzia nel dare la luce verde a questa seconda tornata di scioperi ha chiesto ai docenti che alla fine dell’anno siano assicurati almeno 5 appelli (fra sessione autunnale, invernale ed estiva). I docenti hanno anche previsto degli appelli ad hoc per tutelare i laureandi, gli studenti Erasmus, le studentesse incinte e gli studenti con problemi di salute. Non per i percettori di borse di studio però: forse - per fare pace con gli studenti - i docenti potrebbero prevedere una sessione speciale anche per loro, tanto più dal momento che fra le ragioni dello sciopero, oltre alla vertenza sindacale di categoria, c’è anche una specifica richiesta al governo di stanziare 80 milioni per incrementare le borse di studio (oltre alla richiesta di 4000 nuovi posti da ricercatore e 10.000 mila «promozioni» da ricercatore ad associato e da associato a ordinario).

Nel frattempo, pur in assenza di un governo, qualche risultato a tutela della fasce più deboli gli studenti lo hanno già spuntato dalle singole Regioni in ordine sparso. «Dopo la nostra mozione approvata dal Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari - dice Torti -, già Lazio e Emilia Romagna hanno assicurato che chi dovesse perdere i requisiti per la borsa di studio a causa dello sciopero, potrà conseguire i crediti necessari nella prima sessione di esami utile. A Tor Vergata siamo invece riusciti a far slittare la scadenza per acquisire i crediti per l’accesso alla no tax area». Normalmente infatti la domanda per una borsa di studio va presentata entro il 10 agosto: ecco perché la sessione estiva è particolarmente delicata per gli studenti bisognosi. In fondo, per andare incontro alle esigenze dei ragazzi basterebbe che, sull’esempio di queste prime due regioni, anche le altre si adeguassero. Sempre che invece le amministrazioni territoriali non approfittino dello scontro docenti-studenti per risparmiare sulle borse di studio.


FONTE: Corriere della Sera

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