A vent’anni dalla nascita di Dolly si torna a parlare di quello che è stato una degli studi più importanti della scienza in questi utimi decenni. Era il 1996 quando la clonazione diventava realtà e – inevitabilmente - entrava nella storia. Un esame condotto sulle quattro pecore nate otto anni fa dalle cellule di Dolly ha evidenziato come anche i cloni possano vivere a lungo e in buona salute. I test svolti sugli animali hanno dato esito negativo, sollevando ogni dubbio su un possibile deterioramento prematuro delle loro cellule.
Per anni gli scienziati di tutto il mondo si sono domandati se la causa della morte di Dolly fosse o meno l’invecchiamento precoce. Uno studio coordinato da Kevin Sinclair dell’Università di Nottingham e pubblicato sulla rivista Nature Communications ha fatto luce sulla faccenda. La ricerca inglese è infatti il primo lavoro dettagliato mai condotto sullo stato di salute della “prole” nata da Dolly. Si chiamano Debbie, Denise, Dianna e Daisy, e in comune hanno molto più della lettera iniziale. Le quattro pecorelle hanno lo stesso Dna e sono nate dalla clonazione della serie di cellule appartenenti alla ghiandola mammaria che aveva dato vita a Dolly. Gli esami fatti sui quattro animali, che hanno tra i sette e i nove anni (l’equivalente di 60-70 anni nell’uomo), hanno scongiurato l’insorgenza di malattie legate all’invecchiamento.
Dolly non è stato il primo animale del mondo a essere clonato, ma è stato certamente il più famoso. In apparenza un ovino come tutti gli altri, fu il primo mammifero a essere riprodotto dal Dna di un adulto. Rane, topi, mucche e piante di ogni specie erano già state clonate in precedenza, ma tutte con la stessa tecnica: usando le cellule embrionali. Allevata dagli studiosi del Roslin Institute in Scozia, Dolly cresce e vive normalmente fino ai cinque anni. Morirà per complicazioni dovute a un tumore.
Chiusa una volta per tutte la discussione sui possibili rischi della tecnica usata nel 1996, viene da chiedersi quale sia la vera eredità di Dolly. Il successo della clonazione di allora illuse gli scienziati che tutto era possibile. Che si sarebbero potute sconfiggere le malattie. Che si sarebbero potuti ricreare esseri umani.
Nel 2016 la clonazione umana viene vista come poco utile e difficilmente realizzabile. ll maggiore impatto in tal senso è visibile, secondo gli studiosi, nel campo delle cellule staminali.
FONTE: TgCom.it
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Per anni gli scienziati di tutto il mondo si sono domandati se la causa della morte di Dolly fosse o meno l’invecchiamento precoce. Uno studio coordinato da Kevin Sinclair dell’Università di Nottingham e pubblicato sulla rivista Nature Communications ha fatto luce sulla faccenda. La ricerca inglese è infatti il primo lavoro dettagliato mai condotto sullo stato di salute della “prole” nata da Dolly. Si chiamano Debbie, Denise, Dianna e Daisy, e in comune hanno molto più della lettera iniziale. Le quattro pecorelle hanno lo stesso Dna e sono nate dalla clonazione della serie di cellule appartenenti alla ghiandola mammaria che aveva dato vita a Dolly. Gli esami fatti sui quattro animali, che hanno tra i sette e i nove anni (l’equivalente di 60-70 anni nell’uomo), hanno scongiurato l’insorgenza di malattie legate all’invecchiamento.
Dolly non è stato il primo animale del mondo a essere clonato, ma è stato certamente il più famoso. In apparenza un ovino come tutti gli altri, fu il primo mammifero a essere riprodotto dal Dna di un adulto. Rane, topi, mucche e piante di ogni specie erano già state clonate in precedenza, ma tutte con la stessa tecnica: usando le cellule embrionali. Allevata dagli studiosi del Roslin Institute in Scozia, Dolly cresce e vive normalmente fino ai cinque anni. Morirà per complicazioni dovute a un tumore.
Chiusa una volta per tutte la discussione sui possibili rischi della tecnica usata nel 1996, viene da chiedersi quale sia la vera eredità di Dolly. Il successo della clonazione di allora illuse gli scienziati che tutto era possibile. Che si sarebbero potute sconfiggere le malattie. Che si sarebbero potuti ricreare esseri umani.
Nel 2016 la clonazione umana viene vista come poco utile e difficilmente realizzabile. ll maggiore impatto in tal senso è visibile, secondo gli studiosi, nel campo delle cellule staminali.
FONTE: TgCom.it