Un sistema più equo. Dove però rischia di saltare parte delle esenzioni per i malati cronici. Va in questa direzione, secondo quanto annunciato finora dal governo, la revisione dei ticket sanitari. Il sottosegretario alla Sanità Vito De Filippo ha di recente spiegato che le novità terranno conto del reddito del nucleo familiare dell’assistito, una conferma di quanto già previsto dal Patto per la salute siglato l’anno scorso dall’esecutivo e dagli enti regionali. I dettagli della riforma, però, non sono ancora del tutto noti. E nonostante gli interventi dovessero essere definiti entro il 30 novembre 2014, ad oggi non è nemmeno certo quando le nuove regole verranno varate. Anzi, nell’intervento in commissione Sanità del Senato in cui a inizio aprile ha messo in dubbio alcune esenzioni per l’acquisto di farmaci De Filippo ha sottolineato che sarà prima “necessaria una modifica legislativa delle norme vigenti”.
Le novità interverranno sull’attuale sistema di compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria che, al di là delle esenzioni, prevede forme di modulazione del ticket in base al reddito dell’assistito solo in alcune regioni. Un quadro di insieme lo dà la relazione sulla normativa vigente stilata dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), uno degli enti partecipanti al gruppo di lavoro sulla revisione del sistema. Per quanto riguarda la spesa per i medicinali, per i non esenti è previsto nella maggior parte dei casi un ticket per confezione di importo fisso (ad esempio 2 euro in Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria e provincia autonoma di Bolzano), associato a un costo massimo per ricetta. In Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Marche, Sardegna e provincia autonoma di Trento non è previsto alcun ticket, mentre la somma da pagare in farmacia varia a seconda del reddito in Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Basilicata. Altrove, come nel Lazio, la quota di compartecipazione dipende anche dal prezzo del farmaco.
Le differenze sono ancora più marcate nelle prestazioni specialistiche ambulatoriali, il cui ticket è dato dalla somma della tariffa adottata in ogni regione per la singola prestazione più una ‘quota ricetta’ introdotta nel 2011, il cosiddetto ‘superticket’. Quest’ultimo non viene richiesto in Valle d’Aosta, Basilicata e Trentino Alto Adige, è fisso a 10 euro in Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lazio, Molise, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna, mentre altrove varia a seconda del reddito familiare o a seconda del valore della ricetta. Nessuna uniformità esiste nemmeno per le esenzioni. A livello nazionale queste sono garantite per chi è affetto da patologie croniche e rare, oltre che per chi si trova in condizioni socio-economiche svantaggiate, valutate in base a reddito e altri parametri. Tali condizioni per il diritto alle esenzioni subiscono poi nelle singole regioni variazioni a vantaggio dei cittadini: in alcuni casi, per esempio, sono esenti tutti i disoccupati. “È evidente – sottolinea la relazione della Agenas – che la variabilità dei sistemi di compartecipazione al costo può determinare condizioni di non equità tra i cittadini in relazione alla residenza”. La conseguenza di ticket elevati, inoltre, “è la ‘fuga’ dal Servizio Sanitario Nazionale verso strutture sanitarie private, spesso in grado di offrire prestazioni a tariffe concorrenziali rispetto ai ticket”. Anche da qui deriva la necessità di una revisione del sistema.
Secondo le previsioni del Patto per la salute, il nuovo ticket non dovrà rappresentare “una barriera per l’accesso ai servizi ed alle prestazioni”. A parità di gettito rispetto alla situazione attuale, andrà considerata “la condizione reddituale e la composizione del nucleo familiare”. Parole sinora rimaste sulla carta. Ma che il sottosegretario De Filippo ha ribadito, sottolineando che il ticket verrà modulato “in relazione alla condizione reddituale del nucleo familiare fiscale dell’assistito, con esclusione degli esenti per patologia. Per l’assistenza specialistica, inoltre, tale importo rimarrebbe comunque al di sotto del valore tariffario della prestazione, per evitare che gli assistiti possano trovare, in regime privato, le medesime prestazioni ad un prezzo inferiore alla tariffa”.
Per quanto riguarda l’assistenza farmaceutica, invece, “la proposta del gruppo di lavoro prevede l’introduzione di una quota fissa per ciascuna confezione di farmaci, di importo ridotto per gli esenti per patologia e, comunque, graduato in funzione della condizione reddituale dell’assistito”. Cosa che secondo De Filippo parte da un presupposto: alcune regioni hanno già autonomamente introdotto quote di partecipazione per gli affetti da malattie croniche e rare in possesso di esenzione. Ma su questa prospettiva è “profondamente contrario” Tonino Aceti, coordinatore nazionale dell’associazione Tribunale per i diritti del malato – Cittadinanza attiva, che parla di “un attacco a una delle categorie più fragili. Per il resto apriamo a una compartecipazione progressiva in base alla capacità reddituale. Ma tale capacità non deve esse valutata con il nuovo Isee, un modello iniquo come dimostrato dalla bocciatura del Tar dopo i ricorsi presentati dai familiari dei disabili. Resta poi da abolire il superticket”.
FONTE: Il Fatto Quotidiano
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