Nuove speranze per i malati di una grave forma di anemia, la "Anemia di Fanconi". Alla Divisione di Ematologia della University of Washington School of Medicine di Seattle, un gruppo di ricercatori ha perfezionato la terapia genica contro la Anemia di Fanconi. Questa malattia molto rara, al momento, in Italia affligge circa 170 persone e l'unica speranza di guarigione è il trapianto di midollo. La procedura cerca di ridurre i tempi di trasduzione, abbassando la tensione dell'ossigeno nell'ambiente di crescita cellulare con l'introduzione di alcuni agenti riducenti che contrastano l'azione dei radicali liberi. Grazie a queste particolari condizioni si è ottenuto un aumento di crescita cellulare e una maggiore sopravvivenza delle cellule. Nel 2002 a Napoli grazie al Servizio di Genetica della Asl 1 è stato possibile effettuare il primo trapianto utilizzando le cellule staminali del cordone ombelicale di un neonato sano, che ha donato le proprie cellule a una delle due sorelline malate di Anemia di Fanconi. Il dirigente del Servizio di Genetica della Asl 1 di Napoli Rita Calzone ha spiegato "Il risultato ottenuto è molto entusiasmante; da quando si usano terapie più adeguate alla sensibilità delle cellule dei pazienti, permettendo di effettuare trapianti da donatori consanguinei compatibili, da donatori non consanguinei oppure parzialmente compatibili, sono aumentante le possibilità di successo per i trapianti di midollo osseo nei pazienti con anemia di Fanconi".
L'anemia di Fanconi definita anche pancitopenia di Fanconi (da non confondere con la erronea dicitura della "Sindrome di Fanconi", poiché di quest'ultima il nome più corretto è Sindrome di De Toni-Fanconi-Debré ed è una patologia renale) è una rara malattia autosomica recessiva con diverse anormalità, presente inoltre con rare forme eterosomiche. L'aspetto più rilevante della affezione è legata alla funzione del midollo osseo che non riesce a produrre i globuli bianchi, i globuli rossi o le piastrine. Venne descritta per la prima volta dal pediatra svizzero Guido Fanconi che nel 1927 individuò la patologia in 3 bambini di età fra i 5-7 anni appartenenti alla stessa famiglia. Sino alla fine del XX secolo furono individuati meno di 1000 casi nel mondo. La malattia ha una frequenza di 1–5 casi ogni 1.000.000 di nati, in Italia oltre il 50% dei casi si è rilevata in Campania, dei quali la metà (quindi il 25 per cento dei casi nazionali) in provincia di Benevento, del restante, distribuito nel resto del paese, si ha una lieve concentrazione nel delta del Po. La malattia si manifesta prevalentemente dalla nascita (accompagnata spesso da una estesissima varietà di stimmate), raramente si sono manifestati sintomi in età adulta. Le anomalie di aspetto riguardano maggiormente lo scheletro, tipica la aplasia (assenza) del radio; la pelle con iperpigmentazione (macchie di vino, o color caffelatte), gli occhi con microftalmia, e nistagmo, che portano solitamente ad una diminuzione anche notevole delle capacità visive, in minore percentuale di incidenza si possono presentare: difetti cardiaci, renali e urogenitali, ed inoltre bassa statura, sordità e ipogonadismo. I pazienti hanno una maggiore possibilità di mostrare leucemia mieloide acuta, fra tutte le forme quella legata al gene FANCG ha la più alta percentuale e alcune forme tumorali di tipo solido, in incidenza inconsuetamente alta per l'età pediatrica. La causa di malattia è genetica. Sono state studiate le mutazioni di 13 geni che possono esserne la causa. Di queste tredici mutazioni almeno una sarebbe legata al cromosoma X. In tal caso, per ricorrenza eterosomica, come ovvio, sono molto più soggetti i maschi, non avendo l'omologo X a complementazione; la ereditarietà segue la via consueta con trasmissione matrilineare di madri portatrici e figli maschi sempre affetti se eredi del gene, mentre le figlie possono essere portatrici. Per il resto delle altre mutazioni, essendo la patologia un disordine recessivo autosomico bisogna che entrambi i genitori siano dei portatori affinché un loro figlio o figlia erediti la anomalia manifesta, mentre la prole rimane portatrice se eredita la caratteristica da uno dei due genitori. È quindi ovvia nella incidenza il rischio legato alla consanguineità. La malattia è sostanzialmente dovuta ad una instabilità cromosomica; i cromosomi vanno incontro a vistose fasi cicliche distruttive che provocano, già dalla età prenatale, gravissime anomalie strutturali e funzionali. L'effetto più grave è la presenza di imponenti crisi nella funzione della produzione sanguigna. Per tali aspetti si ritiene che gran parte degli eventi patologici in fase prenatale abbia esito spontaneo in aborto.
I risultati dello ricerca sono pubblicati su Gene Therapy.
Fonte: Molecularlab.it
AFORISMA DEL GIORNO
09 gennaio, 2011
1 commento:
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