Si sapeva da un anno. Eppure la scadenza ha trovato la maggior parte degli ospedali impreparati ad affrontarla in modo strutturale e stabile. Ieri sono entrati in vigore i nuovi orari di lavoro europei, adottati in Italia con una legge datata 2014: non più di 48 ore di lavoro a settimana per i medici, diritto a 11 ore di riposo minimo tra un turno e l’altro.
Molto caos ma per ora ripercussioni limitate sull’assistenza grazie a soluzioni tampone delle singole aziende sanitarie. Però la situazione deve essere regolarizzata. Il governo sta lavorando a un emendamento alla legge di Stabilità, la prossima settimana all’esame della Camera. Lo sforzo è mettere insieme fondi per l’assunzione di 4 mila tra medici e infermieri. Gli organici sono ridotti al lumicino specie nelle Regioni in deficit. Decaduta invece l’ipotesi di rinviare di due-tre mesi l’applicazione del sistema europeo, come chiedevano con insistenza le Regioni a corto di ossigeno. Il ministero della Salute l’ha valutata per poi scartarla. Una mossa del genere ci esporrebbe alla procedura di infrazione comunitaria, sospesa perché l’Italia si era impegnata ad allinearsi entro il 25 novembre agli altri Paesi, con un anno di ritardo. Solo a questo patto aveva evitato le sanzioni.
Conferma l’indirizzo del governo Federico Gelli, responsabile sanità alla Camera del Pd: «Ci sarà una ripartizione equa tra precari e neoassunti anche attraverso un concorso per assumere chi da anni lavora nel servizio pubblico. Le risorse? Quelle che derivano dai tagli del ministero della Salute». Altri fondi potrebbero arrivare dal disegno di legge sulla responsabilità professionale, promosso dallo stesso Gelli, approvato la scorsa settimana in commissione Affari sociali della Camera. Una parte potrebbe essere inglobato nella Stabilità. È difficile però calcolare quali vantaggi economici porterebbero queste norme. Qualche centinaio di milioni di euro nel 2015. Nel tempo miliardi, sono le attese. L’obiettivo è sollevare in parte i medici dal peso della responsabilità professionale in sede civile (denunce dei cittadini) e diminuire i costi legati alla cosiddetta medicina difensiva (eccesso di esami diagnostici e visite per mettersi al riparo da procedimenti giudiziari).
Sulla proroga avevano insistito da subito le Regioni. «Noi non siamo contrari alla direttiva europea. Però le Asl devono essere messe in condizione di organizzarsi con nuove assunzioni. Il blocco del turn over va sospeso», dice Sergio Venturi, coordinatore della Commissione salute in Conferenza Stato-Regioni. Massimo Cozza, Cgil Funzione pubblica: «Bene l’arrivo di migliaia di colleghi. Vanno presi subito in servizio basandosi su graduatorie e bandi pubblici». Il gruppo di legali dei Consulcesi annuncia che darà battaglia con ricorsi. L’intera categoria si è mostrata intransigente e refrattaria ad ogni trattativa su una deroga: «Non rinunciamo ai riposi». Come è andata il primo giorno? Disagi contenuti nelle grandi strutture dove i direttori hanno provveduto a coprire i buchi riducendo i tempi di apertura di certi servizi o unificando i turni di guardia. Per le Regioni la giornata si è chiusa bene: è stata raggiunta l’intesa per il riparto del Fondo sanitario, 110 miliardi per il 2015. Grazie a un meccanismo premiale, appositamente finanziato, nessuna amministrazione perderà più dello 0,50 rispetto all’anno precedente.
FONTE: Corriere.it
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