La pratica 48396 dopo mezzo secolo ora può dire ufficialmente di essere nata senza braccia a causa di un medicinale contro l’insonnia preso dalla madre. E’ la prima ad aver ottenuto il diritto ad un risarcimento: 4mila euro al mese esentasse aveva promesso il ministro del Welfare Maurizio Sacconi lo scorso anno. Ma non esistono fondi stanziati e i tempi prima di veder arrivare davvero dei soldi sono ancora lunghi: chi ha aspettato cinquant’anni probabilmente dovrà aspettare ancora. Il governo l’aveva promesso in una norma della Finanziaria: risarciremo chi riuscirà a dimostrare il collegamento tra una madre che assume il talidomide durante la gravidanza e le infermità del figlio se si tratta di nati tra il 1959 3 il 1965. Era il 2008, la norma era stata oggetto di una lunga battaglia politica. Da quel momento è andata avanti un’altrettanto lunga battaglia giudiziaria culminata due anni dopo in una raccomandata arrivata il 15 giugno all’avvocato Marcello Stanca che sta seguendo la vicenda. La raccomandata ha l’intestazione del ministero della Salute e ammette: «Sì, esiste nesso causale tra l’assunzione di talidomide dalla madre in gravidanza e l’infermità» nella pratica 48396.
La pratica 48396 è una signora torinese. Si chiama Antonella Bertana, ha 48 anni ed una vita segnata in modo indelebile da questo farmaco. Alla madre l’avevano prescritto il 3 agosto dell’anno precedente. La donna non sapeva ancora di essere incinta, soffriva d’insonnia e si era rivolta ad un medico. Lui aveva preso carta e penna e aveva scritto su un foglio il nome di un calmante a base di talidomide. Quando Antonella è nata il 5 maggio del 1962 non aveva delle braccia, e nemmeno le avambraccia. Il braccio destro oggi è lungo una venitna di centimetri, il sinistro sembra un dito attaccato alla spalla. Abbozzi anatomici sono definiti in gergo tecnico. In quegli anni ne sono nati tanti di bambini così, focomelici e con abbozzi anatomici al posto delle braccia o delle gambe. Ci fu un’impennata paurosa nelle statistiche dei malati, e un’ondata di proteste contro la casa produttrice del farmaco e poi anche contro il ministero della Salute che allora si chiamava in modo diverso. Nel 1965 finalmente il farmaco fu ritirato dal commercio ma intanto centinaia di bambini se ne andavano in giro per l’Italia - e dieci, venti, trenta volte di più in tutto il mondo - senza poter camminare o muoversi come i loro coetanei.
Si stima che oltre 20 mila bambini nel mondo, di cui 10 mila in Europa, siano nati affetti da focomelia, questo difetto che impedisce la crescita delle ossa lunghe. Ma è una stima probabilmente per difetto. «Molti sono morti, altri non hanno avuto genitori che abbiano partecipato alle richieste di risarcimento», spiega Antonella Bertana. E lo stesso ministero ha risposto che non se ne parlava neppure, quando l’avvocato Marcello Stanca ha chiesto ufficialmente una graduatoria di chi avrebbe avuto diritto al risarcimento.
«Siamo stati lasciati soli dallo Stato», racconta ora Antonella Bertana, che ha avuto la fortuna almeno di sopravvivere mentre 4 feti su 10 di donne che assumevano il talidomide sono morti. Ha studiato, lavora, insegna inglese alle elementari, ed è anche in grado di vivere per lunghi periodi da sola. Riesce infatti a compensare la mancanza di braccia con i piedi. «Capita a molti focomelici - spiega - sviluppare una capacità prensile agli altri arti».
Insieme con lei ad avere fatto richiesta di risarcimento sono un’altra decina di vittime della talidomide. Nessuna notizia ancora. Il ministero ha avviato la procedura di esame delle condizioni per accedere al risarcimento solo dopo una sentenza del Tar del Lazio che ordinava di procedere visto che dopo la norma contenuta in Finanziaria nel 2008 sulla questione era sceso il silenzio.
«Il ministero si è messo finalmente in moto nel 2009 ma ha delegato le Asl di tutt’Italia a effettuare la valutazione. Questo ha ritardato l’esame delle pratiche e anche reso diversi da luogo a luogo i parametri seguiti. Oltretutto ha diritto al risarcimento solo chi abbia una prova in grado di confermare l’assunzione da parte della madre del talidomide». La signora Antonella Bertana aveva ancora dopo tanti anni la copia della prescrizione del medico: ma gli altri?
AUTRICE: Flavia Amabile
FONTE: La stampa.it
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