Interessante reportage di "Repubblica" che nelle pagine di uno speciale dedicato al mondo universitario discute in merito alla possibilità di trovare lavoro subito dopo il diploma e la laurea. Scartabellando i dati ufficiali riassunti in tale articolo, si nota come i laureati in professioni medico-sanitarie hanno possibilità di nuove assunzioni di poco superiori ai laureati in campo formativo-istruttivo, e di gran lunga inferiori rispetto al lavoro prospettato in economia (a quanto pare panacea di tutti i mali) e ingegneristico-matematico. Se tuttavia è più probabile che un insegnante trovi lavoro più rapidamente di un medico, consola il fatto che sempre secondo i dati riportati da repubblica i laureati in professioni medico-sanitarie hanno la più elevata percentuale di possibilità di assunzione con posto fisso (cioè a tempo indeterminato). Di seguito l'articolo spiega in dettaglio quanto riassunto sopra.
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La formazione aiuta. In questi anni difficili, la caduta dell'occupazione ha toccato, per molti, livelli drammatici. A pagare il conto più salato sono stati soprattutto gli italiani e le italiane con un'istruzione inferiore. Per loro, l'occupazione si è ridotta di quasi cinque punti percentuali. In termini assoluti questo ha voluto dire una perdita di quasi 400mila posti di lavoro in un solo anno. Hanno resistito meglio, anche se in uno scenario sempre più difficile, le figure che erano in possesso di un livello di istruzione superiore. Il numero di occupati con un diploma di scuola superiore secondaria è cresciuto dello 0,4 per cento, mentre l'occupazione dei laureati, seppure invertendo l'andamento di anni di crescita, è diminuita in misura modesta (-0,3 per cento).
In questo contesto, la probabilità di trovare un impiego, anche se per tutti si è ridotta in maniera significativa, soprattutto per i più giovani, resta decisamente più alta per le persone in possesso di un titolo di studio elevato. La quota, anche in piena crisi, è pari a oltre 3,5 volte la probabilità di ingresso chi è ha un basso livello di istruzione (al massimo la licenza media inferiore). Nel 2009, secondo le elaborazioni messe a punto nel Rapporto del Cnel presentato a luglio, chi aveva un livello di istruzione elevato è riuscito a passare di status (da disoccupato a occupato) in più del 20 per cento dei casi. A confronto, è riuscito a fare lo stesso solo il 10 per cento di chi aveva un livello di istruzione media e solo il 5 per cento nei casi di un'istruzione inferiore.
Ma cosa succederà adesso? Alla fine del tormentato 2010, secondo Unioncamere, saranno poco più di mezzo milione le assunzioni, non stagionali, che le imprese avranno fatto. Per la metà di questi posti, il titolo di studio è molto importante. Chi non ha un titolo di studio adeguato avrà pochissime chance di occupare un posto da dirigente, da specialista o anche da contabile o informatico. Ma un titolo di studio sarà importante anche per i cuochi o per il personale di segreteria. Inciderà meno invece per le professioni nelle attività commerciali e ancora meno per gli operai specializzati seppure anche per alcuni di loro il titolo di studio avrà lo stesso un certo peso.
Il gran numero dei nuovi impieghi andrà ai diplomati. In tutto saranno 243 mila, una cifra di poco superiore a quella dell'anno scorso (222 mila). Di queste selezioni, il 30 per cento (70 mila) è destinata a chi è uscito da un indirizzo amministrativo e commerciale. Tra i diplomati più richiesti ci sono anche quelli dell'indirizzo meccanico (circa 23 mila), del turistico e alberghiero (14 mila) e dell'elettrotecnico (10 mila).
Poco meno di 70 mila posti andranno invece a chi è in possesso di un titolo di laurea, non si tratta solo di neolaureati, ma di tutto l'universo composto da chi è uscito, prima o dopo, da un ateneo italiano. In questo caso i direttori del personale guardano soprattutto ai laureati in economia (20 mila posti), in ingegneria elettronica e dell'informazione (7,3 mila), indirizzi sanitari e paramedici (6,4 mila) e nell'insegnamento e formazione (5,2 mila). È bene ribadire, sopratutto in quest'ultimo caso, che si tratta di assunzioni nel settore privato.
Altre 176 mila nuovi impieghi riguarderanno figure con un titolo della scuola dell'obbligo mentre saranno 65 mila quelle destinate a chi ha una qualifica regionale di istruzione (soprattutto indirizzo socio-sanitario, edile, amministrativo-commerciale e turistico-alberghiero).
Ma, ovviamente, le imprese non prevedono solo assunzioni, quelle con un contratto a tempo indeterminato o a termine, ma anche contratti di collaborazione. Tra quelli a progetto (in tutto saranno 181 mila) che le imprese offriranno ai candidati, la metà andranno ai diplomati (93 mila). Ai laureati ne andranno circa 65 mila mentre i rimanenti 22 mila se li assicureranno quelli che hanno fatto la scuola dell'obbligo, hanno una qualifica regionale di istruzione o sono in possesso di un titolo di formazione professionale. Quanto al tipo di figure, i contratti di collaborazione riguarderanno soprattutto professioni tecniche (82 mila) e impiegati (31 mila). Dà da pensare, in questo casso, l'elevato numero di contratti di questo tipo (29mila) che coinvolgeranno un gruppo professionale molto strategico come quello delle professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione.
Il peso di chi ha un titolo di laurea si sentirà soprattutto nelle assunzioni che le imprese faranno nelle aree tecniche e della progettazione. In questo caso, dei 15 mila posti previsti, il 63 per cento andrà a chi ha un livello di istruzione universitario così come accadrà al 43,4 per cento delle circa 2,6 mila figure che verranno assunte nella certificazione e nel controllo della qualità. I direttori del personale guarderanno con interesse a figure in possesso di una laurea anche per le assunzioni nell'area commerciale e della comunicazione: a chi ha un curriculum universitario andrà la metà delle 10 mila assunzioni.
I diplomati verranno presi in considerazione soprattutto per l'area amministrativa: a loro andranno più dell'80 per cento delle 34 mila assunzioni previste. Quote elevate anche per le posizioni di segreteria, staff e servizi generali di assistenza alla direzione: ai diplomati il 73 per cento dei 13,4 mila nuovi impieghi. Anche la logistica sarà uno sbocco concreto per chi è in possesso di un livello di istruzione secondario: a loro andrà quasi il 60 per cento dei 12 mila nuovi posti.
Le assunzioni per i laureati si concentreranno in particolare nel nord ovest dove nel 16,3 per cento dei casi (rispetto a una media del 12,5 per cento) i responsabili delle risorse umane preferiscono chi ha un livello di formazione universitario. Anche nelle imprese del centro la quota per laureati è superiore alla media (13,8 per cento). La città con la più alta "propensione" per candidati laureati è Milano (il 24,1 per cento). Dietro il capoluogo lombardo vengono Torino (19,9 per cento) e Roma (18,8 per cento).
In media i datori di lavoro offriranno un contratto a tempo indeterminato solo nel 46,3 dei casi. Molto meno di quanto non accadeva cinque o sei anni fa. Ad ogni modo, le figure in possesso di un titolo universitario riusciranno a strapparne una percentuale leggermente più elevata (il 53 per cento). In questo scenario, le posizioni che le imprese andranno a coprire riservate ai professionisti con un titolo di laurea nell'indirizzo geo-biologico e nelle biotecnologie saranno quasi per il 70 per cento con un contratto a tempo indeterminato. Va detto che questi posti sono relativamente pochi: solo 470 nel 2010.
Prevarrà il posto fisso anche per quelle figure con una formazione universitaria legata agli indirizzi di ingegneria (tra il 61,9 e il 63,3 per cento), medico e odontoiatrico (64,4 per cento), scientifico, matematico e fisico (65,7 per cento). Quanto a chi ha un percorso di livello secondario e post-secondario, quelli che hanno maggiori possibilità di trovare un posto fisso sono quelli dell'indirizzo edile e quelli dell'indirizzo informatico
Tra i professionisti con un titolo universitario, hanno meno probabilità di avere un contratto stabile quelli dell'indirizzo insegnamento e formazione (il 29,6 per cento), in ingegneria civile e ambientale (34,5 per cento), linguistico, traduttori e interpreti (solo il 33,1 per cento), agrario, agroalimentare e zootecnico (il 35,9), letterario, filosofico, storico e artistico (43,9) e psicologico (45 per cento).
FONTE: Repubblica.it
AUTORE: Federico Pace
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