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AFORISMA DEL GIORNO

15 ottobre, 2014

Ebola: secondo caso a Dallas, strage fra operatori sanitari in Africa

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Sale l’allarme ebola negli Stati Uniti dopo che è stato annunciato il secondo caso di contagio dal virus. A risultare positiva al test è stata un’altra infermiera dell’ospedale di Dallas dove l’8 ottobre era morto il paziente zero, Thomas Duncan. Barack Obama ha rinviato un viaggio per convocare una riunione d’urgenza alla Casa Bianca e ha consultato in videoconferenza i leader europei per discutere dell’impegno internazionale per combattere l’epidemia. «La situazione è seria», dice il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, sottolineando come per ora sia rinnovata la fiducia ai vertici delle autorità sanitarie. E spiega che il presidente «vuole assicurarsi che tutte le risorse necessarie del governo federale siano impegnate» sul campo.

La 29enne Amber Vinson era tra gli operatori sanitari che avevano curato il paziente liberiano a Dallas. L’infermiera è stata posta in isolamento, dopo aver accusato i sintomi ed essere stata sottoposta agli esami. Ma ad allarmare il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie Usa è stata la scoperta che la donna ha viaggiato in aereo 24 ore prima di accusare i primi sintomi della malattia. Sul volo 1143 della Frontier Airlines di lunedì da Cleveland, in Ohio, a Dallas-Fort Worth, viaggiavano 132 passeggeri che ora si sta cercando di contattare. L’equipaggio ha informato le autorità americane che l’infermiera non mostrava sintomi durante il volo. È esploso il malcontento tra le infermiere dell’ospedale di Dallas. Secondo gli operatori sanitari, Duncan fu lasciato per ore in un’area non protetta del pronto soccorso, dove avrebbe potuto infettare pazienti e sanitari. Inoltre, chi lavorava a contatto con lui restò per giorni senza tute protettive adeguate (con collo e testa esposti).

In Italia è stata messa in campo una task force interministeriale con l’obiettivo di potenziare il personale negli aeroporti e rafforzare i canali di informazione per i cittadini sui rischi del contagio da ebola. A Palazzo Chigi si sono riuniti i ministri dell’Interno, degli Esteri, della Difesa, della Salute e dei Trasporti. Saranno in particolare porti e aeroporti a essere interessati dal più corposo intervento, sia sotto il profilo del potenziamento del personale, sia per quello che riguarda le campagne di informazione, con opuscoli distribuiti a bordo di aerei e navi. Inoltre, due C-130 sono pronti a evacuare eventuali cittadini contagiati dal virus. In caso dovessero essere riscontrati casi di Ebola tra cittadini italiani, questi saranno immediatamente trasportati all’ospedale Spallanzani di Roma e al Sacco di Milano, strutture specializzate nella diagnosi e cura delle malattie infettive.

Tutto questo in preparazione della riunione di domani mattina, a Bruxelles, per affrontare il tema e predisporre i primi interventi a livello europeo. La posizione che emerge a livello europeo è quella di curare i malati nei luoghi del contagio, potenziando gli ospedali locali, prima che partano per l’Europa. La Francia ha annunciato che avvierà controlli medici negli aeroporti su tutti i passeggeri in arrivo da Paesi colpiti dall’epidemia. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha insistito, nei giorni scorsi, sulla necessità di assicurare la tracciabilità dei viaggiatori provenienti dall’Africa occidentale.

Secondo il Consiglio di sicurezza Onu «la risposta della comunità internazionale all’Ebola ha fallito nel capire e affrontare in maniera adeguata l’entità dell’epidemia e dei suoi effetti». Intanto il numero delle vittime continua a salire. Intanto, l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha aggiornato a quasi 4.500 il numero di morti per l’epidemia. Il conteggio aggiornato a domenica scorsa riferisce di 4.493 decessi su un totale di 8.997 casi in sette Paesi. All’8 ottobre, il totale era di 4.033 morti su 8.399 casi. I sette Paesi coinvolti sono divisi tra quelli più colpiti (Guinea, Liberia e Sierra Leone) e i quattro (Nigeria, Senegal, Spagna e Usa) con un numero contenuto di casi. La Liberia si conferma di gran lunga il Paese più colpito con 4.249 casi e 2.458 morti, segue la Sierra Leone (3.252 casi e 1.183 morti) e la Guinea (1.472 casi e 843 morti). Pesante il tributo di sangue degli operatori sanitari: ne sono morti 96 in Liberia, 95 in Sierra Leone, 40 in Guinea e cinque in Nigeria.

FONTE: La Stampa
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Unime, stanziati 440mila euro per "studenti meritevoli", graduatoria a gennaio 2015

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Così come aveva annunciato a luglio il Rettore dell’Università degli Studi di Messina, Pietro Navarra, durante la presentazione del bilancio del suo primo anno alla guida dell’Ateneo peloritano, l’amministrazione ha stanziato 440mila euro che saranno destinati agli studenti meritevoli, relativamente all’anno solare 2014. L’innovativo programma si chiama “Onore al merito” e sarà operativo già dai prossimi giorni, quando sarà pubblicato il relativo bando. Gli organi di governo hanno infatti deliberato l’istituzione di 300 premi per la carriera (1.000 euro ciascuno) e di 70 premi di laurea (2.000 euro ciascuno).

Il Consiglio di Amministrazione, successivamente, potrà comunque integrare le somme previste in sede di redazione del bilancio previsionale, qualora lo ritenga opportuno e siano disponibili le relative risorse. Come previsto dal bando, gli studenti possono presentare domanda (al fine di verificare la volontà del singolo di partecipare alla competizione) per via telematica attraverso un’apposita applicazione, collegandosi al sito http://code.unime.it/premium/ e cliccando su “Presentazione della domanda”, entro il 31 dicembre 2014. Sarà poi un sistema informatico a calcolare e stilare automaticamente le graduatorie, sulla base dei dati provenienti da ESSE3. La prima graduatoria di merito con i nomi dei premiati sarà pubblicata sul sito dell’Ateneo nel mese di gennaio 2015.

FONTE: messinaora.it
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08 ottobre, 2014

Ebola: altri due casi sospetti in Spagna, morto in Texas il primo paziente americano contagiato

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Maria Teresa Romero, l’infermiera spagnola che ha contratto l’Ebola dopo aver assistito il missionario Manuel Garcia Viejo, si è sfregata il viso con un guanto nel momento in cui si sfilava la tuta isolante. Ecco come sarebbe avvenuto il contagio, secondo quando ammesso dalla stessa 44enne, primo caso di Ebola in Europa. «Credo che l’errore possa essere stato nel momento in cui mi sono tolta la tuta, lo vedo come il passaggio più critico nel quale può esserci stato il contagio» ha detto telefonicamente al quotidiano El Pais. L’infermiera ha avuto due contatti con il missionario ammalato: uno per cambiargli il pannolone e il secondo quando era già deceduto, per pulire la stanza. «Non so come sia potuto accadere - ha detto la donna -. Spero di riuscire a uscirne, devo uscirne».

È invece morto Thomas Eric Duncan, il primo caso di Ebola diagnosticato negli Stati Uniti. Era ricoverato a Dallas, nel Texas Health Presbyterian Hospital, dal 28 settembre. Duncan aveva contratto il virus a Monrovia, in Liberia, portando la figlia di amici in ospedale e il 20 settembre, quando ancora non aveva sintomi visibili, era arrivato negli Stati Uniti, per una visita ad alcuni parenti. Da diversi giorni era in condizioni molto critiche. Le autorità americane hanno deciso di intensificare le misure adottate per prevenire la diffusione del virus: in cinque dei principali aeroporti ai passeggeri in arrivo dall’Africa occidentale verrà misurata la temperatura. Inoltre, i passeggeri dovranno rispondere a un questionario. Le misure entreranno in vigore il prima possibile, forse già a partire da questo fine settimana. Gli aeroporti interessati sono il John F. Kennedy International di New York, il Washington Dulles International, l’O’Hare International di Chicago, l’Hartsfield-Jackson International e il Newark Liberty International.

Le condizioni dell’infermiera spagnola sono stazionarie: viene curata con trasfusioni di sangue di Paciencia Melgar, la suora guarita dopo aver contratto il virus in Liberia. Martedì Romero, sposata e senza figli, si era detta certa di aver seguito tutti i protocolli sanitari previsti. Il marito, anche lui ricoverato in isolamento per precauzione (ma non presenta sintomi), ha aggiunto che, dopo aver cominciato ad avvertire i primi sintomi (il 30 settembre) e prima del ricovero (lunedì 6 ottobre), la donna è rimasta soprattutto in casa. Per sei giorni la temperatura non è mai salita oltre i 38,6 gradi, che sono la soglia di allarme ufficiale per il riconoscimento di Ebola. L’uomo ha aggiunto di sentirsi bene, ma il periodo di incubazione della malattia è di 21 giorni. Dunque per i medici resta un soggetto fortemente a rischio per i contatti ravvicinati che ha avuto con la moglie. L’appartamento dove vive la coppia, in una zona residenziale di Alcorcon a Madrid, è stato disinfettato a fondo e il cane, Excalibur, sarebbe stato abbattuto per precauzione. Un gruppo di animalisti si è radunato di fronte all’abitazione tentando di salvare la vita all’animale.

Altre due persone sono ricoverate in isolamento nell’ospedale Carlo III come casi sospetti di Ebola: oltre alla Romero e a suo marito, ci sono altre due infermiere (una è sposata e ha due figli piccoli), che facevano parte della squadra che ha assistito Miguel Pajares e Manuel Garcia Viejo, i due missionari spagnoli rimpatriati dalla Sierra Leone e deceduti all’ospedale Carlo III il 12 agosto e il 26 settembre. Sono invece risultati negativi i test su una terza infermiera dell’ospedale e su un turista di origini nigeriane, passeggero di un volo internazionale proveniente dall’Africa occidentale. Adesso le autorità sanitarie spagnole stanno cercando di rintracciare le persone con cui Maria Teresa Romero è stata a contatto prima di essere ricoverata: sono sotto monitoraggio in 52, per lo più personale sanitario. Secondo il ministro della sanità spagnolo, Ana Mato, al momento nessuno di loro presenta sintomi di Ebola. Intanto la Procura di Madrid ha aperto un’inchiesta per accertare eventuali responsabilità penali nel primo caso di contagio europeo. La stessa Commissione europea ha chiesto «chiarimenti» al governo spagnolo per individuare la falla nel Sistema sanitario che ha permesso il contagio.

Intanto, è sempre più tragica la situazione nei Paesi africani colpiti dall’epidemia. In Sierra Leone i corpi delle vittime dell’Ebola sono stati lasciati per le strade a causa di uno sciopero del personale che si occupa delle sepolture (ora concluso), in protesta per il mancato pagamento dello stipendio. Proprio in Sierra Leone ci sono stati 121 morti e 81 nuovi casi nella sola giornata di sabato, una delle peggiori da quando è comparsa la malattia. Il numero totale di morti nel Paese è arrivato a quota 678. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, il bilancio complessivo delle vittime di Ebola (aggiornato all’1 ottobre) è di 3.439 morti su un totale di 7.492 casi. Il virus è comparso in Guinea a marzo, quindi si è diffuso in Liberia e in Sierra Leone. Focolai minori in Nigeria e Senegal sembrano essere invece sotto controllo.

Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha ribadito che l’Italia «non sta vivendo un allarme o un’emergenza» legata a Ebola, anche se «è molto preoccupante la situazione in Africa occidentale». «Ho chiesto che ci sia una riunione della Commissione salute in Europa per capire se possiamo immaginare nuovi tipi di tracciabilità per i passeggeri che vengono da questi Paesi, soprattutto per gli operatori nel caso siano stati in contatto con i malati - ha aggiunto il ministro -. Noi stiamo provvedendo a delle misure più alte in previsione di un aumento dell’epidemia in Africa. Ho anche chiesto 5 milioni in più nella legge di stabilità proprio per intensificare la sorveglianza. Bisogna predisporsi ad ipotesi che possono essere anche diverse da quelle attuali. Ma Ebola - ha concluso - è un virus che in un Paese con il sistema sanitario e igienico come il nostro si trasmette molto difficilmente». Lorenzin, che ha elogiato i cooperanti italiani impegnati nei Paesi africani colpiti («sono persone eroiche»), ha poi ricordato i due ospedali impegnati nel contrastare il virus: «Lo Spallanzani di Roma e il Sacco di Milano sono di altissimo livello e vengono presi come esempio e interpellati dall’Oms».


FONTE: Corriere.it
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06 ottobre, 2014

Ebola, primi casi sospetti in Europa, prosegue l'allarme negli Usa, è strage in Africa

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Peggiora la diffusione del virus Ebola a livello mondiale. In Spagna, El Pais scrive come sia stato individuato un caso di infezione a Madrid. Ad essere stata colpita è un'infermiera, scrive il quotidiano su suo sito, che faceva parte della squadra che ha curato il missionario spagnolo Manuel Garcìa Viejo, morto il 26 settembre all'ospedale Carlos III della capitale. E' stata proprio lei ad occuparsi di lui quando è stato colpita da febbre provocata dall'Ebola. Secondo fonti del ministero spagnolo della Sanità le due analisi effettuate sulla donna, di cui non è stata rivelata l'identità, hanno avuto esito positivo. E' il terzo caso di Ebola trattato in Spagna (i due primi infetti, che avevano contratto il morbo in Africa, sono deceduti), ma il primo contratto in Spagna e in Europa

Intanto in Sierra Leone sono stati registrati 121 morti e 81 nuovi casi nella sola giornata di sabato, una delle peggiori da quando e' comparsa la malattia. I dati, raccolti dall'Emergency Operations Center della Sierra Leone, mostrano che il numero totale di morti nel Paese e' arrivato a quota 678, dai 557 del giorno prima. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanita' (Oms) il bilancio complessivo delle vittime di Ebola aggiornato a mercoledi' primo ottobre e' di 3.439 morti su un totale di 7.492 casi in Africa occidentale (compreso il caso registrato negli negli Stati Uniti). Il virus e' comparso in Guinea a marzo, quindi si e' diffuso in Liberia e in Sierra Leone. Focolai minori in Nigeria e Senegal sembrano essere invece sotto controllo.

Nel frattempo è allarme anche in Olanda. Un uomo, di cui non è stata diffusa nè l'identità nè la nazionalità, è ricoverato da ieri sera all'ospedale Albert Schweitzer di Dordrecht, in quanto forse infetto dal virus dell'Ebola. Secondo il sito della tv pubblica olandese Nos, l'uomo si era recato recentemente in Sierra Leone.

Resta intanto altissima la tensione negli Stati Uniti dopo la diagnosi del primo caso di Ebola all’interno del paese.  Il responsabile dei Center for Desease Control (Cdc), la massima autorita' sanitaria satunitesne, fara' in giornata il punto della situazione col presidente americano, Barack Obama, e altri esperti e responsabili del settore. L'incontro e' previsto nel primo pomeriggio ora di Washington.

L’ultimo allarme, rivelatosi falso, è stato lanciato dopo che un passeggero che aveva viaggiato in Africa occidentale ha accusato un malore a bordo di un volo da Bruxelles a Newark, nei pressi di New York. Intanto a Dallas peggiorano le condizioni della persona infettata dal virus. L’allerta all’aeroporto internazionale di Newark, nel New Jersey, è scattato quando un uomo a bordo del volo United Airlines 998 ha iniziato a vomitare. Dopo l’atterraggio, l’equipaggio e i 250 passeggeri sono stati bloccati sul velivolo mentre venivano prestati i soccorsi e il caso veniva valutato in ospedale. In realtà, hanno poi dichiarato le autorità sanitarie locali, i controlli hanno rivelato che non c’era alcun segno di un’infezione da Ebola: si trattava di un malessere di scarsa importanza. L’uomo in pochissimo tempo si è sentito meglio ed è stato dimesso.

Sono invece sempre più gravi le condizioni di Eric Duncan, l’uomo proveniente dalla Liberia che ha contratto il virus e che è ricoverato a Dallas. Attualmente sono 50 le persone che hanno avuto contatti con lui e che vengono monitorate. Nessuno finora ha mostrato sintomi della malattia, che non si diffonde per via aerea ma solo per contatto diretto con i fluidi corporei.

Il direttore del Centro per il Controllo Malattie statunitense, Thomas Frieden, ha dichiarato che negli ultimi mesi ci sono stati un centinaio di controlli su casi sospetti negli Stati Uniti. Dopo la scoperta del primo caso negli Usa, il numero di segnalazioni è aumentato ma finora si sono rivelate tutte falsi allarmi.  Intanto è caccia a Dallas a un senzatetto che avrebbe viaggiato sull'ambulanza che poco prima aveva trasportato in ospedale Duncan, anche se le autorità sanitarie assicurano come l'individuo - di cui non sono state rilasciate le generalità - sia considerato a basso rischio.

Lo stesso Frieden ha anche fatto sapere che le dosi di Zmapp, il farmaco sperimentale americano usato per far fronte a Ebola, sono finite e "non saranno disponibili di nuovo per un certo tempo". Il direttore del Centro per il Controllo Malattie statunitense ha così spiegato perché il farmaco non sia stato somministrato a Thomas Duncan.

FONTI: Repubblica.it, Ansa
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Nobel della Medicina 2014 ai scopritori del sistema di orientamento cerebrale

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Come facciamo a sapere dove siamo, come possiamo trovare il modo di andare da un posto all'altro? E come possiamo memorizzare queste informazioni in modo che, la prossima volta, possiamo subito ritrovare lo stesso percorso?. Lo hanno scoperto John O'Keefe, 75 anni, e i coniugi May-Britt, 51 anni, ed Edvard Moser, 53 anni, che per i loro studi sul cervello hanno appena ricevuto il Nobel per la Medicina 2014.

Sono stati premiati per la scoperta del sistema di cellule che permette di orientarci, come una specie di "Gps biologico". L'individuazione di questa sistema di cellule nervose risale al 2005 e costituisce 'una rete' che permette al cervello di avere costantemente le coordinate spaziali del luogo in cui si trova. Le loro scoperte, fa sapere l'Assemblea dei Nobel del Karolinska Institute, hanno contribuito a spiegare come il cervello crea "una mappa dello spazio che ci circonda e come possiamo muoverci in un ambiente complesso.  Un risultato che, ricorda l'Assemblea del Nobel, ha contribuito a risolvere un "problema che ha tenuto occupati per secoli filosofi e scienziati".
      
I coniugi norvegesi Edvard e May-Britt e Moser sono la quinta coppia sposata a conquistare un Nobel. Prima di loro, solo per fare un esempio, Marie e Pierre Curie che vinsero il premio Nobel per la chimica nel 1903 "per i loro studi sulle radiazioni". May-Britt è l'undicesima donna a ricevere il premio, e ha avuto la notizia del Nobel mentre si trovava all'università di Trondheim, in Norvegia. Gli scienziati si dividono in 2 parti (la prima a O'Keefe, la seconda al marito e alla moglie) un riconoscimento pari a 8 milioni di corone svedesi (oltre 880 mila euro).

Fu O'Keefe, angloamericano, a individuare nel 1971  il primo componente di questo sistema di posizionamento. Studiando dalla fine degli anni '60 ratti liberi di muoversi in una stanza, O'Keefe scoprì che nel cervello alcuni neuroni dell'ippocampo si attivavano quando l'animale assumeva una particolare posizione nello spazio. O'Keefe concluse dunque che queste "cellule di posizionamento" formavano una mappa della stanza. Più di 30 anni più tardi, i norvegesi May-Britt ed Edvard Moser, aggiunsero un altro componente chiave di questo sistema di posizionamento del cervello: identificarono un altro tipo di cellula nervosa, che chiamarono cellule griglia: esse generano un sistema coordinato e consentono un preciso posizionamento e percorso. Le loro successive ricerche hanno mostrato che cellule di posizionamento e cellule grigia rendono possibile determinare localizzare un luogo e poi muoversi.

Nato a New York nel 1939 ma con doppia nazionalità americana e inglese, O'Keefe è neuroscienziato e professore presso l'Istituto di Neuroscienze Cognitive e attuale direttore del Sainsbury. Nel 1967 ha conseguito un dottorato in Psicologia fisiologica alla McGill University in Canada per poi continuare la sua formazione all'University College di Londra.  Prima del Nobel, ha ricevuto diversi premi come quello della British Neuroscience Association per il suo contributo agli studi neuroscientifici del paese (2007) e il Gruber Prize in Neuroscienza (2008).

May-Britt Moser, norvegese, ha studiato psicologia all'Università di Oslo dove ha conosciuto Moser, suo futuro marito. Dopo il dottorato in neurofisiologia nel 1995, ha lavorato all'Università di Edimburgo e all'University College London, prima di trasferirsi nel 1996 alla Norwegian University of Science and Technologydi Trondheim. Ha ottenuto il titolo di Professore in Neuroscienza nel 2000 ed è attualmente direttrice del Centre for Neural Computation di Trondheim. Di nazionalità norvegese come la moglie, Moser ha ottenuto un dottorato di ricerca in neurofisiologia all'Università di Oslo  nel 1995 e ha lavorato sia all'Università di Edimburgo che nel laboratorio di O'Keefe all'University College di Londra. I Moser si sono trasferiti alla Norvegian University of Science and Tecnology di Trondheim nel 1996, dove due anni dopo Edvard è diventato professore. Moser è attualmente direttore del Kavli Institute for System Neuroscience in Trondheim.


FONTE: Repubblica.it
AUTRICE: Valeria Pini
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05 ottobre, 2014

Eurostat, in un decennio persi in Italia 7-10 anni di "buona salute"

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Il Bel Paese era una terra dove tutto sommato si stava bene, si viveva più a lungo rispetto agli altri Paesi e la qualità della vita era buona. Da qualche anno non è più così. L’Italia è rimasta, sì, una nazione longeva, però secondo i dati dell’Eurostat nel periodo 2004-2012 si è abbassata l’età in cui si inizia a ricorre alle cure mediche per problemi gravi. In media se nel 2004 gli uomini si ammalavano a 69 anni e le donne a 71, nel 2012 gli uomini si ammalano a neanche 62 e le donne a 61. Al di sotto della media europea, dove nello stesso periodo si sono guadagnati due anni di salute, e la soglia si è alzata da 61 a 63 anni.

Il fatto che l’Italia rimanga comunque un Paese longevo (la durata della vita media, di 80 anni per le donne e 85 per gli uomini, è superiore a quella europea, che nello stesso periodo 2004-2012 è di 76 anni per le donne e 82 per gli uomini), dimostra che non si è di fronte a un mutamento antropologico: il problema è per lo più sociale. Tra i primi e pochi medici a prendere sul serio i dati dell’Eurostat (Heidi data tool) c’è il dottor Valerio Gennaro, epidemiologo dell’ospedale San Martino di Genova. “Sono preoccupato perché questo accorciamento della vita sana non era stato previsto (2002-2003), perché negli anni 2004-2005 non è stato segnalato per tempo e perché continua a non esserlo. Si tratta di una omissione di informazione, visto che invece si continua a dire col megafono che l’aspettativa di vita si allunga. Ma questa è un’informazione parziale, poiché la durata della vita e la durata della vita sana sono due informazioni diverse ma complementari e che quindi dovrebbero essere date insieme”.

Per capire quali possano essere le cause di questa tendenza negativa per l’Italia è necessaria una riflessione ad ampio raggio da parte delle istituzioni, visto che sul banco degli imputati c’è la reale situazione della sanità in Italia. “Di sicuro però – sottolinea il dottor Valerio Gennaro – i disagi sociali si riflettono sulla salute. Ci sono diverse di problematiche economiche, ambientali e sociali che influiscono sulle condizioni fisiche: se pensiamo al precariato, ad esempio, sappiamo benissimo che anche pochi mesi di vita instabile e insicura dal punto di vista economico possono modificare lo stato di salute e far emergere problemi, soprattutto su persone fragili. Senza parlare poi delle cause legate all’ambiente: mi riferisco ad esempio alla situazione dell’Ilva di Taranto o alle molte zone dove le falde acquifere sono inquinate da arsenico e altre sostanze nocive”. Con i dati raccolti da un organo super partes (Eurostat-Heidi) l’Europa sta ricordando a tutti che la salute rimane il grande traguardo e che l’economia deve essere uno strumento per migliorarla. “In sostanza – spiega il dottor Gennaro – è come se questi dati ci dicessero: guardate che il progresso si misura con quanta gente riesce a raggiungere la tarda età e riesce a raggiungerla stando bene”.

Di sicuro una delle cause è riscontrabile nella precaria situazione economica internazionale che spesso costringe alcune persone all’indigenza e a condizioni di forte stress lavorativo. Puntare tutto su questo aspetto, tuttavia, è riduttivo. A dimostrarlo c’è l’esempio della Germania. Che se è un modello economico di riferimento per l’Europa, non lo è per quanto riguarda la qualità della vita sana, che – seppur in crescita – rimane bel al di sotto rispetto alla media italiana: gli anni di vita in buona salute dei tedeschi, dal 2004 al 2012, sono passati da 55 a 58 per le donne e da 54 a 57 per gli uomini.

Ma in Europa ci sono anche Paesi virtuosi: Norvegia, Svizzera e Malta, per esempio, hanno registrato un allungamento della vita in buona salute. Un caso in netta controtendenza rispetto all’Italia è quello della Svezia, dove dal 2004 al 2012 la vita sana ha avuto un balzo in avanti: gli uomini sono passati da 62 a 71 anni e le donne da 61 a 71. “Io sono stato in Svezia per curiosità personale, e – commenta il dottor Valerio Gennaro – ho riscontrato una serenità di fondo, dovuta anche al fatto che lì le persone pagano le tasse e ricevono in cambio una serie di servizi che migliorano la qualità dalla loro vita. E pur non essendo uno psicologo o un sociologo, è chiaro che c’è differenza con l’Italia dove c’è un malessere di fondo per il presente e per il futuro”.

FONTE: Il Fatto Quotidiano
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