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AFORISMA DEL GIORNO

28 gennaio, 2010

Generare immagini divertenti con PicJoke!

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Una delle migliori caratteristiche di internet consiste nel poter creare immagini divertenti mediante semplici servizi online. Molte persone non hanno tempo per poter utilizzare al meglio programmi di fotoritocco come paint shop pro o photoshop così in molti cercano sulla rete dei siti che possano effettuare certi ritocchi grafici in modo automatico e con grande fantasia. Fra i vari servizi offerti voglio segnalare il sito picjoke.

Le caratteristiche principali di questo servizio consistono nella semplicità d’uso e nell’ampia disponibilità di effetti grafici, ogni giorno infatti vengono introdotti nuovi effetti e sistemi di ricombinazione per le proprie immagini. L’uso è molto semplice, basta scegliere l’effetto desiderato e poi la foto mediante il comando “Choose File” e poi cliccare su “Create your picture”. A quel punto è sufficiente salvare il risultato cliccando col tasto destro del mouse e scegliendo “Salva immagine con nome”. Il sito permette di creare fotomontaggi online caricando le nostre foto e inserendole in mille contesti diversi.

Gli effetti vengono elencati in vari modi, in particolare tramite un ordinamento per data di introduzione. Determinati tipi di fotomontaggio vengono mostrate con immagini esplicative, rendendo molto più facile il poter generare immagini simpatiche e accattivanti. Ad esempio in questa immagine accanto ho provato a creare un fotomontaggio utilizzando l’effetto visivo N. 251. Il risultato è un perfetto ritratto a matita generato da un signore anziano, un effetto elegante e molto parigino.



Con l’effetto visivo N.262 avremo la foto collocata come un poster illuminato in sottoluce e in una stanza tipicamente buia. Niente di più metropolitano no?



E’ possibile infine utilizzare anche più immagini contemporaneamente, per esempio se si vuole creare una stanza con numerose foto. In questa immagine sono state utilizzate ben 5 foto differenti, spero che le cantanti non me ne vogliano se associo una qualche loro foto pubblica con il personaggio del famoso telefilm “californication”:



E’ da segnalare che le immagini caricate precedentemente rimangono in memoria cosi che sia possibile poi poter riutilizzare le stesse immagini con effetti differenti. Gli "online photo effects" sono numerosi, probabilmente andrebbero riordinati meglio ma il sito stesso è piuttosto complesso. L'ordinamento per data o per numero non è forse ben fatto, tuttavia le potenzialità di siti come questi sono infinite, tante quanti sono gli “script” messi a disposizione per completare le immagini in pochi passaggi, quindi la fantasia ha libero sfogo. Un consiglio: prima di utilizzare siti come questi assicuratevi che le immagini siano effettivamente di vostra proprietà e sia quindi un vostro diritto usarle. L’utilizzo di immagini private per fotomontaggi è punibile per legge. Detto questo e tralasciando ulteriori aspetti legali, si può dire che praticamente non ci sono limiti alla vostra fantasia e con un po’ di pratica e un po’ di buonsenso potete sbizzarrirvi. Buon divertimento!

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26 gennaio, 2010

Segnalo per voi: il calendario di Molecular Lab 2010!

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Siete in cerca di un calendario medico scientifico per fare bella figura con amici e colleghi? Volete arricchire il vostro ufficio con qualcosa di particolare? Il sito "Molecular Lab" (uno dei siti scientifici più famosi in Italia) propone anche quest'anno il suo calendario 2010, disponibile in formato PDF. Ogni mese è corredato da una serie spettacolari di foto scientifiche complete di didascalia esplicativa e del logo del loro sito. Inoltre, l'ultima pagina è dedicata a un breve riepilogo per quel che ci aspetta nel 2011, per essere sempre al passo. Il file presente sul loro sito è in formato PDF per cui per essere aperto è necessario che nel computer sia installato il lettore "Adobe Acrobat Reader" (disponibile in versione gratuita sul sito Adobe), per la stampa in formati superiori al normale formato A3 (quello delle pagine classiche) è necessario portare il calendario su di un semplice dischetto ad un tipografo (la spesa di solito è di pochi euro). Il calendario è disponibile in download gratuito a questo indirizzo: http://www.molecularlab.it/download/Calendario%20MolecularLab%202010.pdf
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Briciole di Medicina (11° Puntata) – Il "GERD" o Reflusso Gastroesofageo

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La malattia da reflusso gastro-esofageo è una delle malattie più frequenti e più note. Nonostante ciò gli approfondimenti e le conoscenze fisiopatologiche in proposito sono in costante aumento. La malattia da reflusso gastroesofageo, o GERD (gastro-esophageal reflux disease), consiste in una aumentata frequenza degli episodi di reflusso, di una maggior quantità e permanenza in esofago di materiale gastrico refluito. La varietà dei quadri clinici, che si osservano sempre più frequentemente, riguardano oltre l’esofago anche il tratto respiratorio superiore e la cavità orale, facendo divenire questa patologia cronica di carattere multidisciplinare.

Eziopatogenesi


La malattia da reflusso gastroesofageo è caratterizzata da un prolungato contatto della mucosa esofagea con sostanze lesive provenienti dallo stomaco. La patogenesi della malattia da reflusso gastroesofageo è sicuramente multifattoriale. Ad essa concorrono fattori anatomici e anomalie funzionali, a carico non solo dell'esofago ma anche del distretto gastroduodenale. I fattori coinvolti nella genesi del reflusso possono essere suddivisi in anatomici, cioè correlati alle strutture della giunzione esofago-gastrica, e funzionali, legati all'attività dello sfintere esofageo inferiore (SEI) e alla motilità gastrica.

Giunzione esofago-gastrica: in condizioni normali, il tratto terminale dell'esofago attraversa lo jatus diaframmatico prima di inserirsi obliquamente nel fondo gastrico, formando il cosiddetto "angolo di His". Sia la lunghezza del tratto esofageo intraddominale che l'inserzione angolata, dovuta anche alla presenza del legamento frenoesofageo, sono considerati importanti agli effetti della competenza della barriera antireflusso. Inoltre, negli ultimi anni è stata dimostrata anche l'importanza del muscolo diaframmatico che, in condizioni normali, circonda l'esofago terminale in corrispondenza dello SEI. Si deve sottolineare che l’aumento della pressione addominale determina un aumento sia della pressione endogastrica che del tono del SEI (quest’ultimo avviene anche più rapidamente funzionando come barriera anti-reflusso). E’ stato inoltre dimostrato che appare esserci una partecipazione anche da parte del diaframma crurale (funzionalmente correlata agli atti respiratori) in sinergia con l’azione dello sfintere esofageo inferiore che svolge un ruolo attivo con il SEI a prevenire il reflusso. Tale collaborazione viene a mancare nei casi in cui, come in presenza di un'ernia jatale, vi sia una dislocazione in senso prossimale dello sfintere esofageo inferiore, che si trova così indebolito.

Clearance luminale: sembra essere molto importante e considerata la seconda linea di difesa nei confronti del reflusso gastroesofageo. Tali meccanismi comprendono la peristalsi che favorisce il passaggio del bolo o semplicemente di saliva durante la deglutizione (peristalsi primaria). Anche l’onda peristaltica che si genera secondariamente allo stimolo di meccanocettori, presenti nelle fibre muscolari lisce del viscere (peristalsi secondaria) agisce in modo attivo come meccanismo antireflusso. La secrezione salivare e di bicarbonato da parte dell’esofago hanno la funzione di neutralizzare l’acidità residua dopo l’azione della peristalsi. Risulta interessante notare che i pazienti portatori di patologie a carico delle ghiandole salivari con sviluppo di iposialia (come la sindrome di Sjogreen) hanno un rischio più elevato di sviluppare malattia da reflusso gastroesofageo. Come detto anche l’esofago secerne bicarbonato per mezzo di ghiandole sottomucose in risposta a stimoli nervosi non ancora ben identificati e all’acidificazione locale.La sua rilevanza può sembrare secondaria, ma questo meccanismo può assumere importanza durante le ore notturne, quando sia la peristalsi che la salivazione sono praticamente azzerati.

Resistenze tissutali intrinseche: tali fattori hanno il ruolo di ultimo baluardo per proteggere l’epitelio dal contatto con il materiale gastrico refluito. I fattori epiteliali sono: le giunzioni intercellulari che impediscono la retrodiffusione degli ioni H+, così come il flusso ematico. Il turn-over cellulare garantisce inoltre un’efficace rimpiazzo delle cellule lesionate.

Fattori Aggressivi
Per quanto attiene ai fattori aggressivi sembra abbastanza logico pensare che le sostanze refluite in esofago di provenienza gastrica e/o duodenale siano in genere potenzialmente lesive: HCL, pepsina, acidi biliari (coniugati e non coniugati), tripsina e lisolecitina.
I più noti di fattori lesivi sono senza dubbio l’HCl e la pepsina, infatti l’entità del danno esofageo è correlata alla concentrazione acida (pH) del refluito, alla frequenza dei reflussi e alla durata dell’esposizione acida. Il reflusso di sostanze di provenienza duodenale si osserva soprattutto durante la notte. Tale evidenza è stata confermata da indagini innovative come la bilimetria che ha anche permesso di evidenziare che a pH acido oltre alla pepsina anche la lisolecitina e dagli acidi biliari coniugati. Le componenti più lesive a pH neutro sono rappresentate dagli acidi biliari non coniugati, e dalla tripsina.
In ultima analisi possiamo affermare che la composizione del reflusso duodeno/gastro-esofageo non è differente nei diversi pazienti e/o rispetto ai soggetti sani, ad eccezione che nei pazienti affetti fortemente ipersecretori o con sindrome di Zollinger-Ellison, nei quali l’esofagite è presente nel 40-60% dei casi.
Per concludere non possiamo definire che la GERD sia secondaria ad un aumento dei fattori aggressivi ma piuttosto un’interazione che vede anche una notevole compromissione dei fattori difensivi.

Fisiopatologia
Prima dell’avvento delle metodiche di studio dello sfintere esofageo inferiore, come la manometria, si riteneva che la causa unica in grado di poter indurre la presenza della malattia da reflusso gastro esofageo fosse il ridotto tono dello sfintere esofageo inferiore (SEI). In realtà studi condotti mediante questa metodica, su soggetti sintomatici e su soggetti con pH-metria positiva, mostravano la presenza del tono del SEI normale. Molte evidenze cliniche hanno permesso di ipotizzare che anche soggetti con SEI competente potevano sviluppare malattia da reflusso gastroesofageo. E’ stato ipotizzato che i rilasciamenti transitori del SEI (RTSEI), originati da improvvise riduzioni del tono dello sfintere, che risultano spesso associati ai pasti o durante le ore notturne, potessero giocare un ruolo chiave nella genesi del reflusso patologico. I rilassamenti transitori del SEI dipendono dal tono gastrico e sono innescati da un pacemaker nella zona prossimale dello stomaco. Tali non vengono rilevati da procedure monometriche di routine, al contrario, i RTSEI, sembrano associati a rallentati tempi di svuotamento gastrico. Studi effettuati mediante tecniche radioisotopiche hanno condotto ad evidenziare una stretta associazione fra reflusso gastroesofageo e rallentati tempi di svuotamento gastrico.
Si ipotizza che questi rilasciamenti transitori avvengono per effetto dell'azione inibitoria esercitata su muscolo dello sfintere da parte di mediatori intramurali (VIP, NO), liberati da fibre nervose non adrenergiche e non colinergiche. Per tale motivo il rilasciamento viene definito neurogeno e può essere antagonizzato sperimentalmente da sostanze in grado di bloccare la trasmissione nervosa (tetrodotossina).

Sintomatologia
Lo spettro clinico della malattia da reflusso gastroesofageo è molto ampio e comprende una numerosa serie di sintomi che per chiarezza diagnostica sono stati così classificati:
Esofagei
SINTOMI TIPICI: pirosi retrosternale e rigurgito
SINTOMI ATIPICI: dolore retrosternale, disfagia, odinofagia, eruttazione e singhiozzo
Extraesofagei
RESPIRATORI: tosse cronica, emoftoe, attacco asmatico
ORL e ODONTOIATRICI: raucedine, otalgia, alitosi, faringodinia, alterazione del gusto, carie, alterazione dello smalto dei denti

Manifestazioni esofagee: la pirosi viene definita come sensazione di bruciore estesa dalla regione tifoidea al manubrio sternale, che si presenta in genere associato alla posizione supina o alla flessione anteriore del tronco. Il rigurgito si manifesta con il passaggio di materiale acido con o senza residui alimentari dallo stomaco al faringe e nei casi più gravi fino alla cavità orale. Il rigurgito è importante ricordare che non si associa a nausea ed è differenziabile dal vomito per l’assenza dei conati.
La presenza invece contemporanea di tutti e tre i sintomi tipici in un soggetto giovane di età inferiore a 40 anni, secondo molti autori americani, può essere criterio sufficiente per sottoporre il paziente a terapia specifica per reflusso gastroesofageo per un periodo limitato ad una settimana e, in caso di remissione dei sintomi, utilizzare tale approccio come criterio ex-adjuvantibus di diagnosi.
I sintomi sia esofagei che extra-esofagei sono scarsamente correlati con la gravità della malattia, infatti pazienti portatori di quadri di esofagite severa, o in presenza di complicanze, possono essere asintomatici e, viceversa, pazienti con sintomi rilevanti possono essere privi di alterazioni endoscopiche o pH-metriche significative. Fra questi il dolore esofageo merita un cenno a parte. Tale sembra generato dallo sviluppo di onde peristaltiche terziarie, afinalistiche, non propulsive, che generano invece degli spasmi che vengono percepiti come dolore retrosternale. Un paziente che presenta questo sintomo come sintomo unico d’esordio, deve necessariamente sottoporsi ad indagini strumentali cardiologiche volte ad escludere la patologia cardiaca.
Manifestazioni respiratorie: sono stati ipotizzati alcuni meccanismi causa dell’asma e della tosse che vanno dalla micrtoaspirazione del refluito gastrico alla più complessa stimolazione del sistema vagale a partenza esofagea con secondaria broncocostrizione.
Manifestazioni odontoiatriche e ORL: anche in questo caso il refluito gastrico sembra giocare un ruolo chiave in sintomi come raucedine, alitosi ed altri come sopra elencato. Si è giunti a tale conclusione in seguito ad uno studio più approfondito e mirato, mediante collaborazione fra differenti gruppi medici (odontoiatra, gastroenterologo…), di quei sintomi che magari non trovavano ad un primo approccio una noxa lesiva decodificata. Molti di questi in seguito a terapia specifica per il reflusso gastroesofageo hanno trovato una completa risoluzione.

INDAGINI STRUMENTALI
E.G.D.S. (esofago-gastro-duodenoscopia)
L’endoscopia, generalmente, costituisce il metodo iniziale di scelta nell’algoritmo diagnostico della MRGE. L’endoscopia mediante la visualizzazione diretta della mucosa esofagea, permette quindi di fare diagnosi di malattia da reflusso gastro-esofageo quando vi sono interruzioni della mucosa anche in assenza di sintomi. La severità delle lesioni è predittiva inoltre della risposta del paziente alla terapia ed alla probabilità di recidiva dopo trattamento.
Sono state proposte differenti classificazioni la prima di Savary e Miller, suddivideva la gravità delle lesioni in 4 gradi a gravità crescente, ritenuta dopo poco tempo incompleta è stata modificata nel 1992 da Ollyo et al, ed attualmente è la classificazione più in uso a livello internazionale (vedi tab: 1).

Tab. 1: Classificazione Endoscopica dell’Esofagite sec. Savary-Miller
Grado 1    Una o più lesioni confluenti accompagnate da eritema o essudato a livello superiore della zona di transizione gastroesofagea
Grado 2    Lesioni essudative, erosive, non circonferenziali, confluenti
Grado 3    Lesioni essudative ed erosive circonferenziali
Grado 4    Lesioni mucose croniche (ulcerazione, restringimento) una o più lesioni confluenti
Grado 5    Epitelio di Barrett, isolato o associato a lesioni di I-IV grado

Un International Working Group istituito a partire da 1994 ha lavorato per 6 anni alla realizzazione di un nuovo sistema di classificazione strettamente adeguato all’esofagiti da reflusso, in quanto la presenza di alterazioni non erosive (iperemia, edema) in assenza di sintomatologia, sulla base delle evidenze attuali, dovrebbero essere ignorate.
Tale gruppo di lavoro ha presentato una nuova classificazione (in corso di validazione) che divide in 4 gradi basata sull’estensione delle lesioni esofagee riconosciute come interruzione di mucosa.(vedi Tab 2).
Tab. 2: Los Angeles Endoscopic Classification
Grado A    Una o più erosioni, nessuna più lunga di 5mm
Grado B    Almeno un’erosione più lunga di 5mm, ma senza continuità tra le punte di due pliche mucose
Grado C    Almeno un’erosione continua tra le cime di due o più pliche mucose, ma non circonferenziale
Grado D    Erosioni mucose circonferenziali

Ricordiamo comunque che la presenza di sintomi tipici per il reflusso gastro-esofageo può nel 40% dei casi non correlare con la presenza di lesioni endoscopiche.
Ad oggi si ritiene necessario inquadrare il gruppo di pazienti con sintomi da reflusso gastro-esofageo ma con endoscopia negativa, ai fini di un corretto management nella routine clinica e per distinguerli da un’altra categoria di soggetti che lamentano sintomi minori o atipici e che pur correlati al reflusso non sono sufficienti a definire la malattia.
Da sola, l’endoscopia, non può ritenersi l’esame “gold standard” per la MRGE, né lo può essere il monitoraggio della pH-metria nelle 24 ore. Pertanto l’integrazione di tutte queste informazioni cliniche (sintomatologia + EGDS + pH-metria) può condurci ad un inquadramento ottimale della malattia.
La pH-metria
La pH-metria esofagea ambulatoriale non può certo essere considerata una metodica nuova. I primi studi nell'uomo risalgono a circa 40 anni fa ed all'inizio degli anni '70 sono stati pubblicati i lavori, ormai considerati storici, che hanno consentito di stabilire i limiti di normalità del reflusso gstro-esofageo.
Da allora si è avuta una sempre maggiore diffusione, in ambito sia medico che chirurgico, di questa metodica, che ha avuto il grade merito di fornire uno strumento relativamente semplice ed affidabile per avviare studi di fisiopatologia.
Pur tuttavia la pH-metria esofagea non può essere considerata una metodica di indagine ormai consolidata. Le recenti acquisizioni in campo clinico e patogenetico hanno dimostrato come la malattia da reflusso gastro-esofageo possa dar luogo a molteplici manifestazioni extraesofagee, tra cui principalmente quelle a carico del distretto oro-faringeo e delle prime vie aeree.
Primo obiettivo della pH-metria è quello di misurare la percentuale di tempo, nelle 24 ore, di esposizione della mucosa esofagea, al reflusso acido per individuare i soggetti in cui il tempo di contatto è al di sopra della soglia considerata fisiologica. La metodica consente inoltre di individuare se l’insorgenza dei sintomi peculiari (bruciore , dolore retrosternale) o atipici (tosse, angina) è correlata alla presenza di reflussi in modo da identificare e correggere il presupposto fisiopatologico della sintomatologia.
La pH-metria è indicata nei pazienti con sintomi atipici, che presentano endoscopia negativa, o a pazienti con sintomatologia tipica ma che non rispondono alla terapia farmacologica in atto.
Il paziente prima di sottoporsi all’esecuzione dell’esame deve aver sospeso la terapia con procinetici, antiacidi e inibitori di pompa protonica in atto.
L’esame (eseguito sempre secondariamente all’EGDS) prevede il posizionamento di due elettrodi misurati, mediante sondino naso-gastrico, introdotti qualche centimetro al di sopra e qualche centimetro al di sotto del cardias.
Durante la durata dell’esame si consiglia una dieta libera, possibilmente con osservanza dei tre pasti principali, da cui sono proscritti alimenti in grado di modificare il pH (succo di limone, aceto, bevande gassate), non è necessario l’astensione dal fumo di sigaretta. Si raccomanda di compiere le quotidiane attività lavorative e non, e di annotare sull’apposito block-note assegnato, i sintomi, i pasti ed i periodi sonno-vegli. Inoltre si invita il paziente a segnalare con l’apposito tasto marca eventi i momenti di comparsa dei sintomi.
I parametri di misurazione in uso sono (Criteri di DeMeester):
•    •      tempo totale di reflusso (espresso in min o %)
•    •      tempo totale di reflusso i clinostatismo
•    •      tempo totale di reflusso in ortostatismo
•    •      frequenza di reflussi (numero di episodi)
•    •      numero di reflussi più lunghi di 5 min
•    •      durata del reflusso più lungo
Si ritiene pertanto patologico ogni punteggio superiore al limite fissato dall’analisi delle Roch Curve (Reiceving Operatine Charateristic). Questo valore deve essere < di 4 al 95° percentile il cui valore è fissato su 14,9. Il limite superiore tollerato è 16,5, al disopra di tale valore l’esame è da ritenersi positivo.
Manometria
La manometria esofagea permette di rilevare le pressioni intraluminali e si effettua introducendo, per via naso-gastrica, una sonda con tre cateteri a per fusione liquida con orifizi distanziati di 5 cm, collegati a trasduttori che trasmettono ad un registratore. Il rilevatore distale si colloca nella zona di alta pressione corrispondente all’area del LES. Si misurano quindi la pressione e l’attività motoria esofagea, sia di base che dopo deglutizione a secco e con bolo e si valuta la deglutizione dello sfintere esofageo inferiore.
Se nella MRGE il razionale può essere quello di misurare il tono del LES, non si deve dimenticare che questo non è sempre ridotto. Risultano molto importanti da evidenziare i rilasciamenti transitori definiti anche “inappropriati”.
La misurazione dell’attività peristaltica primaria permette di evidenziare la presenza di un deficit motorio che ostacola lo svuotamento esofageo di materiale eventualmente refluito.
La manometria esofagea permette una diagnosi differenziale con patologie esofagee che possono determinare una sintomatologia simile a quella della malattia da reflusso, come l’acalasia, lo spasmo esofageo diffuso e la sclerodermia ed infine ha un ruolo importante nella preparazione all’intervento chirurgico. Tale esame non ha indicazioni come esame di primo livello, come confermato da recenti linee guida di Autori Americani.
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22 gennaio, 2010

Sclerosi Multipla: grazie alla FTY720 passi avanti verso una possibile cura

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La Novartis, multinazionale svizzera del settore farmaceutico, ha illustrato i risultati dei due studi pubblicati sulla rivista "The New England Journal of Medicine" in cui viene anticipata la possibilità di ottenere presto una cura per la Sclerosi Multipla. Tale cura consiste in una semplice pillola, la Fingolimod (FTY720), che secondo il parere degli esperti, ha più di un vantaggio: ridurrebbe infatti il rischio di ricadute, la progressione della disabilità e anche le lesioni cerebrali. Notizie molto confortanti per chi, purtroppo, si trova a combattere questa malattia. Sono oltre 2 milioni e mezzo gli ammalati di sclerosi nel mondo, soprattutto fra i 20 e i 40 anni. In Italia si contanto circa 57 mila casi. La pillola Fingolimod agirebbe selettivamente bloccando alcuni linfociti nei linfonodi e quindi riducendo il numero di cellule immunitarie che raggiungendo il cervello attaccano la mielina o rilasciano sostanze che ne favoriscono la degradazione.

La dimostrazione dell'efficacia del farmaco è stato dimostrato attraverso un protocollo che prevedeva due fasi di studio. La prima fase sperimentale denominata "Transforms" e condotto dalla "Queen Mary University" di Londra è stata svolta su 1.292 pazienti ed è stato dimostrato che la "FTY720 per via orale, nel dosaggio di 0,5 mg, ha ridotto le ricadute del 52%; mentre con dosaggio da 1,25 mg la riduzione delle ricadute è stata del 38%". La seconda parte dello studio, la "Freedoms", svolta da Gavin Giovanonni, è stata eseguita su 1.272 pazienti. In questo caso "il farmaco ha ridotto il tasso di ricadute del 54%, con il dosaggio di 0,5 mg, e del 60% con il dosaggio di 1,25 mg". Tali pazienti, inoltre, hanno anche presentato un rischio più basso di progressione della disabilità a 3 e 6 mesi.

"Un grande passo avanti" commenta Jeffrey Cohen, della Cleveland Clinic Mellen Center per il Trattamento e la Ricerca nella Sclerosi Multipla, e aggiunge: "Le attuali terapie per la sclerosi multipla recidivante-remittente sono infatti somministrate per via iniettiva o per infusione e ciò può influire negativamente sulla tollerabilità e sul proseguimento del trattamento".





FONTE: vari siti nazionali
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Tumori al seno: disponibile anche a Roma la tomosintesi per mammografie tridimensionali

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Tumori al seno in aumento, soprattutto nelle donne giovani: è sempre più necessario effettuare screening accurati per la diagnosi precoce. Secondo uno studio il numero di nuove neoplasie cresce soprattutto tra le donne fra i 25-44 anni (+28,6% negli ultimi 6 anni contro un 13,8% di crescita del totale di questo tipo di tumori). E tale aspetto è stato sottolineato proprio in occasione della presentazione della Tomosintesi, una mammografia tridimensionale ad alta definizione che permetterà di diagnosticare con maggior precisione l'eventuale presenza di tumori al seno. Se fino a questo momento per eseguire questo specifico esame era necessario recarsi presso le strutture sanitarie di Torino o di Genova, le uniche due città sul territorio italiano a possedere tal macchinario, ora sarà possibile farlo anche nella clinica Paideia di Roma dove, proprio in questi giorni, è stata sperimentata la nuova apparecchiatura.

La responsabile del centro diagnostico, Barbara Pesce, ha dichiarato che: “la Tomosintesi è strumento che permette di studiare la mammella a strati dove appunto la mammella viene scomposta in tante immagini che poi, sovrapposte, ricostruiscono la figura della mammella nella sua completezza – e aggiunge – tutto ciò si traduce in un grande vantaggio nel caso di seni difficili da leggere, come ad esempio quelli densi, che possono così essere studiati più in dettaglio svelando lesioni che altrimenti sarebbero mascherate con le tecniche tradizionali”. A giustificare l'esiguo numero di ospedali dotati di tale tecnologia sarebbe l'elevato costo di quest'ultima, circa 750 mila euro, ma la spesa è compensata dai risultati ottenuti dalle prime analisi, che hanno diagnosticato a diverse donne la presenza di masse tumorali nascoste che non erano emerse dalle classiche mammografie bidimensionali.

“Stiamo avviando uno studio per capire quali siano i soggetti più indicati per questa analisi – precisa la dottoressa Pesce – per ora i criteri che seguiamo sono di eseguire l'esame su mammelle dense, oppure operate, quindi più difficili da studiare con le tecniche tradizionali. Inoltre andrebbe usata su pazienti che hanno familiarità con i tumori alla mammella e tra i 40 e i 60 anni”. Ricerche scientifiche hanno dimostrato che negli ultimi 6 anni è aumentato del 13,8% il numero di neoplasie, soprattutto nelle donne tra i 25 e i 40 anni. “È assurdo – commenta la direttrice della clinica Paideia – che in alcuni stati come gli USA si parli di posticipare gli screening. L'incidenza sta aumentando, soprattutto nelle donne giovani, e la mortalità cala proprio perché con una diagnosi precoce è possibile prendere i tumori in tempo”.

Fonte: ansa.it e primapress.it
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Body scanner: il ministro rassicura "Sono sicuri"

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Nuovo intervento del ministro della Salute in merito alla possibile pericolosità dell'uso di body scanner negli aeroporti: non comportano rischi per la salute dei cittadini avallando la posizione del nostro paese che ha deciso di procedere con l'installazione delle nuove apparecchiature per la sicurezza negli scali. "Credo ci siano spazi - ha detto Fazio, a margine della presentazione del nuovo piano oncologico - per dare via libera ad alcuni di questi body scanner, in quanto non realmente rischiosi. Inizialmente avevo suggerito prudenza, ma i dati iniziali della commissione ministeriale indicano che la strada intrapresa dall'Italia sarà portata avanti con assoluta tranquillità per i cittadini". In ogni caso, ha spiegato il ministro, "a brevissimo avremo le risultanze complete della ricognizione sui possibili rischi, ma penso proprio che la direzione sarà quella che il paese ha già preso".

Fonte: Agi.it Salute
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All'Umberto I applicata una nuova tecnica per correggere l'atresia neonatale

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Una tecnica "soft" utilizzata con successo su una bimba somala di 21 giorni, nata con una malformazione che ne impediva la respirazione nasale e ostacolava l'alimentazione. L'equipe del Policlinico Umberto I di Roma ha eseguito un intervento di chirurgia mininvasiva con tecnica endoscopica naso-sinusale. Obiettivo centrato per risolvere quella che, tra gli addetti ai lavori, viene definita atresia coanale e che nella bambina operata nell'ospedale capitolino appariva completa e bilaterale.

Si tratta di una malformazione che colpisce in media un bimbo ogni 2.500 nati, e che comporta la mancata comunicazione tra naso e faringe. Da qui le difficoltà nella respirazione nasale e gli ostacoli per l'alimentazione dei piccoli colpiti. Chi ne è affetto, infatti, viene nutrito con sondino naso-gastrico fino al momento dell'intervento con il quale, aprendo le coane nasali, viene resa possibile la fisiologica respirazione nasale e quindi la suzione.

La tecnica utilizzata dall'equipe del Policlinico - spiega una nota dello stesso Umberto I - attraverso la resezione del piano atresico, della porzione posteriore del setto e l'allestimento di lembi, "permette di risolvere l'atresia con notevoli vantaggi rispetto alle tecniche utilizzate in precedenza". L'intervento è stato eseguito da Vincenzo Savastano, dell'Unita' operativa dipartimentale di otorinolaringoiatria pediatrica.

Fonte: Adnkronos
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Federconsumatori: vendita farmaci scaduti fatto assurdo e inaccettabile

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I carabinieri del Nas di Ancona hanno sequestrato in una farmacia di Civitanova Marche centinaia di confezioni di farmaci scaduti. Medicinali per patologie cardiache e tumorali ma anche integratori alimentari e latte per la prima infanzia. Il titolare della farmacia e altri tre farmacisti sono stati denunciati per commercio di specialità medicinali imperfette e segnalati all'autorità sanitaria per detenzione a scopo di vendita di integratori, latte e prodotti alimentari scaduti. L'operazione è scattata dopo la denuncia di un cittadino. 

''Non bastavano i casi di adulterazione alimentare a mettere a repentaglio la salute dei cittadini, ora il pericolo arriva anche dai farmaci scaduti. E' assurdo e inaccettabile che si tenti di lucrare sulla salute dei cittadini''. Lo dichiara Rita Battaglia, Vice Presidente Federconsumatori facendo riferimento a quanto avvenuto a Civitanova Marche. ''Alla luce di questo deplorevole episodio - prosegue Battaglia - richiediamo che i responsabili rispondano ali più presto di tale reato davanti alla giustizia. In tal senso, per far sì che casi simili non si verifichino una seconda volta, invochiamo un intervento immediato da parte di AIFA e del Ministero della Salute, che, anche attraverso il coinvolgimento di Federfarma, si facciano promotori di maggiori verifiche e controlli nell'ambito della vendita dei farmaci, e di un maggiore rispetto del Codice di Comportamento a cui tutti coloro che operano nel settore devono attenersi''.
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Haiti: allarme Unicef "15 bambini scomparsi, bloccate le adozioni"

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Mentre i soccorsi procedono a rilento fra difficoltà e macerie, il terribile scenario di distruzione di Haiti fa da cornice all'ultima tragedia della regione: molti stranieri non identificati stanno prelevando neonati e infanti dagli ospedali e dalle zone più povere per rapirli e portarli fuori dal paese. A lanciare l'ultimo allarme per l'ennesima piaga che ha colpito l'isola è l'Unicef, che invoca fermamente un intervento internazionale per bloccare temporaneamente le adozioni dalla zona e controllare tutti i flussi in uscita, quest'ultima operazione resa molto più complessa dall'enorme massa di persone che si stanno spostando verso la parte orientale dell'isola, dove Santo Domingo (zona turistica molto più ricca) effettua uno stretto controllo. "Abbiamo accertato circa 15 casi di bambini scomparsi dagli ospedali e che non si trovano neanche con le loro famiglie'', ha detto alla stampa il consulente Unicef Jean Luc Legrand. ''L'Unicef lavora ad Haiti da molti anni e conosce bene il problema del commercio dei bambini haitiani, che esisteva anche prima, e delle reti commerciali che hanno legami con il mercato dell'adozione internazionale'', ha spiegato Legrand. E' ovvio che la situazione drammatica abbia accentuato tale azione criminale. Ma non è solo la vicina nazione tropicale a ricevere i flussi: per via mare zattere di disperati si stanno riversando nelle zone vicine per ricevere soccorso e risorse, impedendo in tal modo un possibile controllo su chi esce dal paese. '
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15 gennaio, 2010

Raccolta fondi per l'emergenza "Haiti" - Numero solidare 48541

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L'agenzia italiana "Agire Onlus" con il sostengo del ministero degli Esteri ha promosso una raccolta fondi straordinaria a favore dei terremotati di Haiti. I fondi raccolti saranno interamente utilizzati per i bisogni più urgenti: acqua, cibo, medicinali, ripari temporanei. E' possibile effettuare una donazione di 2 euro inviando un sms al 48541 da celluari Tim e Vodafone e da rete fissa Telecom Italia.

Per chi vuole è eventualmente possibile fare un bonifico per aiutare le vittime del sisma di Haiti. Qui c'e' l'elenco di alcune associazioni che raccolgono le offerte: http://intermarketandmore.investireoggi.it/haiti-bisogno-del-nostro-aiuto-9147.html


La Caritas italiana ha immediatamente attivato la propria macchina degli aiuti. (Per sostenere gli interventi in corso si possono inviare offerte a Caritas Italiana tramite C/C POSTALE N. 347013 specificando nella causale: Emergenza terremoto Haiti Offerte sono possibili anche tramite altri canali, tra cui: – UniCredit Banca di Roma Spa, via Taranto 49, Roma – Iban: IT50 H030 0205 2060 0001 1063 119 – Intesa Sanpaolo, via Aurelia 796, Roma – Iban: IT19 W030 6905 0921 0000 0000 012 – Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma – Iban: IT29 U050 1803 2000 0000 0011 113 – CartaSi e Diners telefonando a Caritas Italiana tel. 06 66177001).

La Croce Rossa Italiana ha aperto i seguenti canali: C/C BANCARIO n° 218020 presso: Banca Nazionale del Lavoro-Filiale di Roma Bissolati -Tesoreria – Via San Nicola da Tolentino 67 – Roma intestato a Croce Rossa Italiana Via Toscana, 12 – 00187 Roma. Coordinate bancarie (codice IBAN) relative sono: IT66 – C010 0503 3820 0000 0218020 Causale PRO EMERGENZA HAITI Conto Corrente Postale n. 300004 intestato a: Croce Rossa Italiana, via Toscana 12 – 00187 Roma c/c postale n° 300004 Codice IBAN: IT24 – X076 0103 2000 0000 0300 004 Causale: Causale PRO EMERGENZA È anche possibile effettuare dei versamenti online attraverso il sito web della CRI all’indirizzo: http://www.cri.it all’atto della scelta del progetto selezione “Pro emergenza Haiti”.

Per donazioni all’Unicef: c/c postale 745.000, causale: `Emergenza Haiti´; – carta di credito online su www.unicef.it, oppure chiamando il numero verde UNICEF 800745000; – cc bancario Banca Popolare Etica IBAN IT51 R050 1803 2000 0000 0510 051”; – i comitati locali dell’UNICEF presenti in tutta Italia (elenco sul sito-web www.unicef.it).

Io personalmente, conoscendo molto bene questa associazione, farò la mia donazione a Medici Senza Frontiere: carta di credito telefonando al numero verde 800.99.66.55 oppure allo 06.44.86.92.25; bonifico bancario IBAN IT58D0501803200000000115000; conto corrente postale 87486007 intestato a Medici Senza Frontiere onlus causale Terremoto Haiti; on line sul sito www.medicisenzafrontiere.it. Cliccate QUI per avere ulteriori informazioni su cosa sta facendo ORA, in queste ore "Medici Senza Frontiere".
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14 gennaio, 2010

Haiti, terremoto provoca una catastrofe: oltre 50mila morti

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Uno dei terremoti più violenti della storia si è abbattuto ieri sull'isoletta caraibica che comprende Haiti (parte ovest) e la Repubblica Domenicana (parte est), uno dei primi paesi a essersi reso indipendente dal colonialismo occidentale ma anche uno dei più poveri dell'emisfero occidentale a causa di una lunga dittatura che aveva visto per molti anni il dominio del famigerato comandante "Papa Doc" Bouvalier. Dalla cacciata del figlio che aveva ereditato il potere, evento avvenuto nel 2005, si era stabilita una forza di pace guidata dall'Onu. Haiti occupa la 153esima posizione su 177 paesi classificati in base all'Indice di sviluppo umano. Circa l'80% della popolazione vive in una condizione di povertà degradante, il 54% vive con meno di un dollaro al giorno, posizionando così il paese al penultimo posto nel mondo nella relativa classifica.

Il 12 gennaio 2010 alle ore 21:53:09 ora italiana una prima scossa di 7.3° della Scala Richter ed altre di minore intensità ma sempre di grande potenza (attorno al 5,5) hanno colpito la capitale Port-au-Prince, devastando la città. Tutti i più importanti edifici della città, compresi tre dei quattro ospedali, la cattedrale, il Palazzo presidenziale, quello del parlamento, diversi ministeri e alberghi, sono andati distrutti o gravemente danneggiati. Il bilancio provvisorio delle vittime è di 50000 persone ma se ne prevedono più del triplo.

Tra le vittime sicure c'è il capo della missione Onu ad Haiti, Minustah Hedi Annabi, nonchè numerosi "Caschi blu" cioè militari di pace inviati in missione nel paese proprio a causa della liberazione dell'isola avvenuta nel 2005, si ha notizia poi della morte dell'arcivescovo di Port-au-Prince, monsignor Serge Miot. Il nunzio apostolico ad Haiti, Bernardito Auza, ha dichiarato all'agenzia Fides che la cattedrale, l'arcivescovado, tutte le grandi chiese e tutti i seminari sono ridotti a macerie (l'isola ha una forte tradizione cattolica oltre che turistica), stessa sorte per i ministeri, il Palazzo presidenziale è letteralmente collassato, numerosi membri del governo sono morti tuttavia il loro presidente è rimasto illeso.


Per quanto riguarda i possibili feriti o morti italiani, i residenti di origine italiana nell'isola sono circa 100, la Farnesina sta monitorando la situazione, si teme per la vita di due turisti che occupavano l'albergo principale della capitale. Ovviamente i mezzi della Protezione Civile si sono subito attivati per attuare una spedizione di aiuto nel paese, utilizzando l'aereoporto che pur danneggiato è rimasto ancora operativo.


Le prime testimonianze parlano di una piena emergenza sanitaria. L'ospedale "non crollato" è gravemente danneggiato e non accetta più feriti perchè soprassaturo. La scarsezza di risorse, l'estrema povertà e l'estensione dell'area colpita sta rendendo praticamente impossibile i soccorsi dei feriti. Come sempre accade di fronte a disastri di questo genere, il pericolo maggiore per chi resiste ancora è la possibile contaminazione delle risorse di sussistenza quali acqua e cibo. Alla luce del numero elevatissimo di morti e distruzione e delle forti difficoltà per soccorrere i feriti, il rischio di possibili epidemie è elevatissimo.


FONTE: vari media nazionali
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11 gennaio, 2010

Può un chirurgo autooperarsi? Lo strano caso del dottor Leonid Ivanovich Rogozov e della sua appendice antartica...

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Cita un vecchio adagio "La cosa forse più terribile per un medico è porre in cura se stesso". E' un detto che tuttavia pare non valere per i medici russi, e in particolar per il dottor Leonid Ivanovich Rogozov. Un articolo riportato sul numero di Natale dell'autorevole rivista inglese "British Medical Journal" racconta infatti lo straordinario caso professionale del dottor Rogozov, chirurgo di una base antartica sovietica, che nel 1961, durante l’inverno polare, si operò da solo di appendicectomia, riuscendo perfettamente nell'intervento.

Rogozov aveva all’epoca solo 27 anni e si era imbarcato come unico medico sulla nave "Ob", che ai primi di dicembre lo sbarcò insieme ad un gruppo di esploratori sulla costa antartica "Astrid Princess" con il compito di mettere in piedi una nuova base sovietica. Il gruppo lavorò sodo e a febbraio la nuova base, chiamata "Novolazarevskaya", era già pronta. Stava però arrivando il terribile inverno antartico con tempeste di neve e gelo estremo.

In aprile Rogozov cominciò a sentirsi male, inizialmente si trattava di nausea, malessere e debolezza ma poi comparvero anche dolore addominale che si espandeva al quadrante destro inferiore e febbre a 37.5 °C. Si legge nel suo diario nella pagina del 29 aprile: «Sembra che io abbia l’appendicite. Continuo a mostrarmi tranquillo, perfino a sorridere. Perché spaventare i miei amici? Chi potrebbe essermi di aiuto?» Così il giovane chirurgo decise di iniziare un trattamento medico con antibiotici e applicazioni fredde locali, ma le sue condizioni presto peggiorarono, con nausea e vomito che diventarono più frequenti e la febbre che saliva. Presto, nella sua mente di medico si profilò quella che poteva essere l’unica soluzione per salvarsi la vita, prima di una perforazione che giudicò ormai quasi sicuramente imminente: operarsi da solo.

Alle 20.30 del 30 aprile, Rogozov scrisse sul suo diario: «Sto peggiorando. L’ho detto ai compagni. Adesso loro stanno iniziando a togliere tutto quello che non serve dalla mia stanza». Inizia la preparazione per l’intervento, ed è ovviamente Rogozov stesso a dare tutte le precise istruzioni sul da farsi. Il meteorologo Alexandr Artemev, il meccanico Zinovy Teplinsky e il direttore della stazione Vladislav Gerbovich si lavano per l’intervento e indossano camici sterilizzati in autoclave e guanti: Artemev sarà il ferrista, Teplinsky aggiusterà la direzione della lampada e orienterà lo specchio, Gerbovich sarà pronto a sostituire chi degli altri due dovesse sentirsi male o svenire. Rogozov prepara anche alcune siringhe già caricate con farmaci che gli dovranno essergli iniettati se dovesse perdere conoscenza.

Alle 2 del mattino seguente, inizia l’intervento. È la prima volta nella storia della Medicina che un chirurgo si opererà di appendicectomia completamente da solo. C’era stato un solo precedente, nel 1921, ad opera di un certo dottor Kane, ma in quel caso in realtà l’intervento fu solo iniziato dallo stesso paziente, e venne poi completato da alcuni assistenti. Qui, stavolta, Rogozov dovrà fare tutto da solo e senza l'ausilio di collaboratori esperti in campo medico. Ha deciso di operare senza guanti, perché anche se ha scelto una posizione semiseduta per poter guardare quello che fa, sa che dovrà orientarsi soprattutto con il tatto. Si comincia. La parete addominale viene infiltrata in più punti con 20 millitril di procaina allo 0,5%. Dopo 15 minuti Rogozov parte con l’incisione, di 10-12 centimetri, e subito si rende conto che la visibilità del campo operatorio, specie in profondità, è scarsa, tanto che deve spesso tirare su la testa, e comunque deve fidarsi di quello che le sue mani riescono a sentire. Passano circa 45 minuti e mentre le sue mani avanzano all’interno del suo stesso addome il chirurgo comincia a percepire un senso di vertigine e di crescente debolezza tanto da doversi fermare più volte. Perde molto sangue. Mentre cerca di raggiungere l’appendice, si rende conto a un certo punto di aver lesionato il cieco, e deve suturarlo. Ogni 4-5 minuti deve fermarsi per 20-25 secondi, a causa del senso di debolezza che avanza. Finalmente ecco l’appendice. In quel momento, il cuore di Rogozov rallenta, e lui si sente svenire, pensa che tutto stia per finire male. Però, alla fine, ce la fa a rimuoverla e a ricucire la ferita chirurgica. «Con orrore mi rendo conto che l’appendice ha una macchia scura alla base. Questo vuol dire che anche un solo altro giorno e si sarebbe rotta e…» scriverà poi Rogozov nel suo diario, lasciando i punti di sospensione.

L'intervento termina alle 4 del mattino, e gli assistenti, che più volte sono stati sul punto di svenire, ora sgomberano le attrezzature. Rogozov è sfinito e si addormenta con l’aiuto di un sonnifero. La mattina dopo la sua temperatura è a 38,1 °C. Prosegue la terapia antibiotica. Dopo quattro giorni il suo intestino riprende a funzionare, e il giorno seguente la temperatura corporea rientra nella norma. Trascorse due settimane dall’intervento, e tolti i punti, Rogozov torna al lavoro. Scrive nel suo diario l’8 maggio, ripensando al suo stato d’animo durante l’intervento: «Non mi sono concesso di pensare a nient’altro che al compito che avevo davanti. Era necessario armarsi di coraggio e stringere i denti».

Passa un altro anno e il 29 maggio 1962, finalmente la nave recupera il gruppo di esploratori e li riporta a Leningrado, dove Rogozov torna al lavoro nel Dipartimento di chirurgia generale del First Leningrad Medical Institute. Morirà il 21 settembre 2000, quindi quasi quarant’anni dopo lo straordinario intervento di appendicectomia su se stesso. Quarant’anni di vita che avrebbero potuto non esistere senza il coraggio e la perizia di quel giovane chirurgo. Ed è bello sapere che la storia di Leonid Ivanovich Rogozov è stata raccontata sul BMJ di Natale, con evidente orgoglio, da suo figlio, il dottor Vladislav Rogozov, che oggi è anestesista nel Department of Anaesthetics dello Sheffield Teaching Hospital, in Gran Bretagna.


Fonte: Corriere.it
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Dalla Bolivia l'ultima arma di distruzione di massa: la "Colla Coca", una bevanda a base di coca

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A quanto pare Jean Nicot ha trovato un altro buon imitatore. Sostenuto a gran voce dal governo di Evo Morales, dalla Bolivia arriva la nuova pericolosissima arma di distruzione della salute delle persone. La nuova frontiera della droga è la "Coca Colla", una bevanda ottenuta dalle foglie di coca che riprende il termine "collas", soprannome delle popolazioni che vivono a ridosso delle Ande, ma che rappresenta anche un nome "sfottò" della ben più nota e molto meno dannosa bevanda americana "Coca-Cola".

Il prodotto, fortemente sostenuto dai coltivatori della provincia di Chapare cioè una delle province a più elevata produzione di foglie di coca e fermamente in mano alle organizzazioni criminali del sud america, è stato presentato la settimana scorsa al governo di Evo Morales. Quest'ultimo, primo presidente indigeno del paese, appena rieletto per un secondo mandato elettorale e famoso per essere un abituale masticatore di foglie di coca, come peraltro buona parte della popolazione, (più volte il presidente durante le riunioni dell'Onu si è mostrato con una foglia di coca in mano), sembra aver appoggiato apertamente l'iniziativa, visto anche che da anni si batte per la legalizzazione a livello internazionale della "pianta sacra" boliviana.

La bevanda sarà scura, con un colore abbastanza simile alla Coca Cola, e avrà un'etichetta rossa appunto molto simile alla stessa bevanda americana. Il viceministro Victor Hugo Vasquez ha definito l'iniziativa "di estremo interesse" perché segue "la politica d'industrializzazione della coca" portata avanti dal governo. Infatti in Bolivia da tempo sono commercializzati numerosi beni a base di coca come dentifrici, liquori, farine alimentari e diversi prodotti da masticare. La Bolivia è anche il terzo produttore di coca al mondo dopo la Colombia e il Perù. Nella Nuova Costituzione della Bolivia, redatto dal dirigente del Movimento al Socialismo (MAS) di partito, è scritto che la coca è riconosciuta come "patrimonio culturale, una risorsa naturale e rinnovabile della biodiversità in Bolivia e un fattore di coesione sociale" e rileva che la foglia di coca non è un stupefacente nel suo stato naturale.

Quali possono essere le conseguenze per la salute del lancio a livello mondiale di una bevanda del genere? Molte sul piano potenziale ma certamente molte poche sul piano reale. Questo perchè appare abbastanza improbabile che i governi occidentali, almeno quelli più evoluti, possano dare "via libera" alla commercializzazione di una bevanda equivoca sia nel nome che nella derivazione, e questo forse per una serie di ragioni che sono più economiche che realmente incentrate alla difesa della salute. TUTTAVIA, una celere chiusura alla distribuzione "legale" di una bevanda del genere potrebbe arginare una sua distribuzione sottobanco e quindi i possibili effetti che questa potrebbe arrecare? Siamo di fronte a una nuova arma di "distruzione di massa" ?




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Approfondito il ruolo del gene APOBEC3A che protegge la cellula dalle sequenze DNA dannose

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I ricercatori della University of Minnesota, autori di un articolo pubblicato sulla rivista "Nature Structural and Molecular Biology", hanno scoperto un ulteriore sistema che protegge le cellule dalla presenza di DNA esogeno o endogeno potenzialmente pericoloso per la propria sopravvivenza. "Il DNA danneggiato, oppure quello proveniente da un organismo esterno, è potenzialmente dannoso per le cellule" ha spiegato Ruben Harris del College of Biological Sciences, ricercatore a capo dello studio. "E' necessario quindi un meccanismo di sicurezza per impedire a questo DNA di fare danni".

 I ricercatori hanno scoperto che un enzima del sistema immunitario, chiamato APOBEC3A, ha questo particolare compito: riconosce il DNA estraneo e trasforma le sue basi azotate. "Le citosine (una delle quattro basi azotate tipiche del DNA) vengono cambiate in uracili, delle basi atipiche" ha detto Harris. "Nel corso del tempo, nell'uracile si accumulano mutazioni tali da disattivare la capacità di quel frammento di DNA di codificare proteine. In seguito, altri enzimi raccolgono i frammenti di DNA contenenti uracile e li distruggono".

La capacità delle cellule umane di distruggere il DNA dannoso era nota da tempo, e che certe cellule sanno riconoscerlo meglio, ma mancava una spiegazione molecolare alla base di questo fenomeno. "Comprendendo come funziona questo meccanismo, possiamo aprire la strada a terapie genetiche" ha detto Harris. "Potremo sviluppare dei metodi per disabilitare alcune parti di DNA, disattivando i geni dannosi senza influenzare quelli benefici.


Fonte: Agi.it Salute
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Identificati due nuovi geni implicati nella spondilite anchilosante

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Un nuovo studio, condotto dallo University of Texas Health Science Center di Houston (Stati Uniti) e pubblicato sulla rivista "Nature Genetics" ha mostrato il collegamento tra una forma di artrite quale la spondilite anchilosante, malattia fortemente invalidante, e la regolazione genetica attuata dal prodotto di alcuni geni probabilmente implicati nella patogenesi. "La spondilite anchilosante è un tipo di artrite che attacca la spina dorsale e può estendersi anche alle altre articolazioni ed organi del corpo. Di solito colpisce i giovani tra i 20 e i 30 anni, fondendo completamente la spina dorsale ed impedendo ai pazienti di piegarsi e raddrizzarsi" ha spiegato John D. Reveille della Division of Rheumatology and Clinical Immunogenetics di Houston, che ha diretto la ricerca. "Grazie a dei dati ottenuti da studi di genomica, siamo stati in grado di associare dei geni particolari alla malattia, e ne abbiamo scoperto di nuovi". Due geni, ANTXR2 e IL1R2, sono infatti risultati essere collegati allo sviluppo della spondilite anchilosante. Il team di ricercatori ha anche confermato l'associazione, già scoperta in precedenza, tra due geni chiamati IL23R e ERAP1 e la malattia. "Questa scoperta ci porta un passo più avanti nella comprensione di questo grave tipo di artrtite" ha commentato Reivelle. "Sapendo quali geni possono causare la malattia ci permette di elaborare nuove terapie e test diagnostici".

Fonte. Agi.it Salute
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Caso Eluana: il Gip conferma l'archiviazione "Nessun omicidio"

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«La prosecuzione dei trattamenti di sostegno vitale di Eluana Englaro non era legittima in quanto contrastante con la volontà espressa dai legali rappresentanti della paziente, nel ricorrere dei presupposti in cui tale volontà può essere espressa per conto dell'incapace». Con questa frase il Gip di Udine, Paolo Milocco, dispone l'archiviazione del procedimento relativo alle indagini su Beppino Englaro e altri 13 persone per il reato di omicidio volontario per la morte di Eluana Englaro e pone la parola "Fine" ad una terribile storia di cronaca i cui fatti, sul piano bioetico, riecheggieranno per molti anni ancora. Nessuna colpa quindi per il padre della ragazza e per molte dele persone della clinica "La Quiete" di Udine, che hanno accompagnato e aiutato le ragazza fino agli ultimi istanti della propria vita.

Come affermato il Gip di Udine, il decesso di Eluana Englaro non è stato «conseguenza di pratiche diverse da quelle autorizzate e specificate nei provvedimenti giudiziari». Le pratiche «autorizzate e specificate nei provvedimenti giudiziari» sono state «oggetto di preventivi controlli operativi che, in un prudente e scrupoloso intento di massima trasparenza, erano stati predisposti dal tutore dall'equipe assistenzziale volontaria e che sono stati recepiti dalla struttura di ultimo ricovero». Sul punto, ha scritto il Gip, è stata svolta un'accurata consulenza tecnica che ha esaminato attentamente la documentazione sanitaria disponbiile e si è avvalsa dei risultati di specifica autopsia. Conclude il Gip sottolineando come «Sebbene il decorso sia stato più rapido di quanto previsto sulla base di tali dati medico-legali i consulenti hanno potuto escludere cause di morte di natura traumatica o tossica».

«Sono felice soprattutto per il dottor Amato De Monte e per gli altri volontari che si sono impegnati in questa vicenda senza avere alcun vantaggio», ha commentato alla stampa Giuseppe Campeis, difensore di Beppino Englaro. Il legale del padre ha ricordato come sia la magistratura amministrativa, sia quella civile, sia quella penale abbiano concordato sull'assoluta «attinenza al protocollo previsto nel processo che ha portato alla morte di Eluana» e di come «Englaro e tutta l'equipe medica abbiano sempre agito in base alla legge».
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Body scanner: sicurezza o salute?

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Un rafforzamento delle norme di sicurezza in ambito aeroportuale tramite l'uso dei Body Scanner appare assolutamente adeguato alla luce dei nuovi pericoli emersi alla chiusura del 2009. Tuttavia si è già aperto il dibattito in merito all'utilizzo di dispositivi che, attraverso l'uso di radiazioni, possano scandagliare a fondo il corpo umano determinando l'emersione di problematiche quali la privacy dell'utente in viaggio e inoltre l'esposizione a possibili rischi mutageni. Su quest'ultimo caso sono emersi i dubbi di molti in merito all'utilizzo ripetuto del body scanner, e quindi delle dosi di radiazioni necessarie per scandagliare il corpo, in soggetti abituati a lunghi viaggi e a imbarchi ripetuti in breve tempo. Inoltre, persone particolarmente a rischio come donne in gravidanza, bambini e appunto viaggiatori frequenti, potrebbero rifiutarsi di sottoporsi a tale "diagnosi" e rinunciare quindi ad un eventuale viaggio, con un danno economico arrecato alle compagnie di volo. Riassumendo, la domanda fondamentale emersa è: il body scanner è sicuro per la salute degli umani? Quali sono i possibili rischi?

Intanto, in Italia appare certo l'utilizzo di tal dispositivo nel 2010 per gli aereoporti maggiormente frequentati: Fiumicino, Malpensa e Venezia si sono già dotati di tali dispositivi. Contemporaneamente, il governo per voce del ministro dell'interno e del ministro della salute, hanno provveduto a rassicurare l'utenza sottolineando l'utilità di questi strumenti nella lotta al terrorismo. Allo scopo di attuare una analisi approfondita sui potenziali rischi dell'uso di tali strumenti, il governo ha già invocato una commissione ministeriale di quattro persone a cui affidare tale compito. Anche secondo il presidente dell'Enac, Vito Riggio, non ci sarebbe alcun rischio.

Il presidente della Società italiana di radiologia medica (Sirm) Alfredo Siani, ha spiegato all'agenzia Adnkronos che ha dato "mandato alla sezione di studio sulla radioprotezione della nostra associazione per approfondire la questione".

"Esistono - precisa - due tipi di body scanner: uno utilizza raggi X che penetrano l'oggetto ma usano radiazioni di ritorno dal corpo; l'altro invece, prevalentemente impiegato negli States, usa onde radio corte a elevata frequenza. La prima tecnologia emette raggi X equivalenti a quelli assorbiti in due ore di volo transoceanico, ovvero ad alta quota, mentre per quanto riguarda la seconda tecnologia impiegata l'esposizione alle onde radio durante il controllo è di 10 mila volte inferiore a quella legata a una chiacchierata al cellulare".

Ciò non toglie che "è nostro dovere approfondire - riconosce Siani - anche per quantificare eventuali rischi, soprattutto legati a chi viaggia frequentemente, nonché alle donne in dolce attesa e ai bambini". Sicuramente, comunque, tra le due tecnologie sui cui si fonda questa apparecchiatura, al centro del dibattito da quando l'incubo del terrorismo è tornato a minacciare l'Occidente con il fallito attentato di Natale al volo Delta Amsterdam-Detroit, "la meno nociva è quella basata sull'emissione di onde radio".

Infine, parlando dei portatori di pacemaker e defibrillatori, Massimo Chiariello, direttore della Cattedra di Cardiologia della facoltà di Medicina e chirurgia dell’università Federico II di Napoli, dichiara: “Non conosco le caratteristiche tecniche degli apparecchi che saranno installati negli aeroporti italiani, ma questi dispositivi per la sicurezza possono creare problemi alle persone con pacemaker e defibrillatori, interferendo con il loro funzionamento. I cardiopatici e i portatori di dispositivi salvavita viaggiano molto quando i body scanner saranno adottati in Italia, dovranno essere fissate norme severe per la tutela della loro salute, analoghe a quelle previste ad esempio per i controlli di sicurezza in banca“. Nei casi in cui non sia possibile usare il body scanner si dovrà procedere con una accurata perquisizione manuale.
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09 gennaio, 2010

Che cos'è la "Dry Chemistry" e quali sono i suoi vantaggi?

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La dry chemistry, cioè chimica secca, consiste nell’evitare, per le determinazioni analitiche, l’uso di solventi utilizzando invece reagenti immobilizzati su una striscia che dopo la reazione può essere letta da una apposita strumentazione che fornisce il risultato. Gli esempi più noti, e più diffusi, di saggi in dry chemistry sono le strisce utilizzate per le analisi delle urine o quelle per la valutazione del glucosio ematico, test estremamente semplice e utile per i soggetti diabetici e che può essere utilizzato da chiunque anche al di fuori di un laboratorio analisi. Nonostante la semplicità, la sensibilità e la velocità della risposta, che sono le caratteristiche principali di questo approccio analitico, secondo molti medici attualmente la dry chemistry è poco diffusa nei laboratori di analisi italiani.

La necessità di disporre di reattivi facilmente trasportabili e conservabili per lungo tempo, adatti per analisi al letto del malato, porta alla nascita della “dry chemistry”. La letteratura scientifica dell’epoca è ricca di riferimenti al “bedside testing”. Nel 1873 Cesare Pratesi del laboratorio di Firenze presenta un reattivo allo stato secco depositato su laminette di latta che, immerso nell’urina da esaminare, sviluppa un colore in presenza di glucosio. Nel 1883 il medico pratico inglese George Oliver (1841-1915) propone delle strisce reattive per l’analisi dell’albumina e del glucosio nelle urine (“Urinary Test Papers”). Nel suo “On bedside urine-testing” dello stesso anno ribadisce la semplicità del metodo analitico per determinazioni rapide e attendibili.

Le procedure di “Dry Chemistry” sono quindi procedure analitiche che fanno uso di reagenti (indicatori, enzimi, eccetera) in quantità esattamente predeterminata, essiccati ed immobilizzati su adatti supporti (carta o film). I reagenti rimangono stabili fino al momento del loro utilizzo. La reazione ha inizio quando vengono solubilizzati dall'aggiunta di una quantità stabilita del campione da analizzare (urina, sangue) che funge da solubilizzante del sistema. La sostanza da ricercare si lega con i reagenti dando luogo ad una reazione evidenziata da una variazione cromatica: la lettura del colore viene effettuata visivamente per confronto con una scala cromatica di riferimento o tramite strumenti particolari. La presenza di sostanze tampone consente alla reazione di avvenire correttamente indipendentemente dal pH. La maggior parte delle strisce in commercio è destinata all'analisi delle urine. Alcune sono in grado di rilevare molti parametri, altre ne rilevano uno solo. Alcune consentono una determinazione solo qualitativa (es. assente, presente), altre semiquantitativa (es. Diaburtest 5000: 0,1-0,25-0,5-1-2-3-5 g/dl).
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SENTIERI DELLA MEDICINA

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