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AFORISMA DEL GIORNO

28 marzo, 2009

Studio italiano conferma: con terapia antibiotica si riducono i rischi dell'amniocentesi

Uno studio durato sette anni, dal 1999 e terminato nel 2005, pubblicato nell'ultimo numero della rivista Prenatal Diagnosis, ha riferito di come l'uso di antibiotici prima di un esame di diagnosi prenatale, come l'amniocentesi, può abbassare del 90% il rischio aborto. Lo studio statistico, denominato "APGA TRIAL", è il più grande studio italiano mai eseguito in tema di diagnosi prenatale. Circa 40 mila donne sono state sottoposte ad altrettante amniocentesi presso il Centro di Medicina Materno Fetale "Artemisia" a Roma, ed è stato dimostrato che la profilassi antibiotica prima dell'amniocentesi del secondo trimestre abbassa di circa il 90% gli aborti, passando da 1 aborto ogni 500 donne (0,2%) ad 1 aborto ogni 3.400 donne (0,03%) che si sottopongono a questo tipo di esame prenatale.

Come affermato dal Dr. Claudio Giorlandino, uno degli autori dello studio, "In Europa noi italiani abbiamo la migliore medicina materno-fetale. Con i dati emersi dallo studio deve essere ormai chiaro che oggi fare l'amniocentesi non e' rischioso. C'è un rischio aborto pari allo 0,03 % per chi fa la terapia antibiotica prima di sottoporsi alla procedura e pari allo 0,2 % per chi decide di non farla, percentuale comunque sempre molto bassa. Quindi non si deve più parlare di un rischio pari all'1%. Questo, risalente a 23 anni fa, è un dato ormai superato". Giorlandino afferma inoltre che "ormai i recenti progressi nella Diagnostica di Biologia Molecolare hanno fatto in modo che oggi sul liquido amniotico non si vada più ad indagare solo rispetto alle cromosomopatie ma anche altre malattie genetiche, legate al DNA. Questo oggi è possibile con la tecnologia dei microarrays con i quali si ha la possibilità, in casi selezionati, di studiare centinaia di malattie genetiche".

L'ultima frontiera infine che si apre su liquido amniotico è l'isolamento su di esso di cellule staminali pluripotenti, in grado differenziarsi in tutte le linee cellulari dell'organismo. "Queste caratteristiche, insieme con l'assenza di questioni etiche riguardanti il loro isolamento ed utilizzo - conclude l'esperto - suggeriscono che le cellule staminali presenti nel liquido amniotico potrebbero essere promettenti candidati per la terapia di numerose patologie umane".

Lo studio è stato appunto guidato da Claudio Giorlandino, Presidente della SIDIP, Societa' Italiana di Diagnosi Prenatale e vi hanno preso parte, tra gli altri, Pietro Cignini del Dipartimento di Diagnosi Prenatale del centro di Medicina Materno Fetale dell'Artemisia, Alvaro Mesoraca del Dipartimento di Genetica e Biologia Molecolare Medicina Materno Fetale sempre dell'Artemisia e Marco Cini del Dipartimento di Ingegneria dell'Impresa dell'Universita' di Tor Vergata di Roma che ha curato l'analisi statistica dello studio.

L'amniocentesi è una procedura che consente il prelievo transaddominale di liquido amniotico dalla cavità uterina; è la metodica più diffusa per ottenere campioni biologici utili al fine di effettuare una diagnosi prenatale, ma anche la più antica, affondando le sue radici agli inizi del XIX secolo. Nel secondo trimestre di gravidanza possono verificarsi condizioni nelle quali sia richiesto il prelievo di liquido amniotico per fini diversi da quelli citogenetici. L'esame del liquido amniotico serve a valutare il cariotipo, cioè l'assetto cromosomico fetale, al fine di valutarne la normalità o al contrario la presenza di anomalie. La diagnosi molecolare ha infatti permesso di utilizzare gli amniociti come tessuto fetale valido per la determinazione di numerose affezioni geniche. Ciò ha ridotto di gran lunga i rischi connessi alle tradizionali tecniche di diagnosi come la funicolocentesi o il prelievo di cute fetale: è oggi possibile, tramite il semplice prelievo di liquido amniotico, diagnosticare più precocemente, con maggiore accuratezza e con minore rischio, tutte quelle affezioni per le quali si ha a disposizione la diagnosi molecolare. E' inoltre possibile conservare le cellule staminali presenti nel liquido amniotico, a beneficio del nascituro o dei soggetti compatibili.

Il periodo ideale per eseguire l'amniocentesi è tra la 15° e la 19° settimana, quando l'amnios ha raggiunto dimensioni sufficienti perché la pratica non costituisca un rischio per il feto. Il rischio di aborto spontaneo connesso all'amniocentesi è dell'1%[1]: il compito del medico è di informare la coppia di tale rischio, valutando nel contempo il bilancio tra questo e i benefici derivati dalla pratica.

Il costo medio di un esame nelle strutture private varia da 500 a 700 euro. Nelle strutture pubbliche, per le donne con età di 35 anni o superiore, l'esame è gratuito.

La conservazione delle cellule staminali contenute nel liquido amniotico costa intorno ai millecinquecento euro circa per un periodo di 20 anni.

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